In termini da fumetto, il «cattivo» più temuto da Fratelli d’Italia e dalla sua capa è il Mes, il cattivissimo Mes, che Roma è rimasta l’unica a non ratificare. Bersaglio delle invettive della premier Giorgia Meloni e dei suoi alleati, però, è stata anche la Banca centrale europea (Bce). A Francoforte, come racconta la Stampa, c’è una crescente insofferenza per i commenti che provengono da Palazzo Chigi.
L’ultimo la presidente del Consiglio l’ha scandito nel suo comizio in aula: «Un aumento dei tassi è semplicistico e non corretto». Pure economista lei? Non è una novità che l’Eurotower riceva critiche da parte della politica nazionale: a colpire, secondo fonti del quotidiano torinese, sarebbero però «il tenore dei commenti e l’irritualità di alcune scelte tempistiche».
In particolare, i funzionari non avrebbero apprezzato la scelta di nominare Fabio Panetta, membro del board della Bce, governatore della Banca d’Italia mentre era in corso il forum di Sintra, evento cruciale del calendario dell’istituto. La decisione, però, era stata presa da tempo. Proprio i discorsi identitari di Meloni su Bce e su Mes avrebbero messo in imbarazzo l’economista, scrive Repubblica.
La missione di Panetta, infatti, è assicurare la continuità al nostro Paese, con l’indicazione di un altro profilo italiano nel board che lui lascerà. Potrebbe essere una donna, come auspicato dalla presidente Christine Lagarde e pure dal Parlamento europeo (il cui parere non è vincolante, ma ha senz’altro un peso politico). Il nome che circola è quello della vicedirettrice generale della Banca d’Italia, Alessandra Perrazzelli.
Insomma, da Francoforte – dopo una «tregua» di sei mesi – trapela malumore per la retorica divisiva dei meloniani. Domani al Consiglio europeo si discuterà anche della situazione economica: qui, se non lo faranno altri leader, Meloni potrebbe intestarsi una contestazione alla Bce sui tassi d’interesse. A quel punto, però, tra i «fuori programma» potrebbe venirle chiesto del Mes.
Tanto più dopo che il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, ha sollevato esplicitamente la questione del veto italiano in una lettera a Charles Michel.