Racconto #2 Una ricetta con il baccalà e le “gite” di piacere dello scrittore Georges Simenon

Il secondo appuntamento delle avventure di Jack Piper, giornalista investigativo in viaggio da molti anni a caccia di storie… nella cucina SEI disegnata da Marc Sadler per Euromobil

Illustrazione di Victoria Krylov

Cinque del mattino. Svegliato dal sogno. Nel sogno c’era Oliver che fumava e parlava e fumava, seduto nella veranda di Hormead Road, la casa affacciata sul canale. Oliver Crow. Nato in California, cresciuto a Londra, dove si troverà anche adesso, addormentato, ubriaco, data l’ora. Una faccia da telefilm, con due baffoni spioventi tipo Tom Selleck in Magnum P.I. L’avevo intervistato anni prima su richiesta del Direttore. Esperto di Georges Simenon. Fissato. 

Un aneddoto via l’altro, raccontando la vita di quell’uomo strambo, avvolto nei vizi, nelle ombre del proprio genio, nella luce dei suoi romanzi. Un lungo articolo per celebrare il centenario della nascita dello scrittore, Liegi, 13 febbraio 1903. Quindi, anno 2003. Mi sono messo in piedi: maglione pesante, pantaloni di velluto color ghiaccio, calzettoni di lana rossa. Diretto nella stanza che preferisco. La cucina, ecco. È la mia isola felice. Mi provoca, mi ispira non so dire se per gli accostamenti dei materiali, per le asimmetrie della composizione, per le guide arancione dei cassetti, simili a lampi inattesi di colore. 

Quando ho qualcosa che frulla tra la pancia e il cuore, vengo qui. La cucina si chiama “Sei”. Un numero, detto così. Un verbo scritto. Mi dà del tu: “Sei”. Sono. Qui, sveglio e pronto. A fare cosa? A ricordare una storia che non mi abbandona del tutto mai. Il sogno. Oliver e Simenon mi hanno trasportato dal letto alla dispensa. Diretto, come un automa, verso il baccalà, acquistato ieri, senza un motivo, una qualche strategia gastronomica. Un trillo dell’inconscio, ovviamente. Era Oliver, con la sua parlantina, che cominciava a farsi vivo, prima di comparire nel mio sonno. 

Baccalà per preparare il “Soufflé del Terranova”. Prendere un chilo di baccalà, farlo dissalare per un giorno intero, cuocerlo in acqua a fuoco basso per dieci minuti. La ricetta, firmata da Robert Courtine, lo chef nel 1974 aveva dedicato un libro ai piatti casalinghi della signora Maigret, in omaggio alle atmosfere del commissario ideato da Simenon. Oliver giurava di averle sperimentate tutte. 

Una balla, quasi certamente. I risultati: comunque disastrosi: “Quel maledetto soufflé avrò tentato di cucinarlo dieci volte. Alla fine ti ritrovi in mezzo a dieci padelle sporche, salse sparse dappertutto e il piatto fa schifo. Perché? Perché prima di cucinare il baccalà bisogna lasciarlo a dissalare un giorno intero. Il problema è che te ne ricordi quando lo assaggi. Troppo tardi”. Si agitava, raccontando, agitando le braccia, le mani come ventole mosse nella stanza. Ridevo. Lui: “Non farmi il fenomeno. Provaci tu, visto che la tua cucina fa miracoli”. Eccomi. Il baccalà a dissalare, ore cinque del mattino. Questa sera lo metto a cuocere. Tempistica perfetta. 

Si, ma adesso che faccio? Cerco il libro. Lo trovo. Il soufflé ispirato dal romanzo “Au randez-vous des terres Neuvas”, anno 1933. Una delle prime inchieste del commissario Maigret, ambientata a Fécamp, sulla Manica. Con madame Maigret al seguito, stranamente. Leggo la ricetta. E’ un labirinto. Mi immagino alle prese con le salse, con le focaccine di frolla salata e mi vien male. Vedremo. 

Preparo un caffè. Comincia a fare chiaro. Il cielo è livido, viola, color peltro, mi prende una strana indolenza. Per fortuna Oliver vaga ormai nei miei pressi come un fantasma eccitato. Sorveglia, aspetta di vedere che combino. La camicia scozzese fuori dai pantaloni, le maniche arrotolate, il sigaro spento tra le dita appoggiate sul piano di marmo. Dice: “Ti ho detto della Rolls? La Rolls Royce di Simenon. Una Phantom V, hai presente? Enorme, nera, roba da Regina d’Inghilterra che sfila con attorno la cavalleria. Venduta nel 1972. Lui, Georges, la usava per le sue gite sul lago Lemano, Losanna e dintorni. Oddio, gita non è la parola più adatta. Lo sapeva bene il suo amico Federico Fellini, al quale Simenon scrisse spesso in età avanzata, confessando il suo ultimo passatempo preferito”.

Si preparava, monsieur Georges, alla fine della giornata. Lavato, vestito con consumata eleganza, usciva di casa e attendeva qualche minuto. Puntuale compariva la Rolls. L’autista in divisa, al volante. Lui, con calma, con garbo, saliva a bordo. Dove lo attendeva una bella signora. Oliver, com’era questa signora? “Completamente nuda. Una, talvolta due signore. O signorine. Eccola la gita. Una vera gita di piacere. Protetta da quel salotto ambulante”. Fellini l’aveva trovata un’idea interessante. Al punto da tentare una replica romana. Mercedes al posto della Rolls. Senza il coraggio sufficiente, la sfrontatezza necessaria per imitare il suo amico di penna.

Fisso le venature del piano di marmo, mi perdo tra le immagini evocate dal ricordo. Simenon e la sua dama viaggiano nel crepuscolo. Una camicia candida, riccioli biondi, un profumo francese. Penso alla potenza del desiderio, così indipendente dall’anagrafe, dall’età. Ho la tentazione di tornare a letto ma è troppo ampio, troppo vuoto. Oliver mi osserva: “Era vita, presa per la coda. Era compagnia contro la solitudine da vecchiaia. Chissà se noi due saremo altrettanto bravi a cavarcela”

Non credo, meglio di no. Temo di non cavarmela nemmeno con il soufflè. Guardo il baccalà e penso ai sedili impolverati di quella Rolls, abbandonata in qualche rimessa come un simbolo di un tempo finito. Georges Simenon è morto a Losanna il 4 settembre 1989. Le signore si saranno rivestite, avranno dimenticato, spero, intimi dispiaceri per quelle gite del piacere altrui. 

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