Time freezeIn Italia sempre più donne ricorrono alla crioconservazione degli ovociti

Il congelamento delle cellule riproduttive permette di preservare la fertilità anche per scopi non medici, ma questa pratica non è accessibile a tutte

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La crioconservazione è timidamente entrata a far parte del dibattito pubblico dopo che alcune celebrità hanno iniziato a parlare delle proprie esperienze personali. Ne è un esempio la modella e attrice statunitense Emily Ratajkowski, che durante un momento di scambio con i fan riportato dal Daily Mail, ha annunciato i suoi progetti familiari futuri: congelare gli ovuli, pianificando l’idea di avere un altro figlio, ma affrontando la maternità da sola. Anche l’italiana Bianca Balti ha fatto ricorso al congelamento degli ovociti dopo aver chiuso una relazione malsana con l’ex compagno. «Vorrei molto avere un altro figlio, ma se non troverò il partner giusto lo farò da sola», ha raccontato durante una diretta Instagram nel febbraio 2022.

L’avanzamento dell’età in cui si fanno i figli è indicatore di un cambiamento sociale: i giovani non solo riscontrano maggiori difficoltà nel raggiungere la stabilità economica e nell’entrare nel mondo del lavoro, ma danno anche priorità ad altre esperienze. Complici i cambiamenti socioeconomici e le vicissitudini della vita personale, le donne scelgono sempre più spesso di posticipare l’età della prima gravidanza, dando la precedenza a percorsi di studio, carriere lavorative ed esperienze di svago. Come d’altronde fanno i loro coetanei uomini.

In Europa l’età in cui si ha il primo figlio è cresciuta costantemente negli ultimi decenni. Secondo i dati Eurostat, nel 2019 l’età della prima gravidanza oscillava tra i ventisei e i trentuno anni. L’Italia supera di molto la media e si classifica al primo posto a livello europeo: alla nascita del primo figlio l’età media è 31,3 anni, il dato più alto d’Europa.

Avere una gravidanza in età più avanzata oggi è possibile anche grazie al social egg freezing, una tecnica di preservazione della fertilità per scopi non medici, che ha l’obiettivo di facilitare la gravidanza nel caso in cui in futuro si possano riscontrare delle difficoltà durante il concepimento. Le linee guida consigliano di effettuare tale pratica generalmente tra i venticinque e i trentotto anni. Gli ovuli sono gli stessi dalla nascita e invecchiando diminuiscono di numero e perdono di qualità. Ricorrendo a questa pratica oltre i quaranta anni si rischia di avere una falsa aspettativa, perché gli ovociti congelati difficilmente porteranno ad una gravidanza. Al momento del congelamento, infatti, si sa solo che gli ovociti sono maturi, per sapere se sono geneticamente normali bisogna aspettare di renderli fertili.

La pratica del congelamento degli ovociti esiste dagli anni Ottanta, ma è stata considerata una tecnica controversa e sperimentale per molto tempo. Nel 2012 l’American Society of Reproductive Medicine (Asrm) ha reso accessibile la crioconservazione alle pazienti oncologiche, dando loro l’opportunità di progettare una gravidanza futura pur dovendosi sottoporre a terapie che, oltre alle cellule tumorali, possono distruggere anche quelle ovariche, causando una menopausa precoce e portando alla totale infertilità. Anche per le donne che soffrono di endometriosi, soprattutto a livelli avanzati, il congelamento degli ovuli potrebbe essere una risorsa nei casi in cui si debbano sottoporre a interventi intrusivi che potrebbero danneggiare gravemente il tessuto ovarico sano.

Per congelare gli ovociti bisogna sottoporsi a un ciclo di stimolazione ormonale e a un successivo prelievo del sangue attraverso cui si verifica la presenza di tre ormoni essenziali: quello follicolo-stimolante, che sollecita la crescita dei follicoli ovarici durante l’ovulazione, l’estradiolo e l’ormone antimulleriano. Dopo questa prima valutazione il medico calcola la giusta dose di farmaci di cui la paziente ha bisogno per la stimolazione ovarica, in base al suo potenziale di fertilità. Dal secondo giorno di ciclo mestruale, la donna deve poi autosomministrarsi delle iniezioni ormonali giornaliere per 10-12 giorni. Durante questo periodo viene sottoposta a diversi esami per monitorare la risposta ormonale.

Dopo 8-14 giorni viene somministrato un trigger-shot, cioè un’iniezione di gonadotropina corionica umana o di Lupron, che serve a supportare gli ovuli nel completare il processo di maturazione. Passate altre trentasei ore dall’iniezione, la paziente viene sottoposta a un’operazione chirurgica: un ago guidato da ultrasuoni viene fatto passare attraverso la vagina e le ovaie per aspirare gli ovuli, per poi essere estratti e congelati a -196 gradi. Essendo l’intera pratica poco invasiva, i rischi sono minimi. Nei casi in cui poi gli ovociti congelati non vengano utilizzati, possono essere smaltiti o eventualmente donati ad altre donne.

Nel 2014 l’Asrm ha dato il via alla libera crioconservazione degli ovociti per tutte. Da allora la gravidanza tramite crioconservazione è diventata una scelta sempre più gettonata. Uno studio condotto dalla rivista Fertility e Sterility riporta una crescita della pratica del trentanove per cento, che è ulteriormente aumentata nel 2022 durante il periodo della pandemia. Tra lockdown e restrizioni, circa un terzo delle donne americane ha cambiato i propri piani riguardo la gravidanza e ha iniziato a considerare l’ipotesi di ricorrere a trattamenti di riproduzione assistita.

