Se volete capire qualcosa di più sull’Europa d’oggi, tra spinte nazionaliste, contrasti tra est e ovest e (dis)affezione verso la comunità, andate in Lituania. Meglio se nella sua parte più orientale, al confine est dell’Unione europea. È un viaggio facile, perché i voli dall’Italia sono numerosi e la valuta è l’euro. Piacevolissimo, considerando che Vilnius è al momento una delle capitali europee più interessanti e vivaci, dal punto di vista gastronomico e culturale. È rilassante, con quel lembo bucolico di grande pianura esteuropea dolce, sinuoso e ondulato come un mare verde chiazzato di blu. Ma c’è anche qualcosa di più: una storia travagliata fatta di invasioni, da ovest prima e poi da est, e una cultura e una lingua antica e fortemente identitaria, sopravvissuta ai divieti dei vari dominatori.
Vilnius: ex-carceri, locali gourmet e artisti ribelli
«Vilnius, fantastica ovunque pensiate che sia» recita uno slogan che gioca sull’intercambiabilità delle tre capitali baltiche nell’immaginario occidentale. In realtà Vilnius si sente profondamente diversa: capitale tra Medioevo e Rinascimento del Granducato di Lituania, che includeva una vasta area comprensiva delle odierne Bielorussia e Ucraina, è stata terra di conquista ma anche di accoglienza delle minoranze religiose (nel Seicento in città convivevano dieci confessioni), a partire da quella ebraica, che stabilì qui una delle maggiori comunità del centro Europa. Tutto ciò si riflette in un centro storico, patrimonio Unesco, che si abbraccia salendo sul campanile della chiesa di San Giovanni, nel cortile dell’università fondata dai Gesuiti nel 1579. In un tripudio di colori pastello, bianchi accecanti e rossi mattone sfilano gotico tedesco, barocco italiano e neoclassico francese, le cupole delle chiese ortodosse e le strette vie del quartiere ebraico, e più in là, la periferia di stampo sovietico e verdi colline.
Pietre che parlano di varie epoche e culture e che in anni recenti hanno reso Vilnius uno dei set preferiti di tante serie Netflix, BBC ed HBO, da Chernobyl a Caterina la Grande, da Young Wallander a Occupied. Perché, come ha sintetizzato il Los Angeles Times, «qui trovi Mosca e Parigi a un costo molto più basso». All’Hotel Pacai, cinque stelle ricavato in un palazzo del XV secolo dove si mormora abbia soggiornato Napoleone, non è insolito incontrare una troupe americana (ma non certo le maestranze lituane che hanno sollevato rivendicazioni sindacali).
Per farsi un’ idea della vita sotto l’ “occupazione” sovietica terminata nel 1991 c’è la mostra Vilnius poker (fino al 24 gennaio 2024 nel contemporaneo MO museum disegnato da Daniel Libeskind), ispirata all’allucinatorio romanzo di Ričardas Gavelis, che racconta un’esistenza paranoica sotto una dittatura. Così si capisce la priorità delle appartenenze: «la Ue è importate economicamente, ma è la NATO che ci difenderà dai russi» ci dice Gintas davanti al palazzo presidenziale dove la bandiera dell’alleanza atlantica garrisce a fianco delle due lituane e delle stelle della Ue.
I corridoi spettrali e le celle di detenzione che compaiono nell’ultima stagione di Stranger Things appartengono invece alla prigione di Lukiškės, voluta dallo zar nel 1905 e attiva fino al 2018. La visita guidata è una delle esperienze più forti che vi capiterà di fare a Vilnius e un’occasione unica per capire la vita in carcere: per le anguste stanze con le pareti incise di messaggi sono passati serial killer e detenuti comuni, migliaia di ebrei e di oppositori del regime, e più di recente il cantante-femminicida Bertrand Cantat. Nel cortile ora ci sono chioschi e un palco per concerti.
