Cristel Girotto, una giovane e talentuosa fotografa, ritrova per caso una fotografia di sua madre nell’archivio di famiglia. Nello scatto aveva circa diciotto anni, purtroppo, però, non è più possibile identificarla «mia madre ha materialmente ritagliato e gettato via il proprio volto».
Dal rifiuto del proprio ritratto e dalla conseguente negazione della propria identità, Cristel ascolta un forte impulso e inizia un progetto artistico con l’unico obiettivo (quasi ossessivo) di riempire quel vuoto con un volto ideale. Un nuovo viso che possa dignitosamente sostituire l’originale, osservando la figura di sua madre durante la quotidianità. Il progetto è ancora in corso e al momento è costituito da diciotto fotografie.
Qual è la forza di una raccolta di scatti alla ricerca di un’identità, di un volto? Il ritratto ci perseguita, una processione interminabile di persone e di figure, tutte tendenti a esprimere un ruolo. Ogni individuo costruisce il ritratto di sé stesso, o almeno, di quello che vorrebbe sembrare se non può essere. Nella realtà quotidiana il fotografo sceglie un soggetto e gli affida un ruolo, che in ogni caso – anche il più banale – è coerente con l’intenzione espressiva e comunicativa dell’autore. A volte riflette una vera e propria ideologia. Ogni immagine dell’uomo è il ritratto sintetico di una situazione che ha un passato e un futuro. Un visage du rôle, che malauguratamente sembra esprimere tristezza e malinconia piuttosto che gioia e felicità. La non-identità che aumenta l’identità.
Il ritratto è un elemento costitutivo della nostra personalità, che ci consente di definirci, di presentarci al mondo e di renderci riconoscibili. L’identità è un’ossessione, è la rappresentazione mentale di sé stessi che nasce dalla relazione con gli altri e con la società. In letteratura, Pirandello mostra come quest’ultima sia una costruzione artificiosa, che non dipende dal singolo. L’identità diventa un marchio, un’etichetta imposta dall’alto, senza la quale è impossibile inserirsi nella vita sociale.
Ricordiamo che Vitangelo Moscarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila scopre dalla moglie di avere il naso storto, un dettaglio di sé stesso che non aveva mai notato. Questa piccola coincidenza innesca in lui un vortice di ragionamenti che lo portano, attraverso vari esperimenti, alla consapevolezza di non essere per gli altri ciò egli è per sé stesso. Il personaggio inizia quindi a indagare sulla propria immagine, per poi scoprire l’inesistenza della propria identità. Il pregio del delicato e personale progetto di Cristel Girotto sta nel riuscire a stimolare le domande esistenziali che da sempre hanno spinto i grandi fotografi a cercare di raccontarne il contenuto.
Chi è Cristel Girotto
Classe 1996. Nata e cresciuta a Monselice, un paese in provincia di Padova: «Ho sempre avuto una forte fascinazione per la fotografia, ma solo dopo aver conseguito la laurea triennale al DAMS di Bologna in arti visive e aver frequentato il corso di storia della fotografia tenuto da Claudio Marra ho deciso che questa passione dovesse essere coltivata e potesse diventare qualcosa di più di un solo interesse. Mi sono quindi iscritta al corso biennale di Fotografia e linguaggi della comunicazione visiva della Bauer, a Milano, concludendo così il mio percorso di studi. Capire cosa mi piace fotografare è stato anche questo frutto di allenamento, pian piano ho realizzato che il mio occhio fotografico si rivolgeva spontaneamente verso la mia famiglia, e alle persone. Fotografare membri della mia famiglia è stato prima un banco di prova durante gli anni di studio ed è ora diventato qualcosa che mi fa stare bene. Anche le persone mi interessano molto, principalmente le persone con una storia, le più anziane, in qualche modo mi suscitano curiosità».