Tra arte e artigianatoCome dare un futuro all’eccellenza sviluppando talenti locali e network mondiali

Dal 2015 LVMH Métiers d’Art investe nel talento di produttori e di artigiani, facendo da ponte tra i brand, i creativi e le aziende

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Trasparenza, innovzione, circolarità economica. Sono le parole d’ordine di LVMH Métiers d’Art. E occorrerebbe aggiungerne altre tre: giovani, futuro e globalità. Da otto anni, infatti, questo network unico al mondo si occupa di salvare, proteggere e diffondere le antiche tecniche di lavorazione della manifattura, dai metalli alle pelli, dai tessuti ai prodotti agricoli. In giro per il mondo, puntando sulle nuove generazioni. Oggi siamo cinquemila persone in cinque diversi continenti e, al netto di settecento milioni di fatturato, siamo una comunità internazionale di artigiani e di imprenditori.

LVMH Métiers d’Art è un sistema creato nel 2015 dal Gruppo LVMH (il colosso francese del lusso, ndr) che raggruppa e investe nel talento di produttori e di artigiani, facendo da ponte tra i brand, i creativi e le aziende stesse. In questo modo si crea lo spazio per un’implicita e animata discussione che porta alla luce le necessità dei comparti e le proiezioni sulla produzione al di là di una semplice “stagione moda”.

Per mantenere e incoraggiare una realtà del genere, che si basa su investimenti strategici sulla supply chain, è necessario selezionare ciò che di meglio hanno da offrire i vari settori in termini di creatività e di qualità. Lo sguardo è sempre puntato all’eccellenza. L’ultima acquisizione, in Giappone, prevede una partnership commerciale con Kuroki Co., leader mondiale nella produzione di denim, che tinge i capi con i fiori naturali indaco raccolti vicino ai letti dei fiumi oppure con i semi di cachi, al fine di ottenere una colorazione naturale di volta in volta blu o beige. Ecco, in questo caso il “saper fare” è talmente specifico, inusitato e storico, che si esprime da solo: consiste in una nicchia di mercato da proteggere.

In un caso simile, interveniamo affiancando i nostri marchi al prodotto, in modo da assicurare una prosecuzione e un destino a un’attività che altrimenti morirebbe insieme al suo fondatore, che oggi ha settantacinque anni.

Ogni azienda è unica e lo stesso vale per ogni prodotto che la rappresenta, ma occorre affiliarsi per crescere. Gli artigiani con cui abbiamo a che fare hanno problemi di successione generazionale: i figli non vogliono necessariamente fare lo stesso lavoro dei loro padri. Oppure necessitano di una leva finanziaria per proseguire. O, ancora, hanno prodotti straordinari ma mancano di sensibilità ambientale e di investimenti. Noi arriviamo a sostenerli, troviamo soluzioni che possano partire sempre da ciò che vogliamo fare insieme, da cosa vogliamo ottenere in un arco temporale determinato. Solo così si creano sinergie tra realtà diverse e si alimenta una rete virtuosa dove avvengono scambi culturali e di know how: non è raro, per esempio, che ciascun produttore di pelli pregiate possa condividere la sua ricetta conciaria con altri che gli restituiranno qualcos’altro, e così via, perché le competenze si tramandano diramando innovazione.

Le nuove generazioni, una volta, entravano all’interno di un’azienda e invecchiavano svolgendo la stessa identica mansione per tutta la vita lavorativa. Questa credenza di staticità è ancora oggi molto diffusa. Métiers d’Art promuove una prospettiva di carriera dinamica. Si inizia da una conceria di Santa Croce e si può finire a lavorare come produttori di esotico a Singapore.

Le basi su cui avviene un possibile trasferimento sono, ancora una volta, merito e passione. In base a specifiche richieste di miglioramento, partono le selezioni. Abbiamo ragazzi in giro per l’Australia, per la Spagna, per l’Asia. Ma è un passaggio che avviene anche tra coloro che sono vicini alla pensione. È giusto che chi ha carriere corporate vada a vedere che cosa avviene dietro ai prodotti di cui si occupa, e viceversa. Formiamo, sviluppiamo le persone oltre a ciò che sono in grado di fare o di dare al momento. Il flusso in entrata e in uscita è continuo e costante.

