Utopie ragionevoliIl progresso è un concetto multidimensionale

In “Il potere. Una prospettiva riformista”, edito da Laterza, Alessandro Roncaglia racconta come lo sviluppo coinvolge l'evoluzione umana potenziale, la crescita delle conoscenze tecniche e il miglioramento della qualità della vita. Tuttavia, esso può essere limitato dall’inefficiente utilizzo delle nuove tecnologie e dalla mancata difesa dell'ambiente, che minacciano il cammino verso un futuro davvero civile

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Come la nozione di potere, anche quella di progresso è multidimensionale. Gli indicatori di sviluppo umano, richiamati sopra, rilevano le principali componenti di tale nozione: quella economica, corrispondente al reddito medio pro capite ma che include anche una sua distribuzione sufficientemente egualitaria e la sua sostenibilità ambientale; quella sanitaria (aspettativa media di vita alla nascita, morbilità, mortalità infantile); quella culturale (analfabetismo, grado medio di istruzione, e simili). Lo sviluppo della tecnologia interessa tutti questi aspetti, soprattutto i primi due. Sulla base del fatto che le acquisizioni scientifiche si cumulano nel tempo, sembrerebbe di poter affermare che l’umanità segue una strada di continuo progresso verso livelli più elevati di sapere e di qualità della vita, nei suoi diversi aspetti. Tuttavia, le cose non sono così semplici.

Innanzitutto, conviene distinguere tra il potenziale di progresso e il progresso realizzato. La crescita delle conoscenze scientifiche riguarda il primo aspetto, ma può essere utilizzata parzialmente o in modo imperfetto o prendere direzioni nocive, ad esempio costruzione di armi sempre più micidiali. Un conto è la disponibilità di nuova tecnologia, un altro conto è il suo utilizzo. In economia si parla a questo proposito di X-inefficiency (Leibenstein 1966), e si calcola che le imprese operino in media con una produttività che è circa la metà della massima possibile. Lo stesso avviene per l’istruzione o per la cura delle malattie: ammesso, e non concesso, che in questi casi sia possibile misurare l’efficienza delle prestazioni. Ancor più difficile è valutare il grado di democrazia o di civiltà di un paese; ma anche per questi aspetti credo si possa tranquillamente assumere che si sia mediamente ben lontani da una situazione ottimale. Il progresso, quindi, può essere concepito in due modi: come spostamento in avanti della frontiera del possibile, o come avvicinamento verso la frontiera stessa, partendo dalla situazione nella quale ci si trova.

Dal punto di vista del grado di civiltà, possiamo concepire il progresso come estensione dei diritti (Bobbio 1994, pp. 152-153). L’idea, che risale all’Illuminismo, è che lo sviluppo economico permette – pur non determinandolo automaticamente – un ingentilimento dei costumi e uno sviluppo della cultura, delle lettere e delle arti15. Tutto ciò a sua volta permette di adeguare le istituzioni giuridiche e politiche al progresso civile in senso lato, con il riconoscimento di maggiori spazi per le libertà individuali, nel senso sia di libertà attive sia di liberazione da vincoli e costrizioni materiali. Smith (1759, pp. 283-285) fa l’esempio dell’abitudine – da lui considerata una barbarie ormai superata – di esporre i neonati nell’antica Atene. Nell’antica Sparta, quando le condizioni materiali di vita non lasciavano risorse sufficienti a mantenere in vita chi non poteva fornire un contributo produttivo, i neonati con handicap venivano esposti sul monte Taigeto. Due secoli dopo Smith, Bobbio (1994, pp. 152-153) fa l’esempio dell’estensione agli animali del diritto ad evitare sofferenze inutili. L’enorme spazio civile che intercorre tra i due ordini di diritti rende l’idea del cammino già percorso, e del cammino che in potenza sarà percorribile in futuro.

La principale violazione della tendenza di lungo periodo al progresso è costituita dalla mancata difesa dell’ambiente. Da un punto di vista economico le ricadute ambientali dell’attività produttiva costituiscono una esternalità negativa, per la quale la teoria prevede regolamentazione e imposte compensative, in quanto a ciascuna singola impresa non conviene tenerne conto direttamente. Ciò mentre la concorrenza tra i sistemi nazionali di regolamentazione a difesa dell’ambiente spinge ciascun paese, in assenza di accordi generali di condivisione degli oneri, a evitare vincoli per le proprie imprese e i propri consumatori. Se ciascun paese adotta il motto sovranista «my country first», i danni antropici all’ambiente non possono che continuare a crescere.

L’idea di progresso civile comprensiva dei vari aspetti considerati in questo paragrafo costituisce, in fondo, l’utopia ragionevole dell’era moderna: l’obiettivo che guida l’elaborazione delle strategie e l’azione politica (in senso lato) delle forze progressiste.


Tratto da “Il potere. Una prospettiva riformista”, di Alessandro Roncaglia, edito da Laterza, 304 pagine, € 24,00.