La strana coppiaL’insopportabile matrimonio linguistico tra “fortemente” e “voluto”

I pigri replicanti del linguaggio sentono sempre il bisogno di aggiungere il fastidioso avverbio a un verbo che reggerebbe tranquillamente la frase da solo

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“Volli, sempre volli, fortissimamente volli” è il celebre motto di Vittorio Alfieri, noto pure a chi non saprebbe menzionare un solo titolo della sua vasta produzione. Una frase stracitata, divenuta proverbiale, anche un po’ imprecisa, perché la lezione originale, quale risulta dalla Lettera responsiva scritta il 6 settembre 1783 a Ranieri de’ Calzabigi, per affermare la ferma determinazione a diventare un tragediografo, era leggermente diversa: “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”. Il senso, tuttavia, non cambia. E ha fatto proseliti.

Forse è il duraturo ascendente dell’Astigiano ad avere unito indissolubilmente, finché il senso del ridicolo non li separi, l’avverbio fortemente (versione ridimensionata di quello alfieriano) al verbo volere, nella forma del participio passato e connessi tempi composti. Che si tratti dell’intitolazione di un nuovo premio letterario o di un giardinetto pubblico, dell’istituzione di una borsa di studio o di un riconoscimento di qualunque tipo, dell’inaugurazione di un reparto ospedaliero o una palestra, dell’organizzazione di un convegno, un torneo o una festa di piazza, dell’apertura di un laboratorio teatrale, un parco giochi o un campo scout, di un qualsiasi progetto o intervento sociale, educativo, formativo, sanitario, turistico, editoriale, cinematografico, edilizio, conservativo, di tutela ambientale, di risparmio energetico, di riqualificazione urbana, di riconversione industriale, di sviluppo ecosostenibile, di land art: tutto è sempre, invariabilmente, perentoriamente “fortemente voluto”. Come pure i successi individuali o di gruppo in una gara sportiva, nonché i conseguimenti in qualsiasi campo di attività. Accidenti.

In realtà tra l’avverbio e il verbo il matrimonio è antico. Ma, come si può constatare con una semplice ricerca su Ngram Viewer (il motore sviluppato da Google per misurare la frequenza di una parola o di un’espressione nei libri pubblicati dal 1800 a oggi), dopo essere rimasta per quasi due secoli inoffensiva la locuzione è esplosa negli ultimi quarant’anni. Complici i comunicati stampa fatti con lo stampino, e a seguire i servizi giornalistici che pedissequamente ne dipendono, e che a cascata influenzano il linguaggio della politica e delle relazioni esterne aziendali. Dire soltanto “voluto” non va bene, sembra che manchi qualcosa. Dalla frase “fortemente voluta dal rettore dell’ateneo, la mostra…” provate a togliere “fortemente”: la frase appare monca, lascia il senso di un vuoto, come un componimento poetico in cui è saltata la metrica. Che la colpa sia, anziché dell’assenza dell’avverbio, della scelta del verbo?

Ma il dubbio non sfiora le menti sonnacchiose dei replicanti del linguaggio. E oggi “fortemente voluto” è talmente un tutt’uno che vien da scriverlo tutto attaccato, un verbo solo, fortementevoluto, così come sta diventando una parola sola assolutamentesì! (col punto esclamativo) o come, ai tempi andati della lira, lo era diventato solelire (nelle pubblicità parlate tutto costava “sole tot lire”, e in quelle scritte “solelire tot”: quasi una nuova moneta, che in tempi – anche – di inflazione galoppante poteva destare il sospetto che questa solitaria lira fosse ’na sòla).

A fortementevolere sono soprattutto (non solo ma soprattutto) individui maschi (il “sesso forte”), in ciò perpetuandosi una discriminazione finora sfuggita agli zelatori della gender awareness. Possono essere presidenti dei sodalizi più disparati, imprenditori grandi e piccoli, senatori e deputati, ministri e grand commis, assessori e consiglieri, autorità prevalentemente locali in campo amministrativo, scolastico, accademico, confessionale. Ma càpita pure che certi calciatori siano fortementevoluti da qualche allenatore impallinato, e persino al Papa, stando alle concordi fonti giornalistiche, è stato attribuito l’aver fortementevolute un sacco di cose, dal Sinodo per l’Amazzonia all’impegno contro gli abusi sui minori all’evento assisano “The economy of Francesco” – e del resto c’è sempre qualche arcivescovo che fortementevuole la visita di Francesco, e a loro volta i Papi precedenti, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno avuto le loro brave occasioni per fortementevolere. Anche la premier Giorgia Meloni, che quando si tratta di inserire il pilota automatico alla favella risponde di slancio «a noi!» , all’occorrenza non si tira indietro: come quando, lo scorso gennaio, ha ribadito «piena fiducia» nel guardasigilli Carlo Nordio, finito sulla graticola per le sue critiche all’uso eccessivo delle intercettazioni: «L’ho fortemente voluto io». E te pare…

“Fortemente voluto”: non “ideato”, “pensato”, “perseguito”, “conseguito”, “sostenuto”, “auspicato”, “sollecitato”, “ottenuto”, “su impulso/per volontà/con il sostegno di”. O anche semplicemente “voluto”. Certo, volere fortemente è qualche cosa di più, dà l’idea di un impegno strenuo, risoluto, irremovibile. Ma davvero è sempre necessaria tanta profusione di energie? Perversione mia, la confesso, non posso farci nulla. Ogni volta che leggo o ascolto questa espressione mi si disegna nella mente l’immagine di un omino, fremente di sé e della propria ispirata volontà, che stringe i pugni e strizza gli occhi nello sforzo volitivo: non legato alla sedia come Alfieri ma nella postura del Pensatore di Rodin, assiso non su una roccia ma sulla tazza. Che si sforza, si sforza, vuole fortemente…

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