Passeggiando per una città georgiana si rimarrà affascinati dal tipico forno dove si cuoce il pane, il tone, in muratura a forma di botte: il calore arriva dal basso, oggi grazie alla fiamma del gas o con l’elettricità che scalda una piastra che irradia tutto il forno. Un tempo era naturalmente a legna. E in qualche valle sperduta del Caucaso è ancora così. Questo pane si chiama puri, è una pagnotta poco lievitata a forma di mezzaluna. La gestualità del panettiere che a giro continuo impasta, taglia la porzione, dà la forma, la inserisce nel forno e poi lo estrae e la mette a raffreddare incanta come fosse una danza.
Uno dei più diffusi pani farcirti si chiama invece khachapuri, letteralmente pane e formaggio, ed è riconosciuto come il piatto identitario della cucina georgiana, pur nelle sue differenti versioni. Su ogni tavola, casalinga, ma anche in ogni ristorante, un khachapuri non può mancare.
Si presenta in tavola come una torta ripiena che viene servita già tagliata a spicchi. Il khachapuri è molto calorico e nutriente, naturalmente buono ancora caldo, appena uscito dal forno o dalla padella, ma pratico da trasportare una volta raffreddato: perfetto per rifocillare i pastori quando pascolavano il bestiame.
I georgiani ci tengono a sottolineare le similitudini con la pizza, spingendosi a sostenere che sia nato ben prima: in fondo si tratta di un disco di pasta con il formaggio. Secondo alcune ricostruzioni l’idea di una focaccia con il formaggio fu portata in Italia dai Romani di ritorno dalle campagne militari nel Mar Nero.
Ci sono tre tipi di khachapuri: imeruli, megruli e adjaruli.
Il primo ha nell’impasto uovo, olio, latte e burro, il ripieno è con il formaggio imeruli che ricorda la feta greca. Il secondo, che ha lo stesso formaggio come ripieno, ha tra gli ingredienti oltre all’uovo anche un formaggio conservato in salamoia e a volte affumicato che si chiama sulguni che viene sperso sulla superfice.
Infine l’ultimo è il più caratteristico e famoso anche fuori dai confini dell’ex repubblica sovietica, soprattutto per la sua tipica forma a barchetta: c’è l’uovo anche nel ripieno, viene appoggiato crudo sulla guarnitura fatta con entrambi i formaggi tipici, assieme a un’abbondante noce di burro; una volta in tavola bisogna mescolare uovo, burro e formaggio prima di mangiarlo. Indubbiamente quest’ultimo è il più goloso e da un paio d’anni è il fiore all’occhiello di una panetteria milanese che si chiama Tone, proprio come il forno tipico che campeggia in vetrina.
«Ho scoperto questo modo di cuocere il pane durante un viaggio in Georgia per conoscere il loro vino – racconta Giovanni Marabese, fondatore di Tone – sono rimasto affascinato. Per realizzare il nostro forno ho fatto venire un artigiano da Tbilisi. Gli architetti lo osservavano perplessi mentre lavorava con pochi strumenti come una dima di legno, pensando che non sarebbe mai rimasto in piedi, ma hanno dovuto ricredersi. Noi prepariamo il khachapuri adjaruli tutti i giorni, ne vendiamo circa duecento a settimana, ma entro la fine dell’anno, quando aderiremo a una piattaforma di delivery, saranno di più».
Il prossimo 17 settembre a Cheese (Bra) Marrese sarà protagonista di un laboratorio dove preparerà la sua specialità con formaggi piemontesi e uova di galline allevate a terra: «Qui non arrivano i prodotti caseari georgiani, qualche cliente georgiano particolarmente tradizionalista non ha apprezzato, agli altri la contaminazione è piaciuta. Abbiamo puntato sull’adjaruli anche perché è il più scenografico, è unico nella sua forma a barchetta, le altre paste ripiene sono più anonime alla vista e Milano è sensibile alle novità».
Non si chiamano khachapuri perché non hanno il formaggio, ma nella cucina della repubblica ex sovietica ci sono altri pani ripieni, a cominciare dal lobiani con una crema di fagioli che può avere in aggiunta anche della pancetta, oppure i kubdari ripieni solo di carne, i chakhrakina con gli spinaci, ma ne troverete anche con i funghi o le barbabietole. Un esempio della varietà della cucina georgiana, ma ne parleremo un’altra volta.