ForzalavoroLa psicoterapia che aiuta la carriera, il Pnrr nel pantano e la scomparsa dei giovani

Nella newsletter di questa settimana: la centralità delle competenze sociali e il peso dei traumi infantili, lo scontro tra governo e Corte dei Conti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli emendamenti al decreto lavoro, i 500mila individui in meno nel mercato del lavoro indicati da Bankitalia. Ma anche la disoccupazione giovanile cinese e la nuova vita dei coworking. Ascolta il podcast!

(La Presse)

SE L’ANALISTA TI SALVA LA CARRIERA
Essere assunti grazie alle proprie competenze sociali e relazionali e non tanto sulla base dei titoli di studio scritti nel curriculum. Se ne parla da tempo nei sempre più frequenti (e sempre meno interessanti) convegni sull’importanza delle onnipresenti soft skill, leggere perché contrapposte a quelle hard, ma a quanto pare sempre più “pesanti” e determinanti per trovare un lavoro.

E ora cominciano a vedersi i dati che lo confermano, specialmente in un mercato sempre più ristretto, alle prese con la scarsità di manodopera, in cui è fondamentale scovare i talenti anche in nuove aree disciplinari inaspettate e non scontate. Quello di cui finora però si è parlato poco è quanto conti il passato di ciascuno, in particolare l’infanzia e la propria storia familiare, nello sviluppo delle soft skill.

Il pezzo di carta Joseph Fuller, professore alla Harvard Business School e co-direttore del progetto Managing the Future of Work, dice che nel futuro il lavoro dei colletti bianchi non richiederà inevitabilmente una laurea. Le abilità sociali, sempre più richieste, non vengono fornite nelle università. E quindi: o bisogna possederle già oppure occorre impararle. Insomma, essere un nerd non basta.

I dati novembre 2022, solo il 41% delle offerte di lavoro con sede negli Stati Uniti richiedeva almeno una laurea, un calo rispetto al 46% all’inizio del 2019. I dirigenti di Ibm, LinkedIn, Apple e Google hanno tutti annunciato assunzioni basate sulle competenze.

Dimmi chi sei Questo vuol dire, però, che meno competenze – anche sociali – ha un lavoratore, minore è la leva negoziale su stipendio, benefit e accordi sul lavoro ibrido. Ed è qui che, nel caso delle soft skill, conta molto anche il passato personale e il background del candidato.

… E ti dirò che soft skill hai Coloro che non hanno subito traumi o abusi durante l’infanzia o che, anche in presenza di storie familiari complesse, si sono rivolti alla psicoterapia superando questi traumi, sono i più propensi a sviluppare abilità sociali di livello superiore già in tenera età, afferma Fuller.

Le persone che hanno subito abusi o abbandoni precoci hanno maggiori probabilità di essere socialmente isolate, soffrire di depressione e ansia, lottando per gestire le proprie emozioni. Non a caso, spiega Fuller, un tasso più elevato di traumi è inversamente correlato al patrimonio netto familiare. Se lasciate irrisolte, le risposte traumatiche sviluppate durante l’infanzia possono avere un impatto su tutti i tipi di relazioni sociali, comprese quelle lavorative, e possono potenzialmente soffocare la crescita professionale.

È ora di chiamare il terapista? Ciò non significa che ogni speranza è persa per coloro che hanno subito un trauma o per coloro le cui abilità tecnologiche superano le loro abilità sociali. Chiunque può apprendere competenze trasversali, indipendentemente dal proprio background, spiegano gli esperti a Fortune. Migliorare le proprie soft skill è come imparare a giocare a scacchi: l’unico modo per imparare davvero il gioco è giocare ancora e ancora, preferibilmente contro qualcuno che è più bravo di te. E l’analista in questa partita ha un grande ruolo.

Al posto di guida Fuller racconta che molte persone con grandi abilità sociali hanno avuto la libertà, soprattutto dopo la pandemia, di riconsiderare il ruolo del lavoro nella loro vita. Persone che, quando i loro datori di lavoro le hanno deluse, si sono dimesse e hanno trovato lavoro altrove. Ma più alto è il livello di abilità sociali, più il lavoratore è al posto di guida. Più queste abilità sono basse, più farà da passeggero. Senza troppo potere sulla propria carriera.

 

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PNRR NEL PANTANO
Continua il rapporto di amore e odio tra il governo Meloni e il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ogni giorno che passa, ha scritto Federico Fubini, il Pnrr sembra sempre più qualcosa che ci tocca fare, un’altra cosa imposta dall’Europa, e sempre di meno qualcosa nel nostro interesse. Nei primi due mesi dell’anno sono stati spesi appena 1,2 miliardi, a fronte di una programmazione, per il 2023, che è pari a 40,9 miliardi. Nella relazione semestrale presentata in cabina di regia, Meloni invoca la necessità di rivedere il piano. Come? Ancora non si sa.

Freno a mano Il governo ha elencato 120 progetti in ritardo, che dovrebbero uscire dal piano, per essere spostati su altri fondi che concedono più tempo oltre il 2026. I ministeri che arrancano di più sono Ambiente e Infrastrutture, seguiti da Cultura e Istruzione. Nel negoziato con Bruxelles, si punta a ottenere una clausola per dirottare sui progetti di efficientamento energetico (Repower-Eu) i soldi che l’Italia rischierebbe di perdere.

  • Alcune decisioni comunque vanno prese subito, per ottenere la quarta rata da 16 miliardi legata ai 27 obiettivi in scadenza il 30 giugno.
  • Il problema è che rimane ancora l’incognita del via libera della Commissione alla terza rata da 19 miliardi.

