Diyarbakir. Dopo una notte trascorsa tra accuse reciproche di manipolazione dei risultati e uno spoglio che ha tenuto una nazione intera con il fiato sospeso fin quasi al mattino, le elezioni presidenziali in Turchia si sono chiuse con un nulla di fatto. I due principali sfidanti, Recep Tayyip Erdoğan e Kemal Kılıçdaroğlu, si sono fermati sotto la soglia del cinquantuno percento nonostante un’affluenza record dell’88,4 percento e un numero altissimo di voti arrivati dai seggi esteri.
La partita non è chiusa
Le elezioni del 14 maggio, dunque, non sono state definitive come si sperava, ma certamente hanno già segnato la storia del Paese. Per la prima volta in venti anni l’ipotesi di una Turchia senza Erdoğan è parsa un’ipotesi effettivamente realizzabile e i risultati confermano a loro modo la possibilità di questo scenario. La partita d’altronde non è ancora chiusa.
Il 28 maggio l’opposizione potrebbe sconfiggere il presidente uscente, ma per farlo deve riuscire a tenere alto il morale dei suoi sostenitori e convincerli che la vittoria non è persa, ma semplicemente rimandata. Al secondo turno d’altronde non è necessario ottenere più del cinquanta per cento dei voti, il che agevola un partito che in questi mesi è riuscito a riunire intorno a sé un alto numero di consensi, ma che ha meno risorse rispetto al suo principale avversario.
Erdoğan, infatti, può continuare a usare i soldi pubblici per finanziare la propria campagna elettorale e ha a sua disposizione il novanta per cento dei mezzi di comunicazione, oltre a poter approvare nuove misure di sostegno utili a intercettare indecisi ed elettori delusi dal risultato del primo turno.
Lo scontro sullo spoglio
Di certo il Paese si avvia al ballottaggio profondamente diviso al suo interno. Dopo uno spoglio durato tutta la notte, Erdoğan ha ottenuto il 49,5 per cento dei voti, mentre Kılıçdaroğlu si è fermato al quarantacinque per cento, ma i dati diffusi fin dalle 18 della domenica sono stati largamente contestati dall’opposizione, che ha messo così in dubbio l’affidabilità stessa delle istituzioni.
Il leader del partito repubblicano Chp, ha accusato Erdoğan di aver volutamente ritardato lo spoglio dei voti richiedendo il conteggio nei seggi in cui il suo partito aveva perso e di aver così messo in discussione «la volontà dei turchi». In attesa di un risultato che è arrivato solo in tarda notte, Kılıçdaroğlu e i suoi vice, i sindaci di Ankara e Istanbul, hanno invitato più volte i loro sostenitori a non lasciare i seggi e a proteggere le urne per evitare manipolazioni da parte del governo, lanciando accuse pensanti con l’Akp e i suoi alleati.
L’opposizione d’altronde ha anche contestato fino all’ultimo i risultati ufficiali, fornendo i propri dati e riconoscendo la validità di quelli diffusi dal Comitato elettorale attraverso il sito di informazione pro-governativo Anadolu solo in tarda notte. Per diverse ore l’agenzia aveva dato Erdogan largamente in vantaggio con più del sessanta per cento delle preferenze, mentre l’opposizione continuava a dire di essere in vantaggio in un numero crescente di città.
Dopo ore di attesa e di rimpalli reciproci, i dati ufficiali e quelli comunicati tramite social dall’opposizione si sono equiparati, fotografando uno scarto di pochi punti tra un candidato e l’altro, ma sancendo il sorpasso di Erdoğan rispetto al suo avversario.
La mappa del primo turno e le incognite del secondo
Il presidente uscente ha raggiunto ottimi risultati nell’Anatolia centrale e lungo la costa del Mar Nero, zone storicamente fedeli all’Akp, mentre Kılıçdaroğlu ha potuto contare sul sostegno delle città della costa egea e mediterranea e del Sud-Est a maggioranza curda, grazie ai voti dello Yeşil Sol e dell’Hdp. Il supporto dei filo-curdi dunque si è rivelato fondamentale per l’opposizione, come largamente anticipato, e lo sarà ancora di più al prossimo ballottaggio.
Adesso l’obiettivo di entrambi gli sfidanti è quello di rafforzare la propria base elettorale e cercare di limitare la fuga di voti. La campagna elettorale degli ultimi mesi è stata molto stancante non solo per i candidati, ma anche per i cittadini e un secondo turno potrebbe essere percepito più come una delusione che come uno stop momentaneo alla vittoria del proprio partito di riferimento.
È difficile immaginare un’affluenza altrettanto alta per il secondo turno e a partire svantaggiata in questa nuova corsa elettorale è proprio l’opposizione. Il messaggio di Kılıçdaroğlu si è basato sulla promessa di un cambiamento che non è ancor arrivato e che potrebbe non arrivare mai, se non correttamente raccontata. Per l’opposizione, dunque, è importante riuscire a mantenere alto il morale dei propri elettori e rinsaldare ulteriormente la propria base elettorale.
In Parlamento, la coalizione di Erdoğan tiene
I risultati delle parlamentari però non giocano a favore di Kılıçdaroğlu. L’alleanza guidata da Erdogan ha ottenuto la maggioranza dei seggi, superando il cinquanta per cento delle preferenze anche grazie al sostegno ricevuto nelle zone terremotate. Anche il partito filo-curdo ha in parte deluso le aspettative.
Lo Yeşil sol, sotto cui è confluito l’Hdp, ha confermato il risultato delle scorse elezioni raggiungendo il dieci per cento, ma non ha allargato il suo bacino elettorale né ha raggiunto i cento seggi in Parlamento come inizialmente prefissatosi. Viste dal Kurdistan turco, però, le elezioni hanno un sapore dolce-amaro.
Nei maggiori distretti a maggioranza curda il risultato dello Yeşil sol è stato accolto con grande soddisfazione dai cittadini, scesi in strada a festeggiare già poco dopo l’avvio dello spoglio, ma la mancata vittoria di Kılıçdaroğlu alle presidenziali ha smorzato l’entusiasmo e gettato un’ombra sul Kurdistan turco.
Le prossime settimane saranno decisive per il futuro del Paese, ma la calma di questo lunedì post-elettorale potrebbe essere solo apparente.