Secondo un sondaggio nazionale più del sessanta per cento ha posticipato il concepimento, mentre solo una parte residuale ha provato a cercare una gravidanza prima del previsto. «Nei primi tre mesi del 2023 abbiamo raggiunto un numero di congelamenti pari a quelli svolti durante tutto il 2022», racconta a Linkiesta la dottoressa Francesca Bongioianni, ginecologa e direttrice del centro GeneraLife Livet di Torino.

In Italia la Procreazione medicalmente assistita (Pma) è regolata dalla legge 40/2004 . Tale pratica è accessibile solo per risolvere eventuali problemi di sterilità o infertilità per coppie eterosessuali, maggiorenni e che siano coniugati o conviventi in età potenzialmente fertile. Lo stato di infertilità o sterilità della coppia deve essere inoltre certificata dal medico curante.

La sentenza della Corte costituzionale n.96 del 2015 ha consentito l’accesso a questa pratica anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche. La normativa vieta comunque di usufruire delle tecniche di Pma alle persone single e a coppie omosessuali, così come per le persone che si trovano già in età avanzata.

In Cina, durante la Conferenza politica consultiva del popolo cinese, un delegato ha proposto di estendere la possibilità di congelare gli ovuli anche alle donne single, proposta avanzata anche per far fronte alla recessione demografica. Nella Cina continentale tale pratica è consentita esclusivamente alle donne sposate, mentre quelle che non lo sono sono obbligate ad andare altrove.

Secondo la Commissione nazionale di sanità cinese, congelare gli ovuli «creerebbe un incentivo a ritardare la gravidanza» e «potrebbe nuocere alla salute della donna e della prole». I medici tuttavia non sono d’accordo: non ci sono evidenze che dimostrino che la crioconservazione sia il motivo per cui le donne scelgono di posticipare la gravidanza. La ragione riguarderebbe principalmente motivazioni socioeconomiche e psicologiche.

Il congelamento degli ovuli e la fecondazione in vitro sono pratiche da tempo vietate alle donne non sposate. Al contrario, agli uomini single è permesso congelare il proprio sperma. La figura della madre sola è stata a lungo stigmatizzata nella cultura cinese e fino a poco tempo fa non avevano nemmeno il diritto di includere i propri figli nella registrazione del nucleo familiare e di accedere ai relativi sussidi.

Dell’invecchiamento riproduttivo femminile, in generale, si sa ancora poco. Il corpo delle donne è da anni terreno per il dibattito e lo scontro politico, con pesanti conseguenze anche in campo scientifico, rimanendo sempre il grande escluso dalle progettazioni civili, ingegneristiche e sanitarie. «La ricerca sulla salute riproduttiva femminile è stata ostacolata da controversie politiche riguardanti l’aborto, la contraccezione, il tessuto fetale e la “personalità” degli embrioni», scrive la giornalista del New Yorker Emily Witt nell’articolo “The future of fertility”.

«Ancora non è chiaro alle donne quanto la fertilità si riduca negli anni. Succede spesso che le donne vengano da noi a cercare una gravidanza quando è troppo tardi, perché ormai sono rimasti pochi ovociti o comunque quando il rischio di anomalie genetiche dovute all’età è maggiore», continua la dottoressa Bongioianni.

Oltre ad essere ancora poco conosciuto, il social egg freezing è una pratica che ancora in poche si possono permettere e che riguarda un effettivo privilegio economico. Escludendo i casi di malattie oncologiche, questa prestazione non è garantita dal sistema sanitario italiano. Per ricorrere alla crioconservazione degli ovociti bisogna rivolgersi quindi a un centro privato, affrontando una cifra che oscilla tra i tremila e i quattromila euro. Il prezzo include la consulenza, il trattamento, il prelievo delle cellule e il loro congelamento, insieme allo scongelamento futuro e ai successivi due anni di mantenimento. Passato questo periodo il costo annuale di conservazione degli ovuli ammonta a trecento euro.

Anche in America i prezzi sono proibitivi per molte donne: a seconda dello Stato si va da cinquemila a diciassettemila dollari. Per ovviare a questo problema si sta iniziando a introdurre dei programmi di congelamento condiviso degli ovuli: le donne possono aiutare a sostenere i costi donando i propri ovuli a chi ne ha bisogno. In alcuni casi è anche possibile scegliere la donatrice personalmente, sulla base di alcune informazioni superficiali, quali le caratteristiche fisiche, il livello di istruzione, la professione, la personalità e la cartella clinica.

«Ho crioconservato gli ovociti a trentasei anni, sono contenta di averlo fatto – racconta a Linkiesta Marta (nome di fantasia) – perché mi ha dato la serenità di affrontare il tempo che passava, nel momento in cui non avevo modo di programmare una gravidanza per motivi personali, soprattutto quando si è consapevoli del fatto che la fertilità ha una durata e con il passare degli anni le possibilità si riducono. Mi ha dato l’opportunità di vivere tranquillamente gli anni in cui naturalmente non avrei più potuto avere una gravidanza con i miei ovociti».

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