«Tutti sapevano che il reddito di cittadinanza doveva interrompersi. La stessa misura, quando è stata creata, doveva essere temporanea, per incrociare tra domanda e offerta di lavoro. Ma non è avvenuto perché è diventata una misura elettorale che costava dieci miliardi all’anno». A parlare con La Stampa è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, proprio nel giorno in cui si attendono sit-in e proteste contro il taglio dell’assegno.
Una giornata che la ministra del Lavoro Marina Calderone si aspettava. Oggi incontrerà l’Anci, l’associazione dei sindaci, per spiegare che oltre 160 mila famiglie da domani restano senza reddito di cittadinanza, come prevede la legge per gli adulti tra 18 e 59 anni senza figli minori o disabili, dopo sette mesi di fruizione del sussidio che finiscono oggi. Un caos scatenato dall’sms di avviso dell’Inps che con quel «in attesa di eventuale presa in carico dei servizi sociali» ha indotto le famiglie a pensare di potere essere in qualche modo “ripescate” e di rientrare nel reddito. Ma non succederà, spiega la stessa Inps, se non per casi limite in cui si certifica il disagio e l’impossibilità di lavorare.
«L’importante è il cambio di filosofia», dice Ciriani. «Non è più basata sul patto, “ti lascio a casa e tu in cambio mi voti”, ma si aiutano le imprese ad assumere i giovani e chi non lavora. Chi non può lavorare viene assistito, ma chi può è giusto che lavori, perché solo così una persona ha la sua dignità. Noi non torniamo indietro». Ma, aggiunge rivolgendosi alle opposizioni, «è pericoloso agitare la piazza. I Cinque stelle hanno creato un’enorme leva elettorale, assegni vitalizi per ottenere voti. Un sistema viziato alla base. E se qualcuno lo difende evocando la piazza si comporta in maniera irresponsabile».
Ciriani se la prende con l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico: «La sua gestione di questi anni è molto lacunosa. È evidente che ci sono state, intorno al reddito di cittadinanza, montagne di ruberie e scandali. Chi doveva vigilare?». Da qui la richiesta di una commissione d’inchiesta anche sul reddito di cittadinanza.
Una mossa quella del governo Meloni che, secondo il leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, è un atto di «bullismo politico». Conte approvò il sussidio quando era al governo con la Lega di Matteo Salvini che ora lo contrasta. «È una guerra ideologica condotta sulla pelle dei più deboli», dice, «un disastro sociale, una vendetta contro il Movimento che però pagano gli italiani». Conte, in un’intervista a Repubblica, prevede il peggio dopo la decisione del governo di mettere in pratica la sforbiciata. L’invito è a convocare d’urgenza un consiglio dei ministri per rinviare il taglio «ed evitare che la rabbia di famiglie disperate prenda il sopravvento».
Un’inchiesta della Corte dei Conti sui mancati controlli per il reddito di cittadinanza avrebbe messo nel mirino Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, l’ente che eroga il reddito. L’indagine è partita a novembre da un esposto anonimo. Nel frattempo la denuncia avrebbe ricevuto un’integrazione e il dossier è arrivato anche alla procura della Repubblica di Roma, dove si ipotizzano i reati di abuso d’ufficio e di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Secondo le carte di cui parla La Verità, l’accusa nei confronti di Tridico è di aver utilizzato strumentalmente l’Inps come un bancomat a fini politico-elettorali come agenzia di propaganda del Movimento Cinque Stelle.