Volete investire nel mondo del vino in Francia? Ora c’è qualche dato in più per orientarvi. La federazione delle Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural (Safer) ha svelato i dati delle compravendite viticole e dei prezzi delle vigne d’Oltralpe nel 2022.
Dopo un tentennamento nel 2021 – dovuto sostanzialmente a un inedito rallentamento della Champagne – le medie nazionali proseguono la loro inarrestabile (ma controversa) tendenza alla crescita, segno di un dinamismo economico del settore ma probabilmente anche ormai di una pericolosa speculazione. Un vortice potenzialmente tossico, che sta arricchendo chi riesce a piazzare a Shanghai, Chicago, Tokyo o Dubai bottiglie da duemila euro l’una, ma mette anche alle strette molti piccoli vignaioli.
Nell’Esagono un ettaro di vigneto iscritto in una delle quasi 400 appellation d’origine vale oggi mediamente 151.200 €. Ovviamente i valori si differenziano tuttavia in modo clamoroso da regione a regione, da Aop a Aop, oscillando tra i 3 milioni di Pauillac e i 6 mila euro di ignote denominazioni del Sud-Ovest o della Loira (spunterete prezzi del genere ad esempio nei Coteaux-du-Quercy, nel Brulhois o nel Gros-Plant-du-Pays-Nantais).
Complessivamente comunque il mercato appare in forma smagliante, almeno a prima vista, con ben 9.490 transazioni registrate nel corso dell’anno passato, 1,2% in più rispetto al 2021.
Il riscatto champenois
Se con un ribasso medio delle quotazioni pari al 5,6% il ’21 era stato l’anno ideale – si fa per dire… – per comprare un vigneto in Champagne, regione temporaneamente scossa dalle incertezze commerciali ascrivibili all’onda lunga del Covid, proprio la patria degli effervescenti più osannati del mondo ha inciso nel rilancio dei prezzi e delle vendite su scala nazionale. Con le sue dimensioni (oltre 34mila ettari), la Champagne pesa infatti molto sull’andamento del comparto vitivinicolo transalpino. Trascinato da esportazioni da record (326 milioni di bottiglie spedite nel 2022, 57,5% delle quali all’estero) il prezzo dei terreni vitati risale mediamente del 2,4% rispetto all’anno precedente.
La Côte des Blancs dei Grands crus rimane stabile al vertice, con un costo medio di 1.659.000 € all’ettaro. Ma i valori salgono ovunque, a iniziare dalle aree periferiche della Vallée de la Marne (tra 840 e 966mila euro).
Côte d’Or, ça va sans dire
Se la Champagne risulta decisiva per rilanciare la tendenza nazionale, è la Borgogna “storica” e “classica” a celebrare un tripudio di aumenti, nonché prezzi oltraggiosi. Una Côte d’Or – questo il nome del dipartimento, alla lettera “Colli d’oro” – che non smentisce il proprio toponimo.
Per i Grands crus, un mercato ormai ingessato e ritenuto “fuori scala”, non ci sono neanche più quotazioni (quelle del 2021 superavano i 7 milioni di euro l’ettaro!). Ma i meno esosi Premiers crus impazzano con un +15% e prezzi per ettaro di ormai 2 milioni per i vini bianchi e di “appena” 870mila per i vini rossi. Comunque anche per i più banali tra i vigneti dell’Aop Bourgogne “base”, la Borgogna dei poveri, è difficile trovare un qualsiasi appezzamento sotto i 50mila euro.
E la tendenza ha ormai contagiato anche le aree meno reputate: nel Mâconnais è ovviamente Pouilly-Fuissé (con la recente promozione di alcune vigne a Premier cru) a far segnare un +8% (260mila euro), mentre a Chablis i Premiers crus registrano +5% e un valore medio di 420mila euro. Persino il Beaujolais, in crisi da anni, ma ormai verosimilmente assimilato alla realtà borgognona, rialza la testa: +20% per il Beaujolais-villages, +7% per un cru come Morgon.
Bordeaux è in rosso e vede nero
La faccenda è assai più complicata a Bordeaux. Le denominazioni storiche dei più celebri crus classés rossi sembrano in una botte di ferro (la Pauillac di Lafite, Latour e Mouton Rothschild è stabile a 3 milioni l’ettaro, la Pomerol di Pétrus a 2, Saint-Julien a 1,8, Margaux a 1,5…), ma molte altre denominazioni, anche tradizionalmente quotate, battono la fiacca o si attestano con segno negativo, probabilmente trascinate al ribasso dalla crisi generale del bordeaux quotidiano da Gdo, che si dimena tra iperproduzione, qualità mediocre e richieste di sovvenzioni per l’espianto!
L’appellation Pessac-Léognan fa segnare un –23% (da 650 a 500mila €!), tornando a valori di cinque anni fa. E Sauternes, culla dei vini botritizzati più celebri del pianeta, annaspa in un gorgo di stagnazione commerciale, ed è ferma a soli 30mila euro l’ettaro! Colpa della disaffezione globale per i vini dolci, che sta piegando diversi châteaux locali alla produzione di bianchi secchi.
Vanno ancora peggio, molto peggio, tante Aop minori di entrambe le Rives, con valori tra –11 e –25%. Insomma, a Bordeaux, con i suoi oltre 100mila ettari di vigna, il troppo ha stroppiato e ora c’è da raccogliere i cocci.
Chi sta bene
Tra le zone più in salute di Francia ci sono, in Loira, quelle del Sancerrois (spesso tra +10 e +20%). A Sancerre servono 260.000 € per un ettaro. Sorprendentemente bene la poco nota Cahors, nel Sud-Ovest, dove l’ettaro passa da 11mila a 15mila euro, Saumur-Champigny, anch’essa in Loira (70mila euro, +11%), le Côtes-du-Vivarais in Ardèche (17mila, +13%), Bergerac, ma solo per il rosso (9mila euro, +13%) e persino le vigne destinate al Cognac (tra 40 e 70mila euro), un tempo in contrazione.
Anche i vigneti senza una denominazione d’origine, trainati dal Languedoc, non si lamentano, con un prezzo medio di 15.300 € per ettaro (+1,9%).
Non è però tutto oro ciò che luccica. Nel corso del 2022 in tutta la Francia sono passati di mano 18.400 ettari vitati, +5,4% rispetto al 2021. Il valore complessivo di queste transazioni (1 miliardo di euro) è tuttavia calato del 7,9%, segno che la crescita è disomogenea e non vale per tutti, e che non manca chi è obbligato a svendere o comunque si trova in difficoltà. Proprio nel Languedoc, ad esempio, la cessione di aziende viticole “chiavi in mano” è cresciuta del 58%! Pochi giorni fa un vignaiolo costretto a centellinare i suoi magri stock di bottiglie e affranto da una siccità che perdura da un anno ha dichiarato: «Quest’anno non so nemmeno se ci sarà uva da raccogliere».
Occorre anche notare che questi risplendenti incrementi di mercato, al netto dell’inflazione, fanno comunque apparire i dati degli ultimi 4 anni negativi (vedi grafico).
Abbiamo dunque a che fare con nuovi, ennesimi segni di squilibrio socio-economico della nostra società occidentale, dettati anche dalla catastrofe climatica che prende corpo ogni mese di più?