La scena artistica post sovietica è stimolante. Al di là del fiume Vilnia c’è un’utopia artistica, la bizzarra Repubblica di Užupis fondata il 1° aprile 1997 da un gruppo di artisti che dichiararono l’indipendenza, dotandosi di una costituzione libertaria, di un quartiere fatiscente e malfamato della città. Qui oggi si trovano un incubatore d’arte e varie gallerie (Jonas Mekas Skersvėjis, Tartle Gallery e AP gallery). Anche l’ex area industriale a sud della città è rinata grazie alla street art: se avete amato Alcova alla Design week milanese adorerete la Open gallery nell’ex fabbrica Elfa, un labirinto post-apocalittico con esposte oltre cinquanta opere tra graffiti e sculture.
La cucina si riprende il passato
Vilnius è anche la capitale dell’emergente gastronomia lituana. Dei sessanta finalisti selezionati per la guida dei migliori trenta dalla Good Food Academy lituana la metà sono qui. Tutti utilizzano ingredienti locali, ricucendo un rapporto con la natura che risale a un paganesimo nemmeno troppo lontano – la Lituania si convertì al cristianesimo, ultima in Europa, nel 1385 – e recuperando la tradizione ebraiche.
Sapori e saperi dimenticati per quasi un secolo: «Sotto l’URSS la cucina era uniformata ed è saltata la trasmissione tra generazioni – ci dice chef Andrius Kubilius del Nineteen18 –. Con il libero mercato dal nulla siamo passati ad avere tutto, pure la pizza con l’ananas. Dieci anni fa ci siamo resi conto che sapevamo fare foraging e fermentare: per ritrovarci dovevamo tornare nei boschi che sono sempre stati la nostra fonte di sostentamento».
Altro indirizzo sicuro è Džiaugsmas e un approccio simile si trova al Nomads Cocktail Bar. Vale una visita anche l’art decò Hales Market, dove aggirarsi tra banchi di salumi, orecchie di maiale affumicati e verdure in salamoia. Per una selezione mirata di produzioni artigianali c’è Roots, un negozietto che si affaccia sul mercato interno gestito da Lolita e dalla figlia. La Lituania è però ancora il posto dove incontrare in una trattoria di campagna l’autentica e robusta cucina esteuropea, la zuppa fredda di barbabietole e i Cepelinai, i ravioli ripieni di patate, carni e formaggi fatti a mano da donne col fazzoletto in capo: noi li abbiamo trovati a Joniškėlis da Sigutės koldūninė ed è stato amore a prima vista, annaffiato da gira e della birra locale Joalda. Le potenzialità della birra lituana emergono al meglio con la degustazione davvero ben organizzata di Alaus kelias, buon ristorante del birrificio Rinkuškiai, a Birzai.
Relax e natura
Torri d’avvistamento, laghi carsici, rane gracidanti al cielo carico di stelle, fiori, birra, abeti e betulle. Questa natura rigogliosa dagli ampi orizzonti è resa accessibile da passerelle in legno, ponti sugli alberi e da un tratto particolarissimo: le torri d’avvistamento, dalle quali godere la vista in un Paese la cui l’altezza massima è di 294 metri. Alcune sono disegnate da studi di architettura locali, la Kirkilai presso Birzai nel nord-est, regione dei pozzi carsici che si aprono dalla sera alla mattina nei giardini delle case ma creano anche incantevoli sistemi di laghi, è una struttura di legno ispirata a una canoa, mentre la Veisiejai presso il lago di Snaigynas, nel sud-est, richiama alcuni grattacieli della City londinese. Altre sono più spartane, come quella di Bijeikiai nell’Anykščiai Regional Park.
La buona notizia è che in un turismo che ancora risente di alcune ingenuità ci sono strutture che stanno cogliendo l’opportunità di queste full immersion rilassanti in una natura per certi versi ancora selvatica, se non selvaggia. Palaima è una casa in stile nordico minimal chic costruita da una coppia di svizzeri folgorati dalla bellezza di una campagna che richiama i racconti di Čechov e Dostoevskij. La sauna s’affaccia sul lago e su albe rosa e tramonti infuocati. Più a sud, le cabanas di design con jacuzzi di DoYouPlace dominano un paesaggio che si snoda tra boschi di pini e laghi, e sembra facile immaginare come, nelle radure dove filtrano i raggi del sole, qualche spirito della foresta brighi per proteggere da feroci invasioni il popolo fiero e ostinato di questo avamposto d’Europa.