E ora, cari pacifisti immaginari, ancora insisterete sulla mitica trattativa con lo Zar del Cremlino? Lasciamo stare Alessandro Orsini ai suoi deliri che nemmeno sono più seguiti sulla trasmissione (in grande difficoltà forse anche a causa sua) di Bianca Berlinguer. Ma che dicono Maurizio Landini, Marco Travaglio, Moni Ovadia, Giuseppe Conte? E, a modo suo, Elly Schlein? Ora che il cardinal Matteo Zuppi, come previsto, non ha portato a casa niente di politicamente rilevante, ora che il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha detto chiaro e tondo che «non ci sono decisioni specifiche o accordi» e che «non ci sono le condizioni per una pace negoziata», secondo i nostri autoproclamatisi pacifisti che cosa bisognerebbe fare?
Da sedici mesi, cioè dal 24 febbraio dell’anno scorso quando i carri armati russi entrarono in Ucraina per la famigerata operazione speciale, sentiamo dire dai Nicola Fratoianni di turno che «occorre un maggiore protagonismo europeo» (sottinteso: a differenza degli Stati Uniti) per favorire una «pace giusta» o «equilibrata», come la chiama Matteo Salvini.
L’Occidente, pur con una significativa differenza di sfumature da parte di Emmanuel Macron, per fortuna ha capito subito che non c’erano alternative al sostegno militare, economico, politico e morale a Kijiv. Questa linea oggi trova una clamorosa conferma – se volete: purtroppo – proprio dalle parole di Peskov, nessuna trattativa è possibile.
Ce la ricordiamo la manifestazione del 5 novembre 2022 a San Giovanni? Certo, si esprimeva la condanna dell’invasione russa, e ci mancava pure, ma si chiedeva anche un negoziato (ma quando, dove?) e «la riduzione delle spese militari e l’eliminazione delle armi nucleari a favore di investimenti per combattere le povertà, favorire la transizione ecologica, garantire un lavoro dignitoso», come disse Landini. C’era pure Enrico Letta quel giorno, ma almeno lui aveva una posizione netta, e infatti fu fischiato. Molto più di quella di Elly Schlein, che non sarebbe contestata. E l’avvocato Giuseppe Conte da mesi e mesi lucra facili consensi all’insegna della demagogia contenuta nella frase precedente – meno spese militari, più lavoro – quando agli ucraini occorrono armi, munizioni, intelligence.
Anche importanti settori del mondo cattolico, a partire dalla Comunità di Sant’Egidio, facevano e fanno parte di questo movimento per la pace nel quale non sono stati secondari veri e propri assalti all’immagine del presidente Zelensky, e si sa che Sant’Egidio gioca un ruolo fondamentale nella politica estera della Chiesa, e che lo stesso Cardinale Zuppi è molto sensibile alle sue istanze. Tanto che il presidente della Cei parteciperà il 4 luglio alla presentazione del nuovo libro di Andrea Riccardi alla presenza nientemeno che di Donatella Di Cesare, uno dei volti più noti del pacifismo antiucraino.
Zuppi va comunque ringraziato per l’impegno profuso e che speriamo porti più in là ad una soluzione del dramma dei bambini ucraini deportati in Russia, ha tentato di incontrare i vertici dello Stato russo ma è stato gentilmente fatto accomodare alla porta. C’è da chiedersi se non sia uno smacco per il Vaticano, se abbia avuto troppa fiducia in una missione impossibile, o se abbia fatto un tentativo sapendo che sarebbe praticamente fallito. In ogni caso, anche questa pagina si chiude fornendo la prova provata dell’inesistenza di spazi di trattativa. Adesso sarebbe giusto se il pacifismo antiucraino tacesse almeno per un po’. Anche perché non sa più che dire.