Only villosiCronaca di una giornata dedicata a una tizia che vende peli delle ascelle

Ho commesso l’errore di cercare su Google una diciottenne ex concorrente del Collegio e ora l’algoritmo mi mostra solo video di tizie orgogliosamente pelose

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Questa è la cronaca d’una sconfitta. Questa è la cronaca d’un pomeriggio buttato, corollario a una vita buttata, e sintesi degli studi buttatissimi di tutti noi, tutti noi cresciuti con le sudate carte solo perché non avevamo Only Fans né telefoni con telecamere né connessione veloce, e credevamo che il massimo della perversione fosse Choderlos de Laclos.

Dunque me ne stavo lì, mollemente adagiata su un divano a sfogliare ipotesi altissime di articoli altissimi con cui intrattenervi oggi, me ne stavo lì a cercare riferimenti letterari per i fatti d’attualità, quando ho fatto l’errore di aprire Twitter, e mi è comparsa Maria Sofia.

Maria Sofia chi?, diranno i miei piccoli lettori e ho detto anch’io, dopo aver rimirato il video che, scriverebbero sui giornali, indigna il web. Il video era preso da Twitch, una piattaforma per giovani con cui mi rifiuto d’avere confidenza. Il conduttore aveva nome e cognome, quindi è stato facile risalire a un suo account e vedere che ieri intervistava la vicepresidente del Pd.

L’ospite era solo Maria Sofia, Meg Ryan in “C’è posta per te” avrebbe detto «Non ce l’ha un cognome? Cos’è, un’intera generazione di cameriere da pub?», ma noialtri di questo secolo sappiamo che la riconoscibilità non bisognosa di cognome è il segno del successo.

E infatti Google, che di presentismo vive, alla ricerca “Maria Sofia” ti risponde prima con tre risultati di quella giusta, e solo al quarto con Maria Sofia di Wittelsbach, regina delle due Sicilie – ma scusate, non vi ho ancora detto del video dello scandalo.

Nel video dello scandalo Maria Sofia – quella di questo secolo – dice che bisogna normalizzare l’incesto (non vorrei prenderla troppo alta, ma «normalizzare» è quella che in linguistica si chiama funzione fàtica: è un verbo che serve solo a indicarti che quello che lo utilizza è imbecille, o molto giovane).

Il conduttore, tra un’intervista a dirigenti del Pd e l’altra, le risponde che è importante però usare contraccettivi: incesto sì, ma non per riprodursi. Ogni tanto mi vien voglia di scusarmi coi cattolici, una vita sprecata a ritenerli i più disturbati, poi è arrivato il postmodernismo.

Poiché sono così inadatta a questo secolo che non mi viene subito in mente che Google mi darà la risposta giusta se inserisco la domanda «chi è Maria Sofia», chiedo invece alla mia consulente per il kitsch, una che sebbene abbia una famiglia e un lavoro trova il tempo di vedere tutto, sapere tutto, essere aggiornata su tutti gli scandale du jour e su tutte le attività delle influencer e su tutti i nomi dei concorrenti di reality. (Suggerimento per inventori di app: una che aggiorni noialtri normali su tutto il mondo di mezzo al quale non riusciamo a star dietro, io pagherei un abbonamento e non sono sola).

Mi arriva questa risposta: «È un’ex concorrente del Collegio, poi si è data a OnlyFans. Si definisce attivista, fa tutti i discorsi sulle sex worker, vende i peli delle ascelle».

Resto imbambolata a fissare la schermata di WhatsApp per una quarantina di secondi, nel corso dei quali mi chiedo cos’avrebbero fatto Age e Scarpelli di questo mondo qui, come sarebbe un “Romanzo popolare” ambientato in un’epoca in cui esiste OnlyFans e le ragazze s’illudono che sex worker o content creator siano definizioni più eleganti di «mignotta».

Penso a Monicelli vivo in questo secolo, a un rifacimento della “Ragazza con la pistola”, a un consulente che gli dice che Assunta Patanè oggi si venderebbe i peli delle ascelle, a cosa risponderebbe.

Insomma, in breve e se avete Google rotto e i consulenti impegnati. Maria Sofia Federico ha diciott’anni compiuti da poco (è del 2005); ha partecipato al reality di liceali che non ho mai visto e quindi non sono in grado di raccontarvi (non essendo “Il collegio” abbastanza rilevante nella cultura popolare da essere noto anche a chi non l’abbia mai visto); appena divenuta maggiorenne si è aperta un account su OnlyFans, la piattaforma sulla quale offri pornografia o simili a chi ti segue a pagamento (senza bisogno di dare nomi inglesi ai mestieri, possiamo però dire che, rispetto a quando si facevano le marchette rischiando malattie veneree, una piattaforma vedere-e-non-toccare è assai più igienica, finché ci sono uomini così fessi da pagare).