Toghe contro Il tutto mentre nei giorni scorsi è andato in scena lo scontro tra Roma e Bruxelles sullo stop al controllo concomitante della Corte dei Conti sul Pnrr. Il governo si appresta a porre la fiducia sul dl pubblica amministrazione che contiene i due emendamenti criticati, compresa la proroga di un anno dello scudo erariale. L’Associazione Magistrati della Corte dei Conti nel mentre ha convocato pure un’assemblea straordinaria.

 

E I SINDACATI?
Meloni la scorsa settimana ha incontrato Cgil, Cisl e Uil per parlare di fisco, pensioni, salari, inflazione e Pnrr. Ma il risultato è che le parti sociali si sono divise: la Cisl si dice disponibile ai tavoli di confronto, Cgil e Uil non si fidano e il 24 giugno saranno di nuovo in piazza. Il viceministro all’Economia Maurizio Leo, intanto, sta anticipando qualcosa sulla riforma fiscale dopo che Meloni ha parlato di «pizzo di Stato» in relazione alla lotta all’evasione.

Decreto lavoro Tra i circa 200 emendamenti al decreto lavoro, c’è la richiesta da parte dei Cinque Stelle di prorogare di altri sei mesi il diritto allo smart working per i fragili e i genitori di figli under 14. Un altro emendamento di Fratelli d’Italia punta alla detassazione del lavoro notturno o festivo nel settore turistico, in modo da alzare gli stipendi e combattere la carenza di manodopera. Il 13 giugno il decreto arriva in aula al Senato.

In cattedra Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato il decreto per la specializzazione dei nuovi insegnanti di sostegno. Ma la distribuzione nelle diverse regioni italiane è incoerente: al Nord, dove il fabbisogno è maggiore, i nuovi specializzati saranno pochissimi (13%), mentre abbonderanno al Sud (56%).

 

CARTOLINE DALL’ITALIA
Illusione ottica Ad aprile 2023, secondo i dati Istat, si registrano 48mila posti di lavoro in più. Nota positiva: sono tutte donne (+52mila). Nota negativa: sono quasi tutte over 50 (+68mila). Sintomo dell’invecchiamento della forza lavoro italiana, ma anche dell’arretramento dei più giovani nel mercato: in un anno, al netto della componente demografica, gli occupati under 35 sono cresciuti del 2,1 per cento, mentre i 50-64enni del 2,4 per cento.

Mercato più stretto Nella relazione annuale, Bankitalia ha messo in evidenza che nell’ultimo triennio l’invecchiamento della popolazione ha causato una contrazione delle forze di lavoro superiore alle 500mila unità. Una frenata che i flussi migratori non sono riusciti a compensare. Il Pnrr dovrebbe creare, a regime, 375mila posti di lavoro. Ma non ci sono i lavoratori a quanto pare.

E le donne? Il divario di genere, sebbene inferiore rispetto al passato, è ancora elevato. Bankitalia evidenzia che le donne con figli, in particolare, guadagnano il 50% in meno di quelle senza. È qui che si gioca anche la crescita italiana dei prossimi anni: il Paese non può rinunciare a una parte importante, e generalmente più istruita, del mercato del lavoro.

Pride month Con l’avvio del mese in cui si celebra l’orgoglio Lgbt+, l’Istat e l’Unar hanno diffuso il rapporto su quanto l’orientamento sessuale pesa sul lavoro: otto su dieci hanno sperimento una piccola aggressione al lavoro e sei su dieci si sono sentiti penalizzati nella propria carriera.

In agenda Martedì 6 giugno l’Istat diffonde la nota sulle prospettive per l’economia italiana. Mercoledì 7 giugno arriva l’Economic Outlook dell’Ocse. Giovedì 8 giugno sarà presentata la relazione annuale dell’autorità anticorruzione.

 

NOMINE
Via Nazionale A proposito di Bankitalia, si sta pensando al dopo Visco. Fabio Panetta sarebbe il nome più probabile per la successione (con tutta una serie di incognite).

Gli altri Anche se il termine è scaduto, non si è trovata ancora la quadra sulla nomina dei commissari Inps e Inail. In pole position, restano Gabriele Fava per l’Inps e Stefano Cervone per l’Inail. I tempi dovrebbero essere stretti ma negli ultimi giorni più volte l’accordo è stato dato per certo e poi saltato.

 

COSE DI LAVORO
Agli antipodi Mentre negli Stati Uniti il mercato del lavoro va a gonfie vele (a maggio sono stati creati 339mila posti di lavoro a fronte dei 195mila previsti), in Cina la disoccupazione giovanile ha superato il 20% (il doppio del pre-pandemia). I laureati sono troppi rispetto ai posti di lavoro disponibili e ora molti puntano al posto pubblico.

Il più antico Il 2 giugno, in occasione della Giornata internazionale del sex work, a Bologna si è svolto il primo congresso di sex worker in Italia dopo quasi vent’anni: hanno partecipato collettivi, associazioni e singole sex worker provenienti da tutta Italia.

Remoto, ma non a casa Il New York Times racconta della nuova vita degli spazi di coworking, popolati dai lavoratori da remoto che non riescono più a lavorare da casa, tra mille distrazioni e la necessità di vedere qualcuno. Un modo per uscire, ma senza dover fare il pendolare verso il centro delle città.

Al cinema Dal 15 giugno nelle sale ci sarà il documentario “After Work” di Erik Gandini, incentrato sul rapporto che gli individui hanno oggi con la propria occupazione professionale, in quattro diverse nazioni, e su come potrebbe essere un’esistenza senza lavoro.

Per oggi è tutto.

Buona settimana!

Lidia Baratta

 

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