Questione di buone maniere Decalogo di comportamento per ristoratori e clienti

Tra toast divisi a metà e piattini venduti a caro prezzo, le polemiche stanno creando un muro tra chi cucina e chi mangia. Cerchiamo di tornare a goderci le serate, con una serie di piccole regole di buonsenso, per entrambe le parti

Foto di Madison Oren su Unsplash

È stata l’estate delle polemiche, degli scontrini, delle liti e delle recriminazioni, tanto che si sta creando una sorta di spaccatura, di inimicizia tra ristoratori e clienti. E non è una bella cosa. Perché i clienti vanno al ristorante, appunto, per ristorarsi, per stare bene, per mangiare e rilassarsi, non per litigare e montare polemiche. O almeno così dovrebbe essere. Dall’altro lato esercenti, chef e camerieri lavorano (o dovrebbero lavorare) per rendere i loro ospiti se non felici almeno soddisfatti, per fare in modo che si godano l’esperienza e abbiano voglia di tornare.

Forse dovremmo tutti, da entrambe le parti, recuperare la giusta prospettiva, grazie anche e soprattutto a due strumenti: buon senso e buona educazione. Per questo abbiamo cercato di stilare un decalogo per entrambe le parti, perché uscire a cena sia sempre un’esperienza piacevole, e non un’occasione di battaglia.

Per i clienti

  1. Non ci si siede al tavolo in sei ordinando una pizza margherita e sei piattini. Se condividere è bello, occorre comunque avere misura: stiamo occupando un tavolo e impegnando dei lavoratori.
  2. Non si prenota per una tavolata di venti persone se poi ci si presenta in tre, per lo stesso motivo di prima. Non saremmo contenti se invitassimo a una festa tante persone che, dopo averci dato conferma, ci dessero buca tutte insieme.
  3. Il cameriere non è un servo. Ripetiamolo: il cameriere non è un servo. Non è lì per essere maltrattato o per assecondare richieste assurde. Non arriviamo a pretendere che gli si passi il piatto con le posate disposte correttamente, ma non possiamo nemmeno chiedere al cameriere di andare a comprarci il giornale.
  4. Evitiamo le richieste assurde. Una modifica al piatto ci sta, ma non possiamo chiedere i crostini con burro e acciughe del Cantabrico senza le acciughe pretendendo che in cucina inventino un’alternativa perché non ci piacciono le acciughe. Ordiniamo un’altra cosa.
  5. Non spacciamo problemi di gusto per allergie: creiamo difficoltà a chi sta in cucina e soprattutto agli allergici, quelli veri. Se abbiamo allergie, intolleranze o altri problemi, segnaliamolo appena arriviamo o, meglio ancora, alla prenotazione.
  6. Non possiamo portare il vino da casa. No, neanche a un matrimonio.
  7. Non pretendiamo che a fine pasto ci venga offerto il caffè, la grappa o il limoncello. Se il proprietario vorrà, ci offrirà un “cicchetto”, se no no, ma non sta a noi chiederlo.
  8. Se abbiamo un problema, parliamone con un cameriere, con il responsabile di sala o con un titolare: cerchiamo di risolvere civilmente qualsiasi incomprensione, confidando nella professionalità del nostro interlocutore, ed evitiamo di correre fuori a scrivere recensioni negative senza prima aver segnalato al ristoratore il nostro problema.
  9. Se abbiamo bambini, prendiamoci la responsabilità di farli comportare bene, di tenerli seduti al tavolo e di evitare che facciano la guerra con il cibo. Se sono molto piccoli, segnaliamo la presenza di passeggini o la necessità di avere un seggiolone.
  10. Leggiamo con attenzione il menu, costi e sovrapprezzi inclusi, e se abbiamo qualche dubbio, chiediamo.

Per i ristoratori

  1. Se a una tavolata da otto hanno ordinato otto antipasti e otto primi, due bottiglie di spumante e quattro di minerale, e poi chiedono due porzioni di fritto misto da dividersi, far pagare i piattini da condivisione è poco elegante.
  2. Se un cliente chiama per annullare la prenotazione, non mandatelo a quel paese: la prossima volta si limiterà a non presentarsi, senza disdire.
  3. Cercate di assecondare le richieste dei clienti, con un sorriso: sicuramente torneranno e spargeranno la voce che da voi si sta bene.
  4. Le allergie non sono capricci: se dico che sono allergica all’aglio, niente aglio nel piatto, neanche uno spicchietto che poi tanto si toglie, a meno che non vogliate finire la serata con un’ambulanza alla porta del locale.
  5. I bambini sono clienti, come tutti gli altri: vanno trattati bene. Portare un astuccio di matite colorate e un blocco da pasticciare o offrire un succo quando i grandi prendono l’aperitivo sono piccole attenzioni che fanno la differenza.
  6. I clienti non sono nemici: possono essere antipatici, maleducati, perfino cafoni, ma insultarli o deriderli non è una buona soluzione.
  7. I clienti non sono amici: a volte si crea un rapporto di amicizia con il tempo, vero, ma dare troppa confidenza fin dall’inizio può creare confusione e dare il la a comportamenti sbagliati (sì, i cafoni esistono, non incoraggiamoli).
  8. Non ci sono clienti di serie A e di serie B: entrare in un ristorante e vedere che chi è “di casa” viene trattato in modo diverso, servito più celermente e con più cura, può essere antipatico.
  9. Prezzi, sovrapprezzi e “regole” (non si fa la mezza porzione, per esempio) vanno scritti chiaramente, ed eventualmente ripetuti a voce dal cameriere al tavolo. Un esempio? «Posso avere il ketchup sulla pizza?» «Certo, ma è prevista un aggiunta di un euro». E a proposito, se il ketchup sulla pizza vi fa schifo, tenetevelo per voi, non è necessario commentare.
  10. Rispondere alle recensioni è sempre buona norma, anche a quelle negative, ma mantenendo la calma e l’educazione: leggere un ristoratore che inveisce contro i clienti può essere spassoso, ma a volte tiene lontani altri clienti.

A tutti non resta che augurare buon appetito, e che sia buono davvero.

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