Nel luglio del 2019 i mercati valutavano in poco meno del quattro per cento circa la probabilità di default dello Stato greco. Ieri la stessa probabilità si aggirava intorno all’1,5 per cento. Alle stesse date, il medesimo indicatore valeva rispettivamente 2,8 per cento e 1,5 per cento per l’Italia e, per la Spagna, 0,6 per cento e 0,8 per cento.
Nel quadriennio 2019-2023 (se prendiamo per buone le previsioni della Commissione Europea), il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo ad Atene è passato dal 180,6 per cento al 160,2 per cento (nell’area dell’euro è cresciuto dall’85,9 per cento al 90,8 per cento). L’avanzo primario – dopo essere passato in territorio negativo per via della pandemia – dovrebbe attestarsi nel 2023 poco sotto il due per cento (contro il -1,4 per cento dell’area dell’euro). Una cura da cavallo che ha lasciato sul campo una economia stremata? Non si direbbe. Fra il 2019 ed il 2023, il prodotto pro capite greco è passato da poco più di diciassettemila euro a poco meno di diciannovemila euro con un incremento complessivo del nove per cento, nonostante l’emergenza pandemica. Nello stesso quadriennio, lo stesso incremento nell’area dell’euro non è andato oltre il 2,4 per cento (in Italia potrebbe toccare il 3,8 per cento, in Spagna dovrebbe essere sceso di poco più dell’un per cento).
Il successo del premier greco Kyriakos Mitsotakis è – a voler semplificare – tutto in queste poche cifre. Una gestione disciplinata e prudente delle finanze pubbliche e uno spazio crescente all’iniziativa privata. Una strada che, in un Paese in cui maggioranze e opposizioni erano state spesso concordi nel gestire disinvoltamente le finanze pubbliche e nel lasciare che lo Stato occupasse territori sempre nuovi, rappresenterà una novità importante se confermata nel secondo mandato che i greci hanno da qualche giorno affidato al premier uscente.
Quella greca è una società segnata ancora da squilibri significativi? Certo. E come potrebbe non esserlo una società uscita da solo qualche anno da una crisi finanziaria prossima a essere devastante e da una grave emergenza pandemica? Ma limitarsi a promettere ai greci di redistribuire quel che con straordinaria fatica gran parte di loro è riuscita a raccogliere in questi anni è stata da parte dell’opposizione greca una mossa di incredibile insipienza politica. La gran parte dei greci è appena tornata a intravedere una prospettiva di crescita ed è tutt’altro che pronta a rinunciarvi. Il che non vuol dire che si disinteressino delle ferite ancora presenti nella società ma pensano – ragionevolmente, se è lecito – che le stesse non troveranno mai cura in una ottica di pura e semplice redistribuzione.
Ogni riferimento a quella che potrebbe essere la situazione italiana alla vigilia delle prossime politiche non è puramente casuale. Sempre che le prime pagine dei nostri quotidiani non continuino a essere dominate dalle imprese del disturbatore di chi «non vuole disturbare chi fa».