Sul Facebook del padre, gioielliere di Valmontone, c’è una foto con lei e la madre di animalier vestita e con unghie sbrilluccicanti (mai una sorpresa estetica, nel mondo di mezzo). Non ci sono indizi del perché Maria Sofia ci tenga tanto a rendere socialmente accettato l’incesto. Per inciso, dalla furia dibattente su Twitter emergono due dettagli interessanti. Uno è il sempre fantasioso rapporto dei commentatori social col codice penale («La pedofilia non è reato», ci spiegano). L’altro è che c’è un’intera generazione che non ha mai non dico letto Freud ma neanche visto la costa di “Totem e tabù” su uno scaffale: tutte scrivono «taboo», tutte sono convinte sia una parola straniera.

Lo so, non vi ho spiegato delle ascelle. Come molte ragazze che si definiscono «militanti», la Federico ha fino a molto di recente trattato il non depilarsi le ascelle come messaggio politico. Cinquant’anni dopo Patti Smith e venticinque dopo Julia Roberts, la generazione per cui tutto avviene per la prima volta solo quando avviene sui suoi social ha inventato il tenersi le ascelle pelose come gesto controcorrentista. Trascrivo dal video di TikTok sulla notiziabile depilazione: i peli sotto le ascelle erano un’istanza contro il «disgusto soggettivo che molta gente per la nostra cultura religiosa ha interiorizzato» (la ceretta, un business che non attecchisce tra le atee).

Qualche giorno fa ella decide di depilarsi «per fare il cash» (sì, ha messo in vendita i peli, che inspiegabilmente non chiama fuzzies; certo che c’è chi li compra: siamo l’epoca più stupida di sempre, vorrete mica che gli unici svegli siano i pervertiti?).

Il gesto, ci spiegano gli articoli scritti sul tema e i video TikTok che accorrono a spiegare, implica vari livelli di piattaforma politica. Maria Sofia ci sta dicendo che non c’è niente di male a tenere i peli ma non c’è neanche niente di male a depilarsi: accettazione. Maria Sofia devolverà il ricavato dei peli a un canile: animalismo.

Lei stessa didascalizza la questione, in apposito video in cui il canile è «un santuario che protegge le specie non umane». Dice che lei è sempre stata a favore della «possibilità di scegliere per il proprio corpo» (volevamo l’aborto depenalizzato, abbiamo ottenuto di poterci non passare il rasoio sotto le ascelle senza che venga meno il diritto a ottenere commenti «sei bellissima» sotto le foto che pubblichiamo).

Lei e la tizia che l’ha depilata (è una generazione emancipata, ma non abbastanza da passarsi il rasoio da sola) ci spiegano che vogliono anche stigmatizzare chi considera dei poveretti i compratori di peli, «quando loro sono i primi a gettare migliaia di euro per acquistare orologi di lusso e macchine sportive». In effetti coi soldi che ho dato a Hermès potevo collezionare peli. (Sono così poco presentista che mi viene in mente il protagonista di “A comédia de Deus”, invece di venirmi in mente OnlyFans).

Poiché, se vive di presentismo Google, figuriamoci gli articolisti, essi usano tantissimo la parola «sempre»: Maria Sofia ha sempre sostenuto che, Maria Sofia si è sempre posizionata come. Sembra che parlino di Betty Friedan, invece che di una ragazzina che ha i compiti in classe. Sempre quando?, di grazia, considerato che ha diciott’anni.

Questa è la cronaca d’una sconfitta, di centinaia di milioni di lire spesi nel secolo scorso per farmi studiare, che hanno come esito il mio trascorrere un pomeriggio a cercare spiegazioni dell’asta dei peli di una diciottenne, col risultato che ora l’algoritmo mi mostra solo video di tizie orgogliosamente pelose, e io lo so che alla loro età ero persino più scema di così (ero molto depilata, ma ogni epoca ha la sua valvola di scemenza), e che non è colpa loro.

È colpa di chi ha creato un mondo in cui più nulla avviene di nascosto, e tra vent’anni le adulte passeranno le giornate a cercare di far sparire le prove del loro aver avuto diciotto scemissimi anni. Io, per allora, spero di aver rinunciato a ogni connessione, modernità, tecnologia – con la sola eccezione del laser per la depilazione definitiva.

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