Il Comitato olimpico internazionale vorrebbe dare agli atleti russi la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024, intanto però in Ucraina – a causa dell’invasione russa – sono morti oltre trecentocinquanta atleti. Lo sport può davvero restare fuori politica? E i russi che partecipano alle competizioni sportive con lo status neutrale sono davvero neutrali? L’ultimo esempio che abbiamo avuto, quello della schermitrice russa Anna Smirnova, sembra suggerire il contrario: gli sportivi russi appoggiano la guerra, sostengono il loro esercito e ne vanno fieri.
«Il Comitato Olimpico Internazionale ha disposto una serie di criteri secondo cui le commissioni etiche avrebbero dovuto verificare se gli atleti russi sono soggetti alla leva militare e se appoggiano la guerra in Ucraina, ma non l’hanno fatto», dice a Linkiesta Olha Saladukha, triplista ucraina già campionessa mondiale a Taegu nel 2011, deputata del Parlamento ucraino e ora presidente ad interim della Federazione ucraina di atletica leggera. «Abbiamo visto le foto della Smirnova al fianco di un militare, lei sostiene l’esercito russo. Inoltre la Smirnova si è presa la libertà di provocare la schermitrice ucraina Olha Kharlan, che dopo la sua brillante vittoria le aveva teso la spada come previsto dal protocollo Covid, rimanendo sulla pedana per oltre cinquanta minuti e far squalificare l’atletica ucraina privandola della possibilità di partecipare alle Olimpiadi».
Olha Saladukha, qual è il modo migliore per l’Ucraina di organizzare un boicottaggio contro gli atleti russi?
I russi ci hanno accusato di fare un gioco disonesto. Ma quel che succede in Ucraina non è un gioco, è una guerra e noi non vogliamo e non possiamo stringere una mano insanguinata. Come saprete, soltanto pochi giorni fa gli sportivi ucraini hanno ottenuto dal ministero della Gioventù e dello Sport il permesso di partecipare alle competizioni in cui sono ammessi gli sportivi russi e bielorussi sotto lo stendardo neutrale. A mio avviso questa decisione è giusta, nonostante io sia fermamente convinta che i russi e bielorussi non dovrebbero partecipare con alcuno status, ma il boicottaggio non dovrebbe ledere gli ucraini e va fatto in maniera attiva come lo ha dimostrato Olha Kharlan. È così che dobbiamo agire nelle altre gare e ai Giochi Olimpici di Parigi. L’Olimpiade deve essere una festa gialloblu e nel caso ci siano gli sportivi russi o bielorussi gli dobbiamo ricordare della guerra.
Le federazioni sportive hanno dei criteri da applicare nell’ammissione di sportivi russi o bielorussi neutrali?
I russi sono furbi, manipolatori. Addirittura erano atleti anche alcune spie scoperte in Polonia: loro non giocano in maniera pulita, come ci ricordano anche gli scandali di doping degli ultimi anni. Le commissioni etiche dovrebbero verificare se questi sportivi loro sostengono la guerra, se sono soggetti alla leva militare, ma non l’hanno fatto. Così, ad esempio, ai Mondiali di judo sono stati ammessi tutti quelli che hanno fatto la leva militare. Noi disponiamo di un database creato a novembre, si chiama “Trybuna”, che contiene le prove, con video e foto, di circa cinquecento sportivi russi e bielorussi che sostengono la guerra in maniera attiva.
Se leggiamo i social sembra di essere in un mondo alla rovescia in cui la gente accusa il comportamento della schermitrice ucraina Kharlan, altra gente parla di tenere lo sport fuori dalla politica e sostiene i «poveri sportivi russi discriminati». Come possiamo far capire loro che certi valori sono al di sopra delle regole?
In questo momento possiamo vedere chiaramente come finora il Comitato olimpico internazionale abbia fatto gli interessi russi. Credo che dopo il 24 febbraio sia impossibile pronunciare la frase «lo sport deve stare fuori dalla politica». Lo sport è politica. Viene issata la bandiera, suona l’inno dei Paesi. Ricordiamo le dichiarazioni dei leader delle federazioni russe dopo che sono stati ammessi i loro atleti con lo status neutrale: andremo alle Olimpiadi con i carri armati,dicevano. Tutti loro sostengono apertamente la guerra, quindi un modo per insegnar loro il valore della dignità lo troviamo nel gesto di Kharlan.
