Perché i prezzi dei cibi continuano a salire anche se l’inflazione rallenta e il prezzo del gas è in calo? In realtà non c’è da sorprendersi troppo: i prodotti che troviamo oggi sugli scaffali hanno subìto nei mesi scorsi il rialzo dei costi dell’energia e i prezzi elevati delle materie prime, come i fertilizzanti, che stiamo ancora finendo di pagare.
Gli analisti iniziano a parlare anche di una nuova determinante del caro prezzi chiamata “heatflation”, ossia l’inflazione sui prezzi dei prodotti agricoli determinata dal cambiamento climatico che, come è noto, genera lunghi periodi di siccità alternati a eventi climatici estremi. Sebbene non sia possibile attribuire direttamente ogni singolo evento atmosferico avverso al cambiamento climatico, l’analisi delle serie storiche evidenzia un’associazione su larga scala tra il surriscaldamento globale di origine antropica e l’aumento – sia in intensità, sia in frequenza – dei disastri ambientali, non ascrivibili a cicli storici noti (come invece sostiene qualche politico italiano).
Secondo la Società italiana di medicina Ambientale (Sima), solo nel periodo tra il 2022 e i primi cinque mesi del 2023 il nostro Paese ha vissuto ben quattrocentotrentadue eventi climatici di gravità eccezionale. Le conseguenze di questi fenomeni non sono trascurabili, come dimostrato dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna lo scorso maggio. Questa calamità ha causato la morte di diciassette persone, danni materiali stimati intorno ai 1,5 milioni di euro. In più, ha avuto un impatto a tratti irreversibile sul settore agricolo della Regione, spesso definita “Fruit valley italiana”. Come risultato di queste dinamiche ambientali, i prezzi dei cibi continuano a essere pressati al rialzo, sfidando la tendenza generale dell’inflazione a scendere.
Nel suo ultimo report, l’associazione dei consumatori Consumerismo no profit parla di “inflazione climatica” per riferirsi al rincaro dei prezzi causato dai disastri ambientali che hanno colpito l’Italia nell’ultimo periodo. Il cambiamento climatico sta causando gravi conseguenze per l’economia italiana, con un costo annuale di 4,7 miliardi di euro che grava sulle tasche dei cittadini.
«Il settore più colpito – scrivono gli esperti – è quello agricolo, dove una minore disponibilità di produzione ha portato a un rincaro di ortaggi e frutta». Si parla di un aumento fino al +3,2 per cento dei prezzi al dettaglio, con una spesa media aggiuntiva di circa duecentoquarantasei euro l’anno per una famiglia di quattro persone solo per cibi e bevande (costo complessivo di circa 4,7 miliardi di euro annui).
Secondo Coldiretti, invece, nel 2022, la siccità ha ridotto il raccolto di mais e mangimi per animali del quarantacinque per cento e la produzione di riso e frumento del trenta per cento. Inoltre, la produzione di latte in Francia è calata tra il quindici e il venti per cento. Inoltre, in Italia, i prezzi dei generi alimentari e delle bevande analcoliche hanno già visto un aumento dell’9,2 per cento ad aprile, mentre la media generale è del 5,4 per cento. Questa dinamica, ovviamente, non fa che accentuare il divario dei redditi e mette a rischio la situazione finanziaria delle famiglie con limitate possibilità economiche.
Gli eventi climatici estremi stanno avendo un impatto rilevante anche su altri importanti settori dell’economia. Servizi essenziali come la logistica, i trasporti e le forniture di acqua, gas ed elettricità hanno subìto interruzioni e danneggiamenti a causa di queste condizioni atmosferiche estreme. Strade e binari interrotti, dissesti improvvisi o temperature troppo alte impongono maggiori sforzi energetici per la conservazione del cibo provocando, inevitabilmente, una ricaduta sui prezzi dei beni alimentari e dei servizi offerti al pubblico. Un esempio eloquente è quello della coltivazione di pomodori nel nord Italia, la cui impennata dei prezzi senza precedenti degli ultimi mesi aveva scatenato una lunga disputa tra i produttori agricoli e l’industria di trasformazione. Tutto questo concorre ad aumentare il conto dell’inflazione climatica.
