Città o testi di architettura?
Città di fondazione: Pomezia, Latina, Sabaudia. Vale a dire insediamenti urbani nati per volontà politica, tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, come risposta autarchica e innovativa del Regime Fascista al Modernismo e al Razionalismo delle grandi archistar straniere del tempo, come Gropius e Le Corbusier. Città nuove, insomma, che, grazie a un progetto urbanistico ambizioso, furono fondate, dopo un ciclopico lavoro di bonifica, là dove c’erano le paludi dell’Agro Pontino. I segni della redenzione (così era definita la bonifica nell’enfatizzante vocabolario mussoliniano) sono ancora oggi ben visibili: canali, muretti di contenimento, idrovore. E, poi, uno schema urbanistico geometrico, tipico di una (modernissima) città giardino, con larghe piazze scenografiche, viali ampi, parchi e zone verdi, torri imponenti, edifici pubblici dalle architetture squadrate e dalle facciate regolari e severe.
Pomezia, la porta di accesso al Territorio Redento
Alle propaggini dei Colli Albani, Pomezia nasce dal nulla in poco più di un anno come borgo rurale a vocazione agraria, con abitazioni, servizi e spazi adeguati ad accogliere i coloni che arrivano da ogni parte d’Italia. Secondo i dettami del Regime, la progettazione doveva rispettare inderogabili principi costruttivi: semplicità delle linee, coerenza con le caratteristiche storico-estetiche regionali, utilizzo di materiali costruttivi italiani e locali (travertino, tufo, lastre di peperino). Ed eccolo, allora, il centro storico di Pomezia: geometrico e monumentale, con prospettive oversize e dilatate, con porticati, ripetizioni seriali di elementi architettonici: insomma, un look austero, solenne e lineare che si ribadisce negli edifici di carattere simbolico come la Casa Comunale, la Torre-Serbatoio, l’Edificio delle Poste, la Chiesa (dedicata a un santo italianissimo come San Benedetto), la Casa del Fascio e la Scuola-GIL.
Oggi, custode della storia cittadina è il Museo Città di Pomezia Laboratorio del Novecento con testi, immagini, filmati e documenti che ricostruiscono e raccontano il passato di Pomezia dall’anno della sua progettazione fino alla sua fortuna industriale. Pomezia esibisce (come tutto l’Agro Pontino, d’altronde) il fascino della complessità culturale, anche a tavola: alle famiglie ciociare già presenti in loco si aggiunsero, infatti, negli anni della bonifica, le famiglie provenienti dal Veneto, dal Friuli, dall’Emilia, dalla Campania, dalla Sicilia. I coloni portavano le loro tradizioni e le loro specialità che, inevitabilmente, si adattavano ai prodotti del territorio. Esempio tipico è un piatto che si ritrova sulle tavole pontine vale a dire la polenta con carne di bufala brasata in un sugo di pomodoro, un perfetto mix di storie e di cultura oltre che di sapori.
Uliveti e vigneti, caseifici e forni: nel territorio dell’Agro Pontino sono tanti i prodotti gastronomici da scoprire. Frutti di campagne generose, di tradizioni contadine e ricette tramandate da generazioni di pescatori: dalla Riviera di Ulisse (il litorale che dista da Pomezia una decina di chilometri) arrivano ricette marinare antiche dal sapore unico, che si sposano con una cucina di terra gustosa, sincera, no frills. Da provare, per esempio, nei locali rusticamente naïf di Daroma, tra la tenuta di Castelporziano e le strade che portano verso il mare: qui il menu è localissimo (porchetta, amatriciana) con qualche suggestione marinara (gnocchi – homemade – alla pescatora, pasta di casa con cozze e pecorino o con porcini e mazzancolle).
Latina aka Littoria
Da centro rurale a capoluogo di provincia, il destino di Littoria (oggi, Latina) era già scritto nel suo oroscopo. Come in un grande Lego Razionalista, la città dai marmi bianchi nasce in pochi anni come illustra l’artista Duilio Cambellotti in un gigantesco dipinto – “La Redenzione dell’Agro” – conservato nella Sala Consiliare del Palazzo della Prefettura. Tutte le fasi della fondazione di Littoria, da quando gli acquitrini malsani erano regno incontrastato delle bufale fino al brillare del marmo nei palazzi squadrati, sono mostrati anche nei bozzetti del ciclo pittorico custoditi nel museo (dedicato a Cambellotti) che ha sede nell’Edificio dell’Ex Opera Balilla e che conserva altre opere dell’artista (scultore, pittore, illustratore, scenografo, grafico e designer), i disegni originali dell’architetto Frezzotti che testimoniano la progettazione e la nascita di Littoria, i fondi fotografici dedicati alla Bonifica Integrale delle Paludi Pontine.
