Udite, udite: Stefano De Martino ha tradito Belen. Ancora? Che noia, che barba. No, non fanno più notizia le vicende amorose dei vip sotto l’ombrellone. Noi ci abbiamo provato, volevamo solo distrarvi dall’argomento vero di questa estate italiana 2023: ristoratori, clienti e scontrini matti.
Dopo il toast diviso a metà e il piattino della condivisione, i titoli dei giorni scorsi si sono concentrati su altre due vicende avvenute nel Bel Paese. La prima ha come protagonista un chiosco a Maranello, dove ventiquattro persone, di cui undici bambini, si sono visti recapitare uno scontrino, per tigelle, crescentine e taglieri di salumi e formaggi, di ben 845 euro.
Ecco, correggiamo il tiro, diamo il giusto peso a numeri e parole. Scriviamo 35 euro a testa: la notizia sembra subito disegnarsi di altri contorni. Soprattutto se pensiamo che un chilo di prosciutto di Parma costa come minimo 30/35 euro e un formaggio di Fossa di Sogliano Dop parte almeno da 40/45 euro, ad andar bene. Ok, ora forse la notizia è ridimensionata: basta essere sinceri e trasparenti.
E soprattutto ricordarsi di quando si mette mano al portafoglio mentre si fa la spesa.
Noi abbiamo fatto un giro attraverso il pensiero italico sui social media e ci siamo resi conto che (grazie, grazie, grazie!) forse il “popolo” si è stancato di cotanto sensazionalismo da clickbait.
L’italiano medio sa ormai quanto costano spaghetti, pizza e mandolino e non si stupisce di fronte a uno scontrino magari un po’ esoso, ma in linea con i prezzi e l’inflazione degli ultimi anni. Anzi, forse si è anche leggermente stancato di notizie che non sono notizie, ma che acuiscono una lotta fra poveri senza senso.
Certo, c’è anche chi dice di essere più furbo, vantandosi di aver pagato, per quattro persone, un pranzo a base di polenta, tagliatelle, gamberoni e fritto misto l’intelligentissima cifra di 37 euro (in totale, eh, non a testa). Alla faccia del chilometro zero, della pesca del nostro mare, del cibo buono e di qualità.
Piccolo spoiler: con 9,50 euro a persona non mangiate la polenta, le tagliatelle, i gamberoni e il fritto misto. O meglio: li mangiate, ma non chiedetevi poi il perché del mal di pancia il giorno dopo o non riempitevi la bocca con disquisizioni sul cibo made in Italy o, spingendovi ancora oltre, sulla situazione tragica del lavoro e degli stipendi nella ristorazione italiana.
Tenetevi il mal di pancia e la sensazione di aver fatto bingo spendendo così poco. Bravi.
Abbiamo parlato di lotta fra poveri e allora cade a fagiolo (per rimanere in tema, sappiate che ci sono fagioli, come quello toscano di Sorana, che costano circa venticinque euro al chilo) l’altra vicenda che ha appassionato i milioni di lettori italiani in questi ultimi giorni: quella dello scontrino di sessanta euro per due caffè e qualche biscottino.
Ripetiamo insieme: sessanta euro per due caffè e qualche biscottino. Una cifra abnorme, quasi impronunciabile. Dove mai saranno andati a prenderlo quel caffè per farlo pagare a peso d’oro?
D’accordo, proviamo a ridimensionare anche questa, di notizia. Le preziose tazzine di caffè sono state bevute in una piazzetta, fatta di casine rosa e bianche, di fronte a uno dei mari più belli del mondo, che si trova a Porto Cervo. Sì, proprio quella Porto Cervo, quella del lusso sfrenato, degli yacht dei magnati arabi, di vite da capogiro che conoscono i soldi veri.
Ecco, non la copia di Porto Cervo di qualche sperduta e anonima località balneare della provincia. Quella Porto Cervo.
Ora, in Sardegna esistono coste bellissime, dove il caffè costa un euro (magari 1,50 o due euro… Anche l’inflazione ha prenotato un traghetto della Tirrenia per le vacanze), dove le spiagge vi faranno sembrare di essere arrivati in paradiso e dove potrete godervi un’estate da sogno. La Costa Smeralda no. La Costa Smeralda vi farà sentire poveri. Forse ricchi di soldi del Monopoli, ma pur sempre poveri.
A costo di sembrare banali e ripetitivi, lo vogliamo ribadire: pagare due caffè e qualche biscottino sessanta euro a Porto Cervo è un qualcosa di normale e ordinario. È il costo del lusso e il lusso per definizione è esclusività, non è per tutti, è per quei pochissimi che se lo possono permettere.
Certo, i social, Instagram soprattutto, ci hanno raccontato un’altra storia: tutti possiamo vivere vite da favola, sulle barche in estate e in chalet di montagna in inverno. Possiamo dormire in resort da sogno alle Maldive e cenare solo in ristoranti da tre stelle Michelin. Guardiamo i post che ci scorrono nel feed e ci convinciamo che quella sia la normalità. E allora cominciamo a pretenderla.
Vogliamo farci un selfie con sfondi incredibili per far invidia a chi è rimasto a casa o sorseggiare un gin tonic nello stesso locale in cui siedono Beyoncé, Bernard Arnault o l’emiro del Qatar. Il tutto pagando però il normale, quanto pagheremmo un semplice pranzo veloce al bar sotto casa.
Nessuno dice che pagare sessanta euro due caffè o ottanta euro un piatto di spaghetti al pomodoro sia etico. Ma qui bisognerebbe aprire un discorso senza fine anche su tutti i comportamenti che coinvolgono anche noi comuni mortali, che ci scandalizziamo di fronte a scontrini fuori dalla norma del nostro conto in banca, ma che poi attuiamo magari, nella vita di tutti i giorni, azioni che di morale non hanno davvero nulla (basti pensare alla quantità di cibo che buttiamo ogni anno nella spazzatura).
Pagare sessanta euro due caffè o ottanta euro un piatto di spaghetti al pomodoro è lusso, è far parte di un establishment di nicchia, che tale deve restare. O è anche voler fare i ricconi per un giorno, accanto a persone con una vita che noi possiamo solo immaginare e che non è neppure lontanamente comparabile con quello che vediamo su Instagram.
Le regole del gioco sono presto fatte. Ci si regala qualche ora in quel mondo e si tira fuori la carta di credito, senza se e senza ma, consci del fatto che la carrozza di Cenerentola si trasformerà dopo poco di nuovo in zucca. Oppure si sceglie di prendere il caffè a casa, magari fatto nella classica moka, e poi ci si dedica a una passeggiata alla Promenade du Port dell’Aga Khan, scattando qualche foto ricordo da mostrare a casa al rientro.
Non c’è nulla di male. Siamo essere umani e siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, diceva qualcuno.
L’unica carta da non calare è quella della lamentela.
È vero, i giornali sono pronti ad accogliere scontrini e recensioni per poi colorarli di titoloni acchiappa click, in grado a volte anche di far danni seri. Forse eravamo più felici quando le notizie da leggere tra una nuotata e l’altra erano più leggere e meno istiganti allo scandalo e alla rabbia.
Forse rimpiangiamo i dettagli sul tradimento di Stefano De Martino a Belen. Perdonaci, Belen.