Intanto, però, il peso del carovita in Europa si sta alleggerendo. Le stime preliminari di luglio dell’Istat mostrano un miglioramento della situazione inflattiva, portando l’inflazione al livello di aprile 2022 (+6,0 per cento). Questo rallentamento è influenzato dai prezzi dei beni energetici e riflette anche un calo dei prezzi dei prodotti alimentari lavorati e dei servizi.
«A luglio si nota un rallentamento anche nell’inflazione di fondo, che si attesta al +5,2 per cento», fanno sapere nel nuovo report. E il “carrello della spesa” sta segnando un’attenuazione per il quinto mese consecutivo, con la dinamica tendenziale scesa a luglio al +10,4 per cento. Questi dati sono interessanti e ci danno qualche speranza di tregua.
Tuttavia, nonostante questa tendenza positiva, la Banca centrale europea (Bce) ha deciso di continuare ad aumentare i tassi di interesse per tenere sotto controllo l’inflazione, ancora ampiamente sopra i livelli desiderati del due per cento. Durante l’ultima riunione prima della pausa estiva, il board guidato da Christine Lagarde ha deciso di innalzare di venticinque punti base i tre tassi di interesse di riferimento, che dal 2 agosto hanno raggiunto rispettivamente il 4,25 per cento, il 4,50 per cento e il 3,75 per cento.
La decisione della Bce si basa sulla necessità di gestire il costo dell’inflazione climatica, che si aggiunge all’aumento dei prezzi già marcato per via di una serie di ragioni legate al ciclo economico, alla pandemia e alla guerra in Ucraina: eventi che hanno contribuito all’esplosione dei prezzi delle fonti fossili. Secondo gli studi della Bce, il riscaldamento globale potrebbe portare a un effetto inflazionistico rilevante nei prossimi anni, con stime che vanno dallo 0,32 per cento all’1,18 per cento l’anno.
Questo rischio, sebbene sia in parte stagionale e difficile da quantificare con precisione, è senza dubbio presente sia a breve sia a lungo termine. La Bce ha esaminato l’impatto dell’ondata di calore del 2022, attribuendo un aumento dello 0,7 per cento circa all’inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari in Europa. Si prevede che eventi estremi come questi possano generare un effetto inflazionistico vicino all’1 per cento entro il 2035. Questa percentuale rappresenta una quota significativa del tasso di inflazione a lungo termine.
Secondo alcuni economisti, tra cui Mario Deaglio e Leonardo Becchetti, le misure di politica monetaria delle banche centrali difficilmente potranno arginare questa inflazione causata dal cambiamento climatico. Ad esempio, le recenti piogge hanno portato un certo sollievo, ma il problema sottostante resta inalterato. Se la siccità dovesse continuare a colpire la produzione di frutta e verdura di stagione durante l’estate, i prezzi aumenterebbero ancora, incidendo sul bilancio delle famiglie a reddito basso (indipendentemente dai tassi di interesse).
In effetti, l’inflazione sta scendendo a un ritmo più lento del previsto, nonostante gli sforzi della Banca centrale. Questo ha scatenato un dibattito su quale approccio sia più efficace nel contrastare questa nuova forma di inflazione causata dal cambiamento climatico. L’aumento tradizionale dei tassi di interesse viene messo in discussione, e si cerca di capire come gestire questa situazione e quali strumenti siano più adatti per affrontarla.
Governi e banche centrali stanno ora tenendo in considerazione le previsioni meteorologiche per adottare misure adeguate. Il fenomeno dell’heatflation sta attirando l’attenzione della stampa e della politica, e questo è un segnale positivo. Tuttavia, la sua vera portata richiede ulteriori approfondimenti che daranno risultati definitivi solo nei prossimi anni. Rimane il fatto che il mercato globale, solitamente abile nel compensare le carenze di offerta con nuove forniture, si trova ad affrontare una situazione più complessa e mai vista prima. Gli eventi climatici estremi hanno sempre avuto un impatto sui prezzi delle materie prime agricole, ma l’aumento della loro frequenza, della loro intensità e della loro imprevedibilità cambierà definitivamente le carte in tavola.