Ma il fulcro del sistema radiocentrico della città è Piazza del Popolo, con gli edifici simbolo del Regime: la Casa del Fascio e l’Opera Nazionale Dopolavoro (oggi Circolo Cittadino), l’Albergo Littoria, il Palazzo comunale con la Torre Civica. Più defilato, invece, il cosiddetto Palazzo M (la pianta dell’ex Casa del Fascio riproduce la M di Mussolini): l’edificio faceva parte di un progetto più ampio, il Foro Mussolini, poi abbandonato a causa della guerra. Anche a Littoria, ovviamene, le sorprese gastronomiche non mancano. A partire dalla mozzarella di bufala, vero e proprio oro bianco della città e del suo hinterland da secoli: si sa con certezza che le bufale erano presenti nell’Agro Pontino già nel Medioevo e una bolla papale imponeva alla famiglia Caetani (feudatari di questi terreni) l’allevamento delle bufale nei loro territori. La si trova, per esempio, al Caseificio Feudo, insieme a burrate, caciotte, nodini, stracciatelle e ricotta.
Gli amanti del bere bene non si devono perdere, invece, una suggestiva Strada del Vino che attraversa tutta la provincia, dai Monti Lepini giù giù fino al litorale di Sabaudia: nel corso dell’itinerario troveranno rudi paesaggi rurali ma anche appassionati wine maker come quelli della Cantina Santa Maria e dell’Azienda Marco Carpineti che racconteranno le loro bottiglie con passione e faranno degustare vini di alta qualità nati da vitigni autoctoni come la Malvasia Puntinata, il Greco Moro, il Nerobuono e il Bellone.
Uno shopping goloso comme il faut non può mancare da Prodotti Pontini, vero e proprio bazar del gusto dove trovare il meglio del paniere pontino: dal prosciutto di Bassiano (leggermente affumicato al legno di faggio) all’Evo Colline Pontine Dop (da varietà Itrana, conosciute anche come Olive di Gaeta se usate come olive da mensa), dalle caciotte stagionate alle Olive Nere Grinze.
Da Latina, il mare dista solo una decina di chilometri e allora perché non farsi tentare da una cucina che coniuga mare e terra? La si prova da Geena, che propone abbinamenti insoliti come il gambero viola di Ponza servito con il guanciale di Bassiano, oppure il polpo cotto a bassa temperatura abbinato ad una vellutata di fave e fonduta di pecorino, o ancora un risotto con ricci, stracciatella di bufala e aceto di kiwi.
Il kiwi de noantri
Già il kiwi. Quello dell’Agro Pontino è un territorio che dagli anni ’70 si è contraddistinto per la coltivazione dell’Actinidia deliciosa, tanto da essere soprannominato la piccola Nuova Zelanda: qui il kiwi cresce e matura che è una bellezza e ha ottenuto il riconoscimento di certificazione Igp. È proprio nel territorio di Latina che nasce L’Agro del Kiwi, start up innovativa che è riuscita a creare un prodotto nuovo e originale: l’aceto di kiwi. Partendo dall’aceto, poi, sono state create anche altre tipologie di prodotti: dai condimenti agrodolci e dolci (confettura di aceto di kiwi e glasse di aceto) ai cioccolatini, alle ciambelle e ai taralli.
Sabaudia, a casa di Circe
La vista dalle sue piazze è quella sulla Selva di Circe (ricordate l’Odissea e l’avventura di Ulisse&Co?) ma Sabaudia è un altro prezioso gioiello dell’architettura razionalista, capolavoro di quattro giovani archistar dell’epoca, tutti alfieri del Movimento Italiano per l’Architettura Razionale. Anche qui, come a Pomezia e a Latina, piazze squadrate e oversize, forme architettoniche lineari, viali larghi come boulevard e affiancati da giardini e parchi. E anche a qui, come a Pomezia e Latina, il cuore cittadino batte in una piazza spettacolare (Piazza del Comune) dove i testimonial della meglio architettura modernista sono snocciolati con una discrezione implacabile: il Palazzo Comunale con la (immancabile) Torre Civica, l’ex Casa del Combattente che riporta sulla facciata il bollettino della vittoria firmato dal generale Diaz, l’ex Casa del Fascio, i locali dei Sindacati e del Dopolavoro. Tutto illuminato, dal tramonto in poi, con i lighting design di Vittorio e Francesca Storaro.
Per cena, a Sabaudia, si va da Buccia, giovane trattoria che si nutre di vecchi ricettari e che propone una cucina nazional-popolare contraddistinta dalla selezione di piccoli produttori e presidi Slow Food della zona. Chiaro, quindi, il Dna pontino nella selezione di affettati e formaggi e nelle proposte di carne che vedono la bufala onnipresente: nel carpaccio, nelle fettuccine condite con un ragù bianco, nello stracotto con crema di carote e cipolla agrodolce, nel cannolo farcito di ricotta di bufala, cioccolato, arancia candita.
Daroma Cucina e Bar
Via Campo Ascolano, 1 – Pomezia (Rm)
Geena Bar & Comfort Fodd
Via Custoza 2 – Latina
Buccia Trattoria
Via Litoranea Km 20.600 n.10668 – Sabaudia (Lt)