Dopo l’annuncio dell’allargamento del Brics, il vertice del G20 voleva essere l’occasione in cui Cina, Russia, India, Brasile, Sudafrica si univano ai nuovi partner per dimostrare ai leader occidentali che il cosiddetto Sud globale sta iniziando a organizzarsi per contrastare l’egemonia dei Paesi occidentali.
Non accadrà niente del genere, dopo l’annuncio dell’assenza di Xi Jinping, che si aggiunge alla rinuncia di Vladimir Putin, il G20 di Nuova Delhi si presenta quasi come un summit tra Occidente e Sud globale, con Narendra Modi a fare da cerimoniere per dimostrare al mondo la nuova grandezza dell’India. Pechino manderà il premier Li Qiang, Mosca il solito ministro degli Esteri Sergei Lavrov, ma è l’assenza di Xi a pesare poiché mette in luce le tensioni crescente delle relazioni tra i governi cinese e indiano.
I controlli sulle esportazioni e gli investimenti introdotti dall’India per proteggersi dalle infiltrazioni cinesi sono ora più forti delle misure protezionistiche degli Stati Uniti contro la Cina, per non parlare delle controversie al confine dell’Himalaya, riaccese dalla pubblicazione della nuova mappa nazionale cinese che “annette” territori indiani.
Forse è eccessivo dire che le relazioni tra i due giganti dell’Asia sono ostili, ma di certo non possono essere definite amichevoli, e la scelta di Xi di non presentarsi a un vertice così importante per Modi non contribuisce a migliorare le cose, inserendosi negli sforzi di Pechino di limitare l’influenza indiana nelle organizzazioni multilaterali.
La riunione dei venti arriva in un momento a dir poco turbolento per gli assetti internazionali. Oltre alla mancanza di una posizione condivisa sull’invasione russa dell’Ucraina, il gruppo è diviso sugli impegni per ridurre l’uso di combustibili fossili, alzare gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile, e ridurre le emissioni di gas serra. Sul vertice pesa anche la minaccia della Russia di bloccare la dichiarazione finale se non saranno rispettate le posizioni del Cremlino sulla guerra in Ucraina e su altre crisi.
Tuttavia, per i leader occidentali il G20 di Nuova Delhi senza Xi e Putin è un’occasione per contrastare le narrazioni revisioniste della Cina e della Russia rivolgendosi direttamente alle medie potenze del mondo “multi-allineato”, dal Sudafrica al Brasile passando per l’Indonesia – un Paese che ha respinto l’invito a entrare nel Brics.
Secondo le anticipazioni, Joe Biden si farà promotore della riduzione del debito dei Paesi poveri e annuncerà finanziamenti per nuovi progetti infrastrutturali. La Casa Bianca vuole che vengano aumentati i finanziamenti della World Bank e delle altre banche per lo sviluppo, nel tentativo di approfondire i legami con le economie dei paesi emergenti e offrire un’alternativa ai prestiti della Cina legati alla Nuova Via della Seta.
Washington ritiene che questi finanziamenti sono cruciali su più fronti: come una forma di diplomazia del soft power, per garantire che i progetti mantengano standard elevati e tengano conto del clima, e come contrappeso agli sforzi cinesi e russi per aumentare l’influenza nei Paesi che vi aderiranno.
Dopo il G20 Biden si recherà ad Hanoi per annunciare accordi commerciali che approfondiranno i legami con il settore hi-tech del Vietnam, anche se la decisione di non partecipare al vertice dell’Asean del 5-7 settembre in Indonesia ha irritato gli altri Paesi del sud-est asiatico (al suo posto è andata la vicepresidente Kamala Harris).
Anche l’Unione europea vuole sfruttare l’assenza di Xi e Putin, in particolare per dimostrare la serietà del suo impegno nel ridefinire la partnership tra Europa e Africa «nonostante la travagliata eredità del colonialismo», hanno affermato i funzionari europei ascoltati da Bloomberg. Si discuterà di come riformare l’architettura finanziaria globale, migliorare le condizioni per stimolare gli investimenti privati, avviare progetti infrastrutturali nei paesi africani, e della delicata situazione nel Sahel.
L’idea è organizzare un “mini-vertice” a margine del G20. Oltre ai leader di Francia, Germania e Italia, saranno presenti i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, mentre da parte africana ci saranno i leader del Sudafrica, dell’Egitto, della Nigeria, e il leader delle Comore in qualità di presidente di turno dell’Unione africana, un’organizzazione che l’Unione europea vuole far diventare membro permanente del G20 attribuendogli lo stesso status dell’istituzione di Bruxelles.
La premier Giorgia Meloni è tra i leader che ha promosso con più forza l’adesione permanente dell’Unione africana al G20, una priorità condivisa dallo stesso Modi, che in questo modo potrebbe rivendicare il suo ruolo di leader delle nazioni in via di sviluppo liberatesi dal colonialismo.
All’ordine del giorno c’è anche la discussione sulle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina per la sicurezza alimentare globale, una situazione che sta degenerando dopo che Putin ha respinto la richiesta di Recep Tayyip Erdogan di rientrare nell’accordo sul grano, dimostrando ancora una volta il disinteresse di Mosca per la vita umana e l’ordine internazionale. Modi non ha invitato Volodymyr Zelensky, ma avrebbe fatto meglio a invitarlo.
Questo G20 segna il culmine di un anno eccezionale per l’India, non solo in positivo, ma potrebbe anche segnare il primo passo per un nuovo corso nelle relazioni tra Paesi occidentali e alcuni Paesi del Sud globale.