Solo vino C’è un nuovo stile in Franciacorta

In occasione della degustazione verticale di dieci annate di Villa Franciacorta, abbiamo colto le novità stilistiche - e forse filosofiche - alla base di una nuova visione del mondo del vino tra Bergamo e Brescia

Da sinistra Angelo Divittini (Enologo), Nicola Bonera, Roberta Bianchi, Paolo Pizziol, Alessandro Gobbetti (Enologo)

Villa Franciacorta è da sempre uno dei riferimenti dell’enologia della zona che più di ogni altra ha saputo costruire intorno al vino un percorso esperienziale, una realtà strutturata, un grande percorso di turismo che parte dal calice e arriva alle cantine, e coinvolge il territorio intero, diventato nel tempo fulcro dei viaggi degli appassionati per la qualità dell’offerta e per la decisa spinta verso il turismo esperienziale.

In questo borgo restaurato da una famiglia determinata e coesa, si scoprono spesso chicche speciali, che diventano riferimenti per chi viaggia alla scoperta del mondo del vino. E proprio in occasione di una degustazione verticale, che ci ha portati dal 2000 al 2018, abbiamo colto le novità, e assaporato i cambiamenti che nel tempo hanno accompagnato la zona e questa cantina nello specifico. Come sempre avviene quando hai nel bicchiere diverse annate dello stesso vino, il gioco è quello di scoprire come incide il tempo su questi manufatti dell’uomo in sinergia con la natura, ma anche come è cambiato il clima nei diversi anni.

E se prendiamo i due opposti della scala temporale, scopriamo quanto il cambiamento non sia solo un’idea. Il 2018, infatti, ci racconta di un’annata ricca di risorse, poiché la vite era reduce della funesta annata 2017 in cui, a causa di una forte gelata, perse tutta la produzione. Durante tutta la stagione 2017 le piante lavorarono, accumulando riserve che avrebbero poi utilizzato nel 2018 tanto che quest’ultima si presentò ricca di produzione e con grande equilibrio vegeto-produttivo.  Le temperature medie annuali furono leggermente superiori alla media ventennale ma garantendo costantemente ideali escursioni termiche giorno/notte. I vini ottenuti sono estremamente ricchi e complessi con buona freschezza e longevità.

Il 2000 dal canto suo ci racconta anch’esso di un’annata eccezionale, sia per la qualità organolettica che per lo stato sanitario delle uve. C’era un clima molto caldo, pur con la giusta piovosità, che ha permesso una perfetta maturazione delle uve, leggermente anticipata. Nonostante la gradazione oltre la media, si è mantenuta un’ottima acidità.

La ventisettesima edizione di questa verticale, che per Villa Franciacorta è uno dei momenti “cult” dell’anno, ci ha fatto capire due cose importanti. La prima, è un nuovo stile che qui sta prendendo sempre più piede ma che in effetti sta diventando un mantra generale di tutta la zona: se la spumantizzazione, finora, è sempre stata il fine, oggi possiamo pensare sia invece un mezzo, per arrivare alla chiara espressione territoriale del vino rispetto a dove viene prodotto.

Anche in questo piccolo lembo di terra, storicamente diventato riferimento, quello che conterà sempre di più d’ora in avanti saranno le parcelle, le microzone, ma soprattutto la perfetta espressione di queste nel bicchiere. Sarà quindi sempre più importante, per i produttori, lasciar fare alla vigna, e intervenire il meno possibile in cantina, con meno interventi ma anche con meno tagli e cuvée più pensate e meno “ricche”, così che arrivi in bottiglia l’autenticità del luogo, ancora prima che lo stile dell’azienda.

Cosa significa, in vigna? Avere uve sempre più buone, in grado di rispondere con resilienza al cambiamento climatico che qui si fa sentire, e parecchio. Meno omologazione, più ricchezza e biodiversità, che per esempio da Villa Franciacorta è perfettamente rappresentata proprio per la lungimiranza del fondatore, che ha sempre dato grande peso al bagaglio genetico delle sue viti, enorme e vero patrimonio da difendere e da far proseguire il più a lungo possibile nel tempo.

La scelta del biologico, in questo senso, non è mai stato un viatico per migliorare la qualità dell’uva (che invece è una conseguenza di una vigna sana), ma un modo per preservare quanto più possibile il terreno, e le piante, così che fossero pronte a resistere al cambiamento climatico e capaci di arricchire il suolo.

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