Palazzo Chigi non deciderà prima di alcune settimane, dunque la scelta non può ancora dirsi definitiva. Ma l’orientamento è ormai consolidato: non concedere al governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini l’investitura di commissario alla ricostruzione della regione colpita dall’alluvione. La presidenza del Consiglio starebbe già lavorando su una rosa ristretta di nomi d’area. Anche a costo di alimentare un durissimo scontro con il Pd, ma soprattutto con un pezzo di maggioranza, in particolare Forza Italia, che vorrebbe l’esponente del Partito democratico a gestire i dieci miliardi per la ricostruzione.
Ma intanto a esprimersi a favore della nomina di Bonaccini, al di là delle questioni politiche sono i governatori di destra.
Il governatore leghista del Veneto Luca Zaia ha detto: «Io non entro nel merito, compete al Consiglio dei ministri. Storicamente è sempre accaduto che lo fanno i presidenti di Regione». E altri due governatori di destra, dalla Liguria e dalla Calabria, si espongono per dire che sarebbe controproducente nominare qualcun altro.
Giovanni Toti, presidente della Liguria, dice al Corriere: «Alle emergenze si risponde con una cabina di regia che è efficace se procede attraverso condivisione e confronto, non se è imposta per decreto. E al vertice di questa struttura deve esserci il presidente della Regione». Toti è stato nominato più volte commissario per gestire emergenze di varia natura «da più governi, di diverso colore politico. Dal dissesto idrogeologico in seguito alle alluvioni del 2014, alla mareggiata che ha devastato la costa del Tigullio, all’emergenza dopo il crollo del ponte Morandi, all’alluvione minore nella val Bormida».
Per Toti, il «modello Genova», applicato per il ponte Morandi, è replicabile nell’Emilia-Romagna finita sott’acqua. «Perché il modello Genova vuol dire semplicemente coincidenza di obiettivi e capacità di dialogo, ferma intenzione di andare d’accordo tra i vari livelli di governo del territorio: centrale, regionale, comunale. Insomma, una gigantesca cabina di regia che non si impone per decreto ma si costruisce tramite il confronto e la condivisione. Ha funzionato. Ricostruire il ponte in due anni è stato un tale successo che ha offuscato altri risultati minori realizzati nella mia regione, senza interruzione, nonostante nel frattempo cambiassero governi centrali e locali».
E in questo disegno, Bonaccini dovrebbe essere nominato commissario «senza se e senza ma. Incomprensibile sarebbe la scelta di nominare qualcun altro». E, precisa Toti, «parlo in nome del buonsenso. Il presidente della Regione ha la delega sulla Protezione civile e potere concorrente su infrastrutture, trasporti, politiche energetiche. E conosce il territorio. Nominare commissario qualcun altro, un prefetto per esempio, aprirebbe inevitabili conflitti tra livelli di governo. Rappresenterebbe un elemento di complicazione invece che di facilitazione di un processo che si vuole snellire».
La pensa allo stesso modo Roberto Occhiuto, governatore della Calabria ed esponente di Forza Italia: «Chiunque si occupi di ricostruzione deve farlo in un contesto di norme, di attività, di adeguamento di strumenti di programmazione che non può prescindere dalla Regione. La cosa più logica è che sia Bonaccini a occuparsene. Ci sono esempi, d’altra parte, che corroborano questa tesi», dice a Repubblica. «È dimostrato che le cose hanno funzionato meglio quando sono stati nominati come commissari i presidenti di Regione. È successo per il post-terremoto in Emilia ma anche per la Sanità in Calabria: per dodici anni sono arrivati qui commissari di governo che sono entrati in conflitto con la Regione. Da un anno il commissario è il governatore della Calabria, cioè il sottoscritto, la coincidenza ha reso più favorevole la gestione».
Per Occhiuto, «sono considerazioni di buon senso: un commissario, che è anche presidente della Regione interessata, è una garanzia sul rispetto dei tempi e sulla spesa».
Ciò che più conta, però, è il peso politico della decisione. Bonaccini è chiamato a gestire due miliardi di euro per i primi interventi, visto che è già stato nominato all’emergenza. Ma le risorse più ingenti sono i dieci miliardi che saranno spesi per la ricostruzione. Il sospetto che la destra di governo fa trapelare è che Bonaccini voglia gestire questa seconda fase in vista della partita delle Europee 2024. Il governatore, sostengono, si starebbe preparando alle dimissioni anticipate dalla guida della Regione per correre per l’Europarlamento. Mentre Lega e Fratelli d’Italia puntano alla presidenza della Regione.