È stata l’estate delle polemiche, degli scontrini, delle liti e delle recriminazioni, tanto che si sta creando una sorta di spaccatura, di inimicizia tra ristoratori e clienti. E non è una bella cosa. Perché i clienti vanno al ristorante, appunto, per ristorarsi, per stare bene, per mangiare e rilassarsi, non per litigare e montare polemiche. O almeno così dovrebbe essere. Dall’altro lato esercenti, chef e camerieri lavorano (o dovrebbero lavorare) per rendere i loro ospiti se non felici almeno soddisfatti, per fare in modo che si godano l’esperienza e abbiano voglia di tornare.
Forse dovremmo tutti, da entrambe le parti, recuperare la giusta prospettiva, grazie anche e soprattutto a due strumenti: buon senso e buona educazione. Per questo abbiamo cercato di stilare un decalogo per entrambe le parti, perché uscire a cena sia sempre un’esperienza piacevole, e non un’occasione di battaglia.
Per i clienti
- Non ci si siede al tavolo in sei ordinando una pizza margherita e sei piattini. Se condividere è bello, occorre comunque avere misura: stiamo occupando un tavolo e impegnando dei lavoratori.
- Non si prenota per una tavolata di venti persone se poi ci si presenta in tre, per lo stesso motivo di prima. Non saremmo contenti se invitassimo a una festa tante persone che, dopo averci dato conferma, ci dessero buca tutte insieme.
- Il cameriere non è un servo. Ripetiamolo: il cameriere non è un servo. Non è lì per essere maltrattato o per assecondare richieste assurde. Non arriviamo a pretendere che gli si passi il piatto con le posate disposte correttamente, ma non possiamo nemmeno chiedere al cameriere di andare a comprarci il giornale.
- Evitiamo le richieste assurde. Una modifica al piatto ci sta, ma non possiamo chiedere i crostini con burro e acciughe del Cantabrico senza le acciughe pretendendo che in cucina inventino un’alternativa perché non ci piacciono le acciughe. Ordiniamo un’altra cosa.
- Non spacciamo problemi di gusto per allergie: creiamo difficoltà a chi sta in cucina e soprattutto agli allergici, quelli veri. Se abbiamo allergie, intolleranze o altri problemi, segnaliamolo appena arriviamo o, meglio ancora, alla prenotazione.
- Non possiamo portare il vino da casa. No, neanche a un matrimonio.
- Non pretendiamo che a fine pasto ci venga offerto il caffè, la grappa o il limoncello. Se il proprietario vorrà, ci offrirà un “cicchetto”, se no no, ma non sta a noi chiederlo.
- Se abbiamo un problema, parliamone con un cameriere, con il responsabile di sala o con un titolare: cerchiamo di risolvere civilmente qualsiasi incomprensione, confidando nella professionalità del nostro interlocutore, ed evitiamo di correre fuori a scrivere recensioni negative senza prima aver segnalato al ristoratore il nostro problema.
- Se abbiamo bambini, prendiamoci la responsabilità di farli comportare bene, di tenerli seduti al tavolo e di evitare che facciano la guerra con il cibo. Se sono molto piccoli, segnaliamo la presenza di passeggini o la necessità di avere un seggiolone.
- Leggiamo con attenzione il menu, costi e sovrapprezzi inclusi, e se abbiamo qualche dubbio, chiediamo.
Per i ristoratori
- Se a una tavolata da otto hanno ordinato otto antipasti e otto primi, due bottiglie di spumante e quattro di minerale, e poi chiedono due porzioni di fritto misto da dividersi, far pagare i piattini da condivisione è poco elegante.
- Se un cliente chiama per annullare la prenotazione, non mandatelo a quel paese: la prossima volta si limiterà a non presentarsi, senza disdire.
- Cercate di assecondare le richieste dei clienti, con un sorriso: sicuramente torneranno e spargeranno la voce che da voi si sta bene.
- Le allergie non sono capricci: se dico che sono allergica all’aglio, niente aglio nel piatto, neanche uno spicchietto che poi tanto si toglie, a meno che non vogliate finire la serata con un’ambulanza alla porta del locale.
- I bambini sono clienti, come tutti gli altri: vanno trattati bene. Portare un astuccio di matite colorate e un blocco da pasticciare o offrire un succo quando i grandi prendono l’aperitivo sono piccole attenzioni che fanno la differenza.
- I clienti non sono nemici: possono essere antipatici, maleducati, perfino cafoni, ma insultarli o deriderli non è una buona soluzione.
- I clienti non sono amici: a volte si crea un rapporto di amicizia con il tempo, vero, ma dare troppa confidenza fin dall’inizio può creare confusione e dare il la a comportamenti sbagliati (sì, i cafoni esistono, non incoraggiamoli).
- Non ci sono clienti di serie A e di serie B: entrare in un ristorante e vedere che chi è “di casa” viene trattato in modo diverso, servito più celermente e con più cura, può essere antipatico.
- Prezzi, sovrapprezzi e “regole” (non si fa la mezza porzione, per esempio) vanno scritti chiaramente, ed eventualmente ripetuti a voce dal cameriere al tavolo. Un esempio? «Posso avere il ketchup sulla pizza?» «Certo, ma è prevista un aggiunta di un euro». E a proposito, se il ketchup sulla pizza vi fa schifo, tenetevelo per voi, non è necessario commentare.
- Rispondere alle recensioni è sempre buona norma, anche a quelle negative, ma mantenendo la calma e l’educazione: leggere un ristoratore che inveisce contro i clienti può essere spassoso, ma a volte tiene lontani altri clienti.
A tutti non resta che augurare buon appetito, e che sia buono davvero.