Ogni volta che acquisiamo un’azienda, l’età media di solito si riduce dai quindici ai vent’anni. Alla fine del 2022 abbiamo acquisito una partecipazione in una piccola azienda italiana che contava venticinque dipendenti: l’età media si era stabilizzata intorno ai cinquantadue anni. Il Ceo oggi è una ragazza che ne ha trentadue e l’età media generale è di ventotto anni.

Solo con l’idea di modernità si attirano nuovi talenti, ma per raggiungerli bisogna passare anche dalle scuole: un ramo del gruppo si occupa specificatamente di talk point nelle sedi scolastiche locali e di comunicazione trasversale e dinamica che possa raggiungere le nuove generazioni quando ancora la scelta per il proseguimento del percorso formativo non è stata definita.

Perché assistere dal vivo alla fattività di chi opera e tratta le materie prime, ascoltare gli esperti e i vertici di un universo percepito per la maggior parte dei casi come misterioso, patinato e distante, ma anche sottoporsi a una formazione costante, per noi non è solo una fonte di reddito, ma anche di visione e la visione non può non comprendere una parte fondamentale di formazione ai giovani talenti del saper fare di cui il nostro mondo è davvero ricco.

In dieci anni vorremmo posizionare realtà industriali all’interno dei centri abitati, molto vicino alle città. Perché solo così potremo coordinare l’industria, associandola alla sostenibilità. Per noi sostenibilità vuol dire bilanciamento. Non solo tra animali, uomo e ambiente, ma anche tra edilizia, riduzione dei consumi, riutilizzo di acqua e prodotti chimici. Stiamo mettendo a punto nuovi investimenti per rivoluzionare le aziende che selezioniamo.

In questo senso, l’ingresso nel Gruppo Nuti Ivo, storica conceria italiana, tra i maggiori leader del settore conciario internazionale, è un passo in questa direzione: anno dopo anno si è specializzato nei processi di concia vegetali, espandendosi come un ecosistema funzionante e funzionale sul territorio d’origine, quello toscano, ma esportando in tutto il mondo. E lo è anche il recente accesso al programma LIFE 360 di LVMH, che evidenza obiettivi e priorità strategiche per giungere alla condizione di bilanciamento e di equilibrio circolare. I prodotti di lusso sono fatti per durare: riciclarli, renderli tracciabili, reperibili e accessibili è parte integrante del programma e un diritto del cliente, che da noi si aspetta, appunto, eccellenza.

Sarà un successo solo se saremo davvero in grado di creare una nuova generazione che tornerà a interpretare queste professioni con successo, il che non significa appunto abbracciare per forza percorsi di carriera manageriale. Basti pensare agli allevamenti: sviluppiamo microeconomie in Paesi dove non ci sono molte chance esistenziali o lavorative. La nostra struttura diventa un polo circolare dal quale si diramano possibilità, energia, occupazione. È successo in Africa, nello Zimbabwe, dove la nostra farm pilota ha creato intorno a sé un indotto di duemila e più persone che sopravvivono grazie a essa. L’acqua viene riciclata per i sistemi di irrigazione, il legname è servito a costruire le case. Abbiamo fondato scuole specializzate, in partnership con onlus locali, per incentivare le expertise locali, dal ricamo alla cucitura.

Io mi sono formato in Asia, ho lavorato alcuni anni per un grande marchio cinese. Quando mi hanno offerto questa opportunità ho accettato perché penso che la battaglia per la sopravvivenza del settore del lusso sia in gran parte nella supply chain. Il termine “lusso” equivale a prodotti di alta qualità. E non si crea no prodotti di alta qualità senza maestria, senza know how. Se non riusciremo a capirlo, a mantenerlo, a promuoverlo, a gratificarlo, non riusciremo più a produrre.

Quello che va sottolineato è che questo progetto non ha ambizioni di “proprietà” o di appropriazione, anzi, al contrario, la ragione principale per cercare di non operare acquisizioni ma partecipazioni nelle aziende artigianali di prestigio è proprio dovuta al fatto che la concezione, l’ideazione e la pianificazione dell’esecuzione di un prodotto debbono essere unico appannaggio della creatività degli artigiani. Innovare in modo sostenibile non è facile. Barriere culturali, geografiche o semplicemente diffidenza al cambiamento sono la nostra sfida quotidiana, ma puntiamo sulla saggezza artigiana che va tramandata alle generazioni future e il nostro sforzo è ogni giorno pensare global, ma restare local.

Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine, con gli articoli di Big Ideas del New York Times. Si può comprare già adesso, qui sullo store, con spese di spedizione incluse. In edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia dal 15 luglio.

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