Il collaborazionismo pacifista non è osceno soltanto per i crimini che esso legittima, ma soprattutto per la sistematica menzogna che adopera al fine di negarne l’esistenza. Dire che la guerra all’Ucraina è stata pianificata e poi scatenata dalla Nato non significa unicamente dare legittimità all’operazione speciale: significa simultaneamente dare copertura al proclama che ne giustificava l’inizio, il protocollo della denazificazione del governo di omosessuali e drogati impiantato a Kyjiv per procura occidentale. Significa, cioè, condividere e reiterare una rappresentazione delle cose destituita di qualsiasi verità ed esclusivamente fondata sull’esigenza di farne contraffazione.
Sull’esigenza: perché non si può sterminare un popolo semplicemente dicendo che è giusto farlo (per quanto a volte si arrivi anche a questo), e allora bisogna dire che l’ospedale è un covo nazista, che il mercato di frutta e verdura è un deposito di armi, che la donna incinta è un’attrice, che i cadaveri sono fantocci, che i ciclisti abbattuti dai cecchini sono dei passanti, che il missile sulla stazione aveva targa ucraina, che gli stupri e le decapitazioni vai a sapere, perché c’è tanta propaganda.
La brutalità assassina e stragista che ha infierito sugli ucraini abbisognava dell’assoluzione menzognera che il pacifismo collaborazionista ha offerto senza il più piccolo ripensamento e senza sosta durante un anno e mezzo di guerra, e occorre riconoscere che quella sistematica violenza sulla verità ha avuto effetto, quell’inesausta opera di disinformazione sicaria ha ottenuto un risultato se un innominabile cialtrone assoldato dai fascistelli a cinque Stelle riesce a officiare, tra applausi che travalicano quella cerchia immonda, un’orgia di mistificazione tanto spettacolare.
Vale per questo signore (ripeto: il nome non si può fare, è troppa la vergogna di cui ci macchia) ciò che scrivemmo qui sul conto dei discorsi di un altro malvissuto, quel prof. Carlo Rovelli cui ripugna la vittoria sull’aggressore perché questo significa «radere al suolo intere regioni»: e sono gli aggrediti a raderle al suolo, notoriamente. Vale l’idea di tradurle in ucraino, le farneticazioni sulla guerra cominciata dalla Nato e sulle fantasie yankee che disegnano inammissibilmente il profilo dell’uomo cattivo: e poi mandare qualcuno bravo – che so? un attore – a farne lettura a Kyjiv, a Bucha, a Mariupol, a Izjum. Vediamo gli applausi.