Nell’enorme devastazione che ha colpito il Marocco e che ha raso al suolo decine di villaggi, intaccato le mura antiche di Marrakech e ucciso migliaia di persone, c’è un grande assente, che è al contempo presente.
Il suo volto appare infatti ovunque: nei taxi, nelle scuole, nei bar, nei negozi, persino nelle bancarelle degli ambulanti e di sicuro qualcuno tra i soccorritori ha raccolto dalle macerie una cornice che conteneva una sua foto.
È Re Mohammed VI, che solo martedì si è recato nella grande città colpita dal sisma, ha visitato i feriti e ha donato il sangue. Sangue tra l’altro difficilmente utilizzabile, visto che il monarca del Marocco ha una malattia autoimmune – la sarcoidosi – che negli ultimi anni lo ha debilitato fortemente. Mohammed VI ha trascorso diverso tempo in cura prima in Gabon, poi a Parigi, dove si trovava anche venerdì notte, quando il terremoto ha scosso con una forza impensabile il suo Paese.
Sia chiaro, non è una colpa: fosse stato presente non avrebbe potuto far nulla per impedire la catastrofe, anzi, forse per metterlo al sicuro si sarebbe attivato un dispositivo di sicurezza che avrebbe rallentato i soccorsi, ma il suo silenzio nei giorni successivi, i proclami lanciati dall’estero, il rifiuto agli aiuti internazionali, hanno contribuito a peggiorare l’immagine pubblica di M6, che, in un Paese poco avvezzo alla critica politica, ora si interroga sull’immagine di un monarca parso sempre più stanco e sempre meno potente.
Per capire la personalità di Mohammed VI, bisogna prima conoscere la storia di suo padre, Re Hassan II.
Nato nel 1929 dal sultano (perché all’epoca esisteva ancora il sultanato e non il regno) Mohammed V, Hassan II si è laureato in legge a Bordeaux. A causa della colonizzazione del Marocco da parte della Francia, l’allora principe e suo padre furono esiliati nel 1953 in Corsica e furono presto trasferiti in Madagascar.
Nonostante la lontananza fisica dal suo paese natìo, Hassan II partecipò attivamente alla stesura degli accordi per l’indipendenza del Marocco, che arrivò nel 1956 e che è alla base di diverse problematiche internazionali che sussistono ancora oggi. Prima su tutti è la rivalità, sfociata in guerra in alcuni momenti, con l’Algeria.
L’Algeria è il paese più grande d’Africa e condivide col Marocco il passato coloniale sotto bandiera francese. A differenza dei vicini però, gli algerini si sono liberati dal giogo di Parigi solo dopo una guerra d’indipendenza che ha causato milioni di morti e che è ben raccontata in un capitolo de “La prima guerra del football e altre guerre di poveri” di Ryszard Kapuscinski.
Gli algerini oggi rinfacciano ai francesi il doppiopesismo mostrato nei due frangenti: strette di mano e sorrisi al tavolo diplomatico col Marocco, fucili spianati, crimini e morte con loro.
Altra enorme grana che Hassan II alla sua morte, nel 1999, ha lasciato in eredità a suo figlio Mohammed VI e che suo figlio non è riuscito a risolvere, è quella relativa al Sahara Occidentale.
Le Nazioni unite sono presenti fin dal 1991 nella regione che è occupata dal Marocco e spingono per la realizzazione di un referendum sull’autodeterminazione, ma Rabat ha sempre negato questa possibilità.
Nei giorni immediatamente precedenti il sisma, l’Inviato Speciale della Minurso (questo il nome della missione Onu nel Sahara Occidentale), l’italo-svedese Staffan De Mistura (che in passato è anche stato viceministro degli Esteri nel governo Monti) si è recato nella regione. Per la prima volta un membro autorevole delle Nazioni unite ha utilizzato un veicolo che non riportava la targa marocchina. Un segnale piccolo, ma forte, che alimenta il dibattito tra i cittadini marocchini.
C’è poi un altro problema enorme, forse il più profondo e insanabile: in Marocco lo stipendio medio si aggira sui duecento euro mensili, il Re ha un patrimonio personale di otto miliardi.
Una discrepanza spaventosa tra alto e basso, tra lo sfarzo di una famiglia reale assente, distante tanto geograficamente quanto ormai culturalmente dal tessuto sociale più vero, e la miseria di uno stuolo di sudditi feriti dalle conseguenze di un terremoto imprevedibile, anche perché avvenuto in una zona che non era ritenuta a rischio sismico.
🇲🇦🇫🇷| Après la Une de Libération et les commentaires offensants de BFMTV et Cnews, c’est au tour du journal français Charlie Hebdo de détourner le tremblement de terre au Maroc pour critiquer le Roi Mohammed VI.
Le Roi du Maroc avait refusé de participer à la marche «… pic.twitter.com/Qh93NSONg2
— Morocco Intelligence (@MoroccoIntel) September 13, 2023
In definitiva, le foto appese ovunque non bastano: già a giugno si pensava che Mohammed VI potesse abdicare in favore di suo figlio Moulay Hassan, di soli venti anni, a causa dell’aggravarsi della sarcoidosi, ma ora c’è un tema più profondo.
La spaccatura concreta, causata dal sisma, ne ha creata un’altra forse insanabile: Mohammed VI era stato abile durante gli anni delle primavere abili a tenere unito il Paese (anche grazie agli effetti collaterali dell’attentato al Café Argana di Marrakech del 28 aprile 2011, attentato attribuito ad Al Qaeda, ma su cui ancora sussistono dubbi da parte di chi pensa che sia stato ordito per poter compattare l’opinione pubblica contro un nemico esterno che la distogliesse dai tumulti politici), ma ora rischia di vedere una recrudescenza dei movimenti repubblicani.
Se rimarrà così: malato, distante e paurosamente ricco, Mohammed VI potrebbe avere vita (se non altro politica) breve. A prevalere, a discapito dei ritratti del Re nei quali è in salute e sorridente, potrebbero essere le bandiere rosse con la stella verde a cinque punte che si vedono a milioni in ogni città del Marocco, Paese controverso, bellissimo, devastato nel corpo e nell’anima da terremoto e monarchia.