Riflessioni da Festival Tra ricerca e pensiero, la sintesi si applica al cibo del domani

Sul palco del teatro Franco Parenti Niko Romito ha raccontato come l’alta cucina possa e debba farsi carico di un nuovo sistema valoriale, dove metodo, creatività ed estetica hanno un fine utile

@Gaia Menchicchi

«Un punto di vista sul mondo della ristorazione inconsueto e profondo», è così che il direttore de Linkiesta Gastronomika, Anna Prandoni, introduce la lecture di Niko Romito sul palco della seconda edizione del Gastronomika Festival. Un punto di vista che si fonda su tre pilastri: ricerca, sperimentazione e formazione.
I suoi sono piatti di pensiero, prosegue l’ideatrice del Festival, un pensiero in grado di andare oltre la singola realizzazione, un pensiero che diventa metodo di lavoro e che arriva a diversi livelli e forme di ristorazione.

@Gaia Menchicchi

Lo chef a capo del ristorante Reale, tre stelle Michelin a Castel di Sangro, sviluppa un percorso partendo dall’alto: il cibo è un prodotto sociale e la scelta di cosa mangiare un atto politico che modifica il rapporto col nostro corpo e con tutto ciò che ci circonda, ambiente, economia, politica.

Con queste premesse le spalle di colui che in cucina crea, il cuoco, sono cariche di importanti responsabilità: oggi al cuoco vengono richieste nuove competenze, prosegue, una nuova creatività. La ristorazione, quella alta in primis, si deve far carico di un nuovo sistema valoriale.
Quando poi lo chef oltre alla cucina cucinata ha creato anche un’accademia, come nel suo caso, le responsabilità aumentano, proprio per l’influenza che inevitabilmente ha nei confronti delle decine di giovani che si recano a Castel di Sangro per apprendere la filosofia, le idee e il metodo Romito.

Rispetto al sistema dell’alta ristorazione lo chef va oltre alcuni schemi: non cuochi chiusi col pensiero nelle cucine e con l’unico scopo di creare piatti realizzati per stupire: «Il valore del lavoro del cuoco non si misura sulla quantità degli effetti speciali dispiegati, ma nel messaggio che si riesce a trasmettere con quel piatto». Il ristorante ha due facce complementari e indispensabili: laboratorio creativo da una parte e funzionamento in quanto impresa, pensiero che vola alto e piedi ben piantati per terra, potremmo parafrasare così il Romito-pensiero. Il mantra di questi tempi, la sostenibilità, deve essere a 360 gradi: «Una scelta è gastronomicamente interessante quando garantisce la salute di chi mangia».

@Gaia Menchicchi

L’alta ristorazione è al centro dell’attenzione ultimamente: crisi dell’alta ristorazione, l’alta cucina non è più economicamente sostenibile, è arrivata alla sua fine. Tutte affermazioni che vanno a creare titoli di giornale secondo il nostro relatore più che corrispondere alla realtà: vero è che il mondo dell’alta cucina si deve aprire al dialogo, e attraverso la ricerca dare nuove risposte che vadano a influenzare anche le scelte dei consumatori. Usa i termini di ricerca e creatività che da sempre hanno caratterizzato l’alta moda della ristorazione ma gli assegna una nuova qualità, devono essere utili. Romito sposta il confine dell’alta cucina probabilmente: non più una bolla autoreferenziale ma modello di riferimento che a cascata come in un circolo virtuoso porta benefici anche in altri ambiti del consumo di cibo. Intesa così l’alta cucina non solo non è in via di estinzione ma al contrario è viva e vitale, addirittura fondamentale. Una sorta di bacino di competenze, da cui discendono cambiamenti nel tempo per la vita di tutti. Fa un parallelo col mondo delle auto da corsa per spiegare meglio il concetto: l’Abs nasce in Formula 1 e da lì oggi ce l’hanno tutti in auto. Tradotto? La ricerca fatta in un ambito di eccellenza, anche di lusso ed esclusività se vogliamo, non è solo una torre d’avorio per chef star e clienti alto spendenti, può e deve anche a cascata creare circoli virtuosi di innovazioni per tutti.