Crede che le regole dei vari sport possano cambiare? Come ha fatto la FIE eliminando la stretta di mano?
Dopo l’esempio della nostra schermitrice il Cio ha fatto una raccomandazione a tutte le federazioni, chiedendo di essere più comprensivi nei confronti degli atleti ucraini. Le federazioni ucraine di sport come judo, scherma o lotta, ovvero quelli dove c’è un contatto fisico diretto, si rivolgeranno alle federazioni di competenza per chiedere che i nostri sportivi possano partecipare sapendo di non rischiare la squalifica. Sembra che il comitato olimpico nazionale stia diventando più solidale con noi: ha capito che non possiamo essere amici con la Russia e stringere le mani insanguinate. Mentre loro si allenano, in Ucraina sono stati distrutti più di duecento strutture sportive e sono morti oltre trecentocinquanta atleti. I nostri ragazzi non hanno dove allenarsi, vengono continuamente interrotti dalle sirene, sono costretti a ripararsi nei rifugi. Prendiamo ad esempio Andrii Protsenko, che fa salto in alto: lui è della regione di Kherson e ha dovuto allenarsi in territori occupati dai russi, tuttavia è riuscito a prendere il bronzo al campionato mondiale. Ma dobbiamo poter garantire a lui e a tutti gli altri delle condizioni normali. Per il momento molti atleti che si preparano alle Olimpiadi si allenano all’estero e li finanzia lo Stato, la squadra di nuoto è in Giappone, quella dell’atletica leggera in Portogallo, Slovenia e Slovacchia. Ora ci sono vari accordi con le federazioni che ci fanno degli sconti oppure aiutano a trovare delle infrastrutture per gli allentamenti e siamo grati per questo.
Quali Paesi si possono considerare alleati nella lotta contro l’ammissione degli atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi e agli altri eventi?
La Polonia è stata il primo Paese che ci ha teso la mano. Hanno firmato diversi memorandum e invitato altri Paesi a non ammettere gli sportivi russi e bielorussi. Ora a noi si è unita la Cechia. Abbiamo inoltre fatto richiesta all’Italia e alla Francia. Perché se i singoli Paesi seguissero l’esempio della Polonia chiudendo l’ingresso e introducendo sanzioni personali come hanno fatto anche i paesi baltici Estonia, Lettonia, Lituania, questi sportivi non riuscirebbero partecipare ai campionati. Ad esempio la Repubblica Ceca non ha permesso ai tennisti russi, che pure avevano lo status di neutrale, di entrare nel Paese. E poi abbiamo il sostegno del Parlamento europeo, con cui dialoghiamo costantemente. Nel caso gli sportivi russi e bielorussi dovessero essere ammessi alle Olimpiadi dovrebbero firmare una dichiarazione di contrarietà alla guerra, cosa che tra l’altro gli è stata vietata dallo Stato russo. Inoltre non devono essere soggetti alla leva militare, devono essere onesti e non appoggiare la guerra e dichiarare di essere contrari al regime di Vladimir Putin o di Aleksandar Lukashenko. Se invece parliamo del loro completo reintegro nello sport, questo deve avvenire soltanto dopo che i russi avranno lasciato il territorio ucraino e pagato le riparazioni.
Ma nulla riparerà il dramma dei trecentocinquanta atleti ucraini morti dall’inizio dell’invasione.
A loro abbiamo dedicato un sito web che si chiama “Angeli dello sport” e lo abbiamo riempito con le loro foto. Abbiamo fatto una mostra fotografica esponendo anche degli oggetti personali in varie città dell’Ucraina. Vorremmo portarla in Europa e rendere omaggio ai nostri sportivi.
Il Comitato olimpico internazionale non ha inviato l’invito alla Russia e Bielorussia, hanno ancora la possibilità di averlo?
Sì, a ottobre il Comitato dovrebbe rivedere la sua decisione. Quindi abbiamo tempo fino ad allora per lavorare su questo campo ed evitare che vengano ammessi. Tutte le federazioni e le commissioni stanno raccogliendo gli elenchi di questi sportivi perché nessuno vuole vederli in gara, specialmente coloro che appoggiano la guerra personalmente. Ci sta lavorando soprattutto il Comitato olimpico nazionale dell’Ucraina, cercando di far capire al Cio che l’ammissione di russi e bielorussi è impossibile.