Non s’ha da farePerché passerà molto tempo prima di un (eventuale) allargamento Ue ai Balcani

Da anni i ventisette Stati membri promettono invano di far avanzare i negoziati per l’ingresso di Macedonia del Nord, Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Kosovo e Montenegro. Negli ultimi mesi però è la stessa Belgrado a essere incerta sulla sua possibile adesione

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L’allargamento dell’Unione Europea è un processo in itinere che dovrà includere, presto o tardi, la tormentata regione dei Balcani Occidentali. Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Serbia, Kosovo e Montenegro. La stabilizzazione di questo irrequieto angolo d’Europa, turbato da conflitti, tensioni etniche e rivalità intra-statali, è necessaria per garantire la sicurezza dell’Unione e per evitare intrusioni di potenze rivali come la Federazione Russa. L’obiettivo è lontano dall’essere raggiunto.

Il processo d’integrazione europeo è ostacolato dalla scarsa fiducia che gli Stati membri hanno manifestato anche verso nazioni entrate recentemente come la Bulgaria e la Romania. I 27 Stati membri dovranno raggiungere l’unanimità su ogni passo del futuro allargamento e non è detto che i rischi alla sicurezza europea provocati dall’invasione russa dell’Ucraina costituiscano un fattore sufficientemente motivante per tutti. Alcune nazioni dell’Unione hanno usato il proprio diritto di veto, negli ultimi anni, per ostacolare le procedure di adesione dei Paesi che aspirano a diventare Stati membri e questo non è un buon segnale. Non sono mancate, poi, tensioni tra gli Stati candidati. È il caso di Serbia e Kosovo, ma anche di Serbia e Montenegro mentre i rapporti tra Macedonia del Nord e Bulgaria, che è già nell’Unione, non sono buoni per ragioni storiche legate alle rivendicazioni del nazionalismo bulgaro.

Il processo di adesione è molto laborioso e può durare anni, basti pensare che la Macedonia del Nord ha ottenuto lo status di Paese candidato nel 2005 ma ha iniziato le trattative con Bruxelles solamente nel 2022. I negoziati vertono su trentacinque capitoli diversi, dalle politiche ambientali a quelle istituzionali passando per quelle del lavoro e molte altre, e si concludono quando l’Unione ritiene che il candidato abbia allineato il proprio quadro normativo a quello comunitario. Un compito complesso per nazioni spesso colpite da problemi come instabilità, corruzione e scarso rispetto della libertà di stampa. Il punto sullo status negoziale delle diverse nazioni balcaniche è variegato ma poco incoraggiante nell’immediato.

Il Montenegro è la nazione balcanica che ha fatto i maggiori progressi verso l’adesione all’Unione Europea. I negoziati, come riportato da Euronews, sono stati aperti nel 2012: la nazione è molto piccola e non ha rapporti problematici con i vicini ( quelli con la Serbia sono migliorati dopo la sconfitta del nazionalista Milo Djukanovic alle elezioni presidenziali del 2023). Nelle più recenti conclusioni adottate nel dicembre 2022 il Consiglio Europeo ha accolto con favore i progressi fatti dal Montenegro ed ha dichiarato che il rispetto dei parametri provvisori dello Stato di diritto è fondamentale per compiere ulteriori miglioramenti. Il Consiglio ha inoltre raccomandato al Montenegro di intraprendere riforme importanti e urgenti per ripristinare il funzionamento e la credibilità dei principali organi giudiziari e uscire dalla situazione di stallo che riguarda le riforme di questo settore. Il cambiamento ai vertici del potere montenegrino, con l’elezione di Jakov Milatovic del movimento Europa Ora è la sconfitta del presidente Djukanovic, al potere da trent’anni e accusato da alcuni di autoritarismo, potrebbe giovare alle istituzioni montenegrine.

La Serbia, che ha presentato domanda ufficiale di ammissione nel lontano 2009 ed è considerata vitale per la stabilità dei Balcani, è sempre più scettica suo benefici derivanti dall’ingresso nell’Unione. Il Presidente Aleksandar Vucic ha recentemente dichiarato, che il suo Paese «è meno entusiasta rispetto al passato» nei confronti di Bruxelles e che è «pessimista» sulle possibilità di ingresso in tempi brevi. La divergenza più significativa tra Unione Europea e Serbia riguarda i rapporti con la Russia. Vucic ha condannato l’invasione dell’Ucraina ed ha ribadito che i territori occupati e la Crimea appartengono a Kiev ma ha anche rifiutato di adeguarsi alle sanzioni economiche contro Mosca. Belgrado ha rapporti molto profondi con la Russia, rafforzati da una collaborazione plurisecolare e dalla comune appartenenza alla religione Ortodossa, sia dal punto di vista politico che commerciale. Una buona parte dell’opinione pubblica serba guarda con favore a Mosca ed è in aumento il risentimento verso Bruxelles. Un sondaggio condotto nell’aprile 2022 ha evidenziato che il quarantaquattro per cento dei servi è contrario all’ingresso nell’Unione e appena il trentacinque per cento è favorevole. Il disincanto è stato confermato da ulteriori rilevazioni condotte a fine anno.

Il percorso della Macedonia del Nord verso Bruxelles, iniziato quasi vent’anni fa, è molto in salita. Ci sono problemi con la Bulgaria che riguardano i rapporti storici tra le due nazioni. Sofia chiede il riconoscimento costituzionale della minoranza bulgara e l’ammissione che la lingua macedone è un dialetto bulgaro. L’Unione, grazie all’interessamento della Francia, ha presentato una proposta di compromesso per sbloccare la situazione. Entrambi i Paesi dovranno rinunciare a qualcosa ma la Macedonia del Nord dovrà fare concessioni significative e non è detto che l’opinione pubblica le accetti. Il principale partito di opposizione, il conservatore VMR-DPMNE, ha lanciato una serie di proteste contro il compromesso ed ha boicottato i lavori del Parlamento. Il governo in carica non ha dunque i due terzi dei voti necessari per modificare la Costituzione e mettere in pratica il compromesso. 

In passato l’Unione ha inoltre riscontrato problemi di corruzione e rispetto dei diritti umani in Macedonia del Nord, settori critici che richiedono un lavoro importante per adeguarsi ai principi comunitari.

L’Albania, che ha presentato domanda di ammissione nel 2009 ed ha ricevuto lo status di Paese candidato nel 2014, ha preso parte alla su prima conferenza intergovernativa con Bruxelles nel luglio 2022. Nel dicembre 2022 il Consiglio Europeo ha manifestato apprezzamento per la conferenza, che dimostra i tangibili progressi compiuti da Tirana sulla strada dell’adesione. Sono stati lodati i miglioramenti nel rispetto dello Stato di diritto e il rafforzamento della lotta contro la corruzione e il crimine organizzato. Restano, però, dei progressi da compiere contro il malaffare e nel rispetto di una libertà fondamentale come quella di espressione. 

Gli sforzi da fare sono ancora molti ma Tirana può contare sul volano dato dall’opinione pubblica che, al novantasei per cento e dunque quasi all’unanimità, ha un’opinione positiva dell’Unione. Si tratta di un sostegno importante per sopportare gli anno di attesa che verranno.

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