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Importante è l’apertura verso il cliente che quando ha la possibilità di entrare in contatto con questo mondo attiva e sviluppa un’attenzione e un ascolto più accesi rispetto all’approccio ad altri mondi, e quindi è più ricettivo verso i messaggi nuovi. La creatività oltre che utile diventa anche responsabile e in grado di anticipare problemi e domande di domani. Nel concreto, Romito racconta il caso della riapertura del Reale a Castel di Sangro dopo alcuni mesi di chiusura, avvenuta con un menu degustazione tutto vegetale. Una scelta come punto di approdo di un lavoro durato anni sul vegetale e non semplicemente per assecondare una moda: un unico menu di quindici portate dedicate al vegetale era la prima volta per un tre stelle italiano. Una scelta naturale ma non per questo facile, non mancano chiamate di disdetta di fronte a questa novità. Uno scetticismo più diffuso negli over 40 che non ha fatto demordere lo chef e alla lunga la scelta si è rivelata vincente: oggi arrivano persone da tutto il mondo per questo menu, riempiono la sala e hanno abbassato la media di età dei clienti, ci racconta. Ma non è il solo fatto che quel piatto è vegetale al 100% a renderlo buono, prosegue Romito, diventa buono se tutto il lavoro che c’è dietro poi è in grado di creare un’emozione in chi lo assaggia. La dimostrazione che, al di là di questioni salutistiche, un vegetale ha la stessa dignità gastronomica, se non superiore, rispetto a carne e pesce. Un menu in grado di fornire lo spunto per un esempio pratico del piatto che veicola un pensiero e della creatività utile: uno dei passaggi di quel menu vegetale è la foglia di broccolo, bella esteticamente, ha fatto il giro del mondo a livello di immagine, mesi di ricerca per realizzarlo accanto ad agronomi, scienziati, studiandone anche i valori nutrizionali. Estetica ed etica a braccetto per un piatto virtuoso la cui salsa, realizzata col broccolo, ha fatto nascere una nuova base della cucina italiana utile ed esportabile anche in una trattoria, ad esempio per condire una pasta in un modo nuovo e moderno. La creatività utile per Romito è questa, risolve problemi e davanti al limite vede una sfida e cresce. Più in concreto lo chef cita l’esperienza di lavoro con l’ospedale Cristo Re a Roma, che l’ha fatto crescere sia come uomo sia come professionista, nella realizzazione dell’ambizioso progetto di riscrivere il modello di ristorazione ospedaliera.

@Gaia Menchicchi

Qualcosa che anche oggi che è stata realizzata sembra ancora incredibile ed è stata resa possibile grazie all’incontro di competenze che hanno stravolto un modello, dal punto di vista del gusto e da quello nutrizionale. Il cibo che diviene esso stesso parte della cura del paziente, grazie a una serie di competenze dell’alta ristorazione: eliminazione dei grassi, miglioramento dei processi di cottura dei cibi, miglioramento anche dell’estetica.
Naturalmente sta allo chef divulgare e democratizzare i risultati raggiunti. In questo senso è fondamentale la trasmissione, la formazione e il rapporto con chi deve apprendere, i giovani in primis. Quella della trasmissione delle competenze alle nuove generazioni per Romito è una forma di investimento una forma di sostenibilità nel futuro.

Senza nessuna forma di snobismo, lo chef ricorda anche il rapporto tra alta cucina e industria che può farsi veicolo della democratizzazione della qualità. È proprio dall’interconnessione di industria, alta cucina e vari modelli ristorativi che la qualità si può innalzare per tutti.
Il vero talento sta nel lavorare con ingredienti semplici, anche domestici e che appartengono da sempre alla nostra cultura, dai quali fare emergere nuove sfumature, Romito stesso ricorda che è diventato noto anche al grande pubblico con piatti come l’assoluto di cipolla, una foglia di broccolo, la zuppa di patate. Una semplicità dietro la quale c’è un percorso di ricerca alla fine del quale quello che ci viene restituito è lo stesso ingrediente che conosciamo da sempre ma con la possibilità di gustarlo con uno sguardo nuovo. Da non sottovalutare poi il fatto che se si riesce a emozionare a partire da un ingrediente povero si realizza in concreto anche una forma di sostenibilità economica.
Sul filo del suo ragionamento intravediamo un sistema di connessioni: Reale, Bulgari, Spazio, ALT, l’Accademia e gli altri tipi di ristorazione collettiva con i quali ha collaborato lo chef non sono solo forme diverse di espressione e di impresa ma vasi comunicanti di idee in circolo.

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