Un team sparso in varie città europee, uno studio di registrazione in Italia e una proposta musicale unica al mondo. Tutto questo è Odradek, etichetta discografica che prende il nome dal personaggio di un racconto di Franz Kafka e usa la tecnologia più sofisticata per riattualizzare il repertorio classico e jazz. Rivisitando generi dimenticati e proponendo letture inedite, Odradek elargisce nuova libertà ai musicisti. Ma il suo criterio di selezione è tanto spietato quanto democratico: un’audizione al buio per tutti, inclusi gli interpreti più affermati, secondo quella che nella prassi scientifica viene definita peer review, la valutazione dei colleghi.
«Quando è nata Odradek, nel 2012, ci siamo chiesti cosa offrire di nuovo in base alle esigenze dei musicisti e al mercato discografico», spiega John Anderson, pianista americano e fondatore della società, insieme alla moglie, la musicista Pina Napolitano. E poiché oggi un artista può fare tutto da solo, e caricare online i suoi pezzi, la risposta è stata: la qualità. «Noi siamo dei gatekeeper perché i recensori e il pubblico sanno che ciò che pubblichiamo ha un valore aggiunto. Solo un’esecuzione o un insieme di pezzi che offrono qualcosa di nuovo e particolare al panorama musicale esistente diventano uno dei nostri cd», continua Anderson.
Ogni mese Odradek riceve tra le otto e le dieci proposte, ovvero demo di un intero disco che vengono caricate su una piattaforma e mandate in forma anonima a trentatré musicisti – selezionati da un roster specifico per generi – i quali devono votare il programma e l’esecuzione. Se la maggioranza dei voti è positiva, il disco diventa uno dei trenta prodotti annualmente dall’etichetta e i giudici conoscono il nome del musicista promosso. Diversamente, la sua identità resta sconosciuta, «perché il nostro è un piccolo mondo e non vogliamo pregiudicare i rapporti. Ma neppure ci facciamo influenzare dalla notorietà di un interprete», rimarca il fondatore. «Dopo che abbiamo inciso tutto Rachmaninoff con Artur Pizarro, pluripremiato pianista portoghese, o prodotto un’originale interpretazione del tardo Brahms con Michele Campanella, abbiamo conquistato una solida reputazione. E la stampa sa che chi debutta con noi merita di essere considerato».
Se la critica di settore trova interesse nella novità delle incisioni, anche un interprete ha una valida motivazione per voler lavorare con Odradek: i proventi. «Noi partecipiamo fino al 50% delle spese di registrazione, incisione, stampa e commercializzazione di un disco», riassume Anderson. «Avendo uno studio nostro a Montesilvano (Pescara), le spese sono basse e ci facciamo ripagare la percentuale restante di costi con le prime vendite». In seguito, invece, è l’artista che si tiene tutto il ricavato; un lusso inaudito per chi incide con altre etichette. Odradek si occupa anche delle immagini e dei caratteri della cover e del testo di accompagnamento: un elaborato che, contenendo gli intenti dell’esecutore, spesso giustifica la nascita stessa del disco. «Dell’edizione completa delle sonate di Beethoven ne esistono già mille versioni», esemplifica Anderson. «Perciò noi dobbiamo giustificare perché riproporle ancora, come abbiano fatto con la virtuosa italiana Muriel Chemin». E la peculiarità delle scelte è tale che i numeri premiano: privilegiando esclusivamente il talento degli esecutori, Odradek riesce a persuadere il pubblico, che ormai può ascoltare gratis qualunque cosa, ad acquistare ancora dei cd.
E c’è di più. La versatilità tecnologica dell’etichetta, che comprende anche uno studio di videomaking ad Amburgo e un acceleratore per nuove tecnologie ad Amsterdam, ha reso possibile quella che finora è stata più ardita delle imprese di Odradek: la registrazione completa del rito gregoriano. Neumz è un’app frutto di ben tre anni di incisioni (seguendo il Novus ordo, il rito approvato dopo il Concilio Vaticano II, ndr). Ma è noto a tutti che i tempi della Chiesa divergono da quelli “secolari”. Infatti, «Avendo una zia suora inviata in Benin, ho chiesto la disponibilità delle sue consorelle a incidere. E dopo sette anni mi hanno risposto», scherza Anderson. Tuttavia, scartata per motivi logistici la possibilità di registrare in Benin, alla fine a eseguire i canti sono state quarantacinque suore della comunità di monache Benedettine dell’Abbazia di Notre-Dame de Fidélité di Jouques, in Provenza, che per sei o sette ore al giorno «eseguono i brani, o meglio pregano attraverso la musica», precisa Anderson. Il risultato è un prodotto-monstre con più di diecimila brani, che ha fruttato sessantacinquemila euro di royalties alla comunità monastica, ed è già stato scaricato da quasi trentamila utenti.
Repertorium, il prossimo progetto di Odradek, uno sforzo triennale all’interno di Horizon Europe, programma quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione per coniuga analogamente passato e futuro. Condotto insieme a sette università europee inizia con la digitalizzazione dei manoscritti medievali di canto gregoriano dell’abbazia di Solesmes, quattrocentomila pagine che saranno scannerizzate e messi a disposizione dei musicologi sul sito DIAMM dell’università di Oxford. Grazie a una tecnologia sviluppata dalle università di Alicante e Jaén, queste immagini alleneranno l’intelligenza artificiale a “leggere” gli spartiti, collocare i canti simili, e suggerire in modo automatico potenziali relazioni dall’archivio. Nel frattempo, le incisioni di canto gregoriano di Odradek saranno aumentate di oltre duemila ore ancora di canti del Vetus Ordo (il rito preconciliare “Tridentino” che corrisponde a questi manoscritti), questa volta con le voci maschili dell’abbazia Sainte-Madeleine du Barroux.
Un archivio di campioni degli strumenti acustici catturati dell’orchestra Colibrì di Pescara allo studio The Spheres consentirà di isolare le varie parti strumentali grazie a soluzioni Deep Learning sviluppati dalla Tampere University in modo che l’ascoltatore possa isolare o silenziare uno strumento. Il risultato, molto atteso dagli studiosi, sarà la dimostrazione che il progresso non è nemico del passato né la tecnologia si oppone alla cultura. Al contrario, se la sappiamo indirizzare, l’intelligenza artificiale è in grado di resuscitare ciò che era sepolto o ignorato, arricchendo di stimoli il nostro presente e creando un mondo digitale incentrato sull’uomo. Come ricorda Anderson, «Mentre l’IA diventa sempre più potente, sarà essenziale prevedere sistemi in grado di conformarsi alle nostre intenzioni, preferenze obiettivi umani incarnati in secoli di tradizioni. Il nostro futuro nasce dal passato».