Geometrie di libertàL’anima di Hedi Mertens tra arte concreta e astrazione

Fino al 15 ottobre, al Museo MASI di Lugano, si potrà ammirare una selezione di opere per ripercorrere lo sviluppo artistico di una pittrice dalla personalità estremamente versatile, ancora poco nota al grande pubblico

Courtesy of MASILugano

Una piccola antologia di oltre trenta dipinti ci introduce alla sensibilità di Hedi Mertens (1893 – 1982), pittrice poliedrica e sperimentale che ha fatto della conoscenza teorica un trampolino di lancio per esplorare nuove realtà. La carriera come artista comincia piuttosto tardi, negli anni Sessanta, all’età di 67 anni. In quel periodo si trasferisce in Ticino, prima a Solduno e poi a Carona, e inizia a dipingere con costanza, cullata dalla quiete dei piccoli paesi elvetici.

La produzione artistica di Mertens, però, lascia trasparire le tracce di una vita impegnata, fatta di studio e approfondimento, di contaminazioni culturali, di viaggi esotici e sperimentazioni. Partendo da una formazione pittorica classica, la pittrice si fa ispirare dalle teorie compositive di artisti e intellettuali vicini all’astrattismo e all’arte concreta svizzera, assimilandole e riproponendole nelle sue opere in una «variante poetica». Un universo fatto di elementi geometrici, strutture quantistiche, quadrati disposti in progressione, fitti reticolati e rotazione delle tele, che guardano all’arte di Camille Graeser, Max Bill, Verena Loewensberg e Richard Paul Lohse, a cui nel 1951 scrive «Ich male Bilder den Ihren verwandt aber nur in Traum! (dipingo quadri simili ai suoi, ma solo in sogno!).

Hedi Mertens, Sequenza diagonale di quadrati con triangoli scuri, 1976, Olio su tela (courtesy of MASILugano)

Nei primi dipinti l’artista riprende i fondamenti dell’astrazione geometrica. Attraverso la figura del quadrato sperimenta infinite possibilità combinatorie, dettate dalla logica, ma combinate con l’intuizione di una certa libertà che verrà descritta dalla storica dell’arte Ludmila Vachtovà come «una simbiosi di rigore quadrato e di cromaticità intuitiva». Improvvisando tinte e contrasti cromatici guidati esclusivamente dalla propria sensibilità, il colore diventa infatti l’elemento prescelto per evadere da regole e schemi.

Hedi Mertens, Unità quadrilatere uguali si incontrano in un quadrato centrale, 1969, Olio su tela (Courtesy of MASILugano)

Alla costante ricerca di nuovi spunti e fresche soluzioni formali, Mertens brevetta composizioni innovative, come per esempio la suddivisione della tela attraverso elementi a “L” o come anche il quadrato nel quadrato, che diventa una cornice interna al dipinto.

Un capitolo importante è segnato dal periodo di residenza a Bünishof, dove la pittrice vive insieme al secondo marito. Negli anni Trenta, la villa nella periferia zurighese diventò infatti un luogo di contaminazione artistica, un punto di ritrovo e di condivisione di idee per intellettuali, che accolse personalità di spicco come Carl Gustav Jung e Herman Hesse. La produzione artistica successiva verrà influenzata anche dal contatto con il santone indiano Shri Meher Baba e un viaggio di due anni nel subcontinente indiano, a cui rimarrà fortemente legata.

Nella fase finale dei suoi lavori, Mertens recupera uno stile più semplice, personale e meditativo, come se il trasferimento in svizzera le avesse dato il tempo necessario per rallentare e per esplorare una dimensione più mistica e raccolta. Un tempo sospeso in cui il bianco si appropria dello spazio sulla tela, diventandone protagonista indiscusso e spingendo le forme ai margini. La tavolozza si raffredda e propone tonalità più scure e luminose, accompagnate dalla solennità di tinte opache. I dipinti di Mertens sono quindi il suo diario di viaggio: le riflessioni, le esperienze e la maturazione personale si ritrovano nei suoi quadri, testimoni silenziosi di una vita vissuta per l’arte.

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