È iniziato uno storico processo contro Google. L’azienda è accusata dal governo americano di abuso di posizione dominante nella ricerca online, che è il servizio più noto dell’azienda. «È il processo più importante sul potere tecnologico nell’era moderna di internet», scrive il New York Times, spiegando che la grande rilevanza del caso è dovuta al fatto che si tratta del primo processo sulla concorrenza di mercato avviato dal governo degli Stati Uniti contro un’azienda di Big Tech dai tempi di un caso in cui era coinvolta Microsoft. Era il 1998 e quel processo portò enormi cambiamenti in tutto il settore.
«I servizi di ricerca di Google erano usati come un’arma». Gli avvocati del governo hanno iniziato il processo esponendo nel modo più chiaro e schietto possibile la loro accusa secondo cui Google avrebbe sistematicamente esercitato il suo potere nella ricerca online per intimidire le aziende concorrenti. Di contro, gli avvocati dell’azienda hanno respinto in tutti i modi l’accusa, negando di aver sfruttato accordi con aziende come Apple, Samsung e Mozilla per escludere la concorrenza, provando a spiegare invece che Google ha semplicemente fornito un prodotto di qualità superiore rispetto alla concorrenza.
«Il caso è incentrato sulle tattiche utilizzate da Google mentre accumulava circa il novanta per cento del mercato globale dei motori di ricerca, tanto che il nome dell’azienda è diventato sinonimo di digitare una query in una casella di ricerca», scrive il New York Times.
Gli elementi chiave del caso sono due: gli accordi di default di Google e il suo status di monopolio. Il Dipartimento di Giustizia ha stimato il valore degli accordi con una serie di aziende partner in oltre dieci miliardi di dollari all’anno. E sebbene Google sia una forza dominante nella ricerca su internet, essere un monopolio non è necessariamente un problema: la vera questione legale è come un’azienda monopolistica utilizza il proprio potere di mercato.
Secondo la legge americana infatti non è illegale di per sé avere il monopolio di un settore dell’economia. Nel caso di Google, però, il monopolio si sarebbe costituito in maniera illegale e sempre in maniera illegale sarebbe stato conservato e alimentato.
Se Google dovesse perdere, potrebbe essere costretta a modificare le sue pratiche commerciali o a ristrutturarsi e a dimostrare la capacità del governo di tenere a freno le principali aziende tecnologiche. Ma una vittoria di Google potrebbe mettere in discussione le sentenze del passato che riguardano colossi aziendali di altri settori, come Standard Oil e AT&T.
A valutare il caso sarà il giudice Amit Mehta della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia, non una giuria. Sarà lui a stabilire se il colosso di Internet ha abusato del suo potere monopolistico, come sostiene il governo.
Quasi sempre nei casi relativi all’antitrust in cui l’accusa è il governo federale o uno Stato finiscono in un processo di questo tipo, cioè con un giudice e non una giuria. Ci sono diversi motivi che spiegano questa prassi del giudice unico: il primo e più importante è che un giudice può seguire un caso in ogni aspetto, può avere dimestichezza con gli avvocati del governo e quelli di un’azienda enorme come Google, e può aver già accumulato una certa esperienza su casi del genere. In questo Mehta ha seguito per tre anni le indagini preliminari, ha già ascoltato le argomentazioni iniziali di accusa e difesa e ha visto le prove presentate da entrambe le parti. Al contrario, la giuria inizia a conoscere il caso solo durante il processo. Ma quando si parla di antitrust, di aziende come Google e un mercato complicato come quello tecnologico e informatico, più tempo si ha per prepararsi meglio è.
I lavori al tribunale distrettuale della Columbia, a Washington, con buona probabilità dureranno ancora diversi mesi. Il dipartimento di Giustizia prepara il caso da oltre tre anni e sostiene di poter dimostrare che Google ha abusato del monopolio che detiene nel settore della ricerca online per danneggiare la concorrenza e schiacciare così possibili innovazioni tecnologiche, procurando in questo modo un danno anche ai consumatori. Google, dal canto suo, ha assoldato tre diversi studi di avvocati (spendendo milioni di dollari) per difendersi. Infatti i documenti depositati in tribunale da accusa e difesa, sommati, sono raccolti in più di cinque milioni di pagine.
Le stime sulla durata del processo prevedono che gli avvocati del Dipartimento di Giustizia impiegheranno più di tre settimane per presentare il loro caso, poi seguiranno due settimane in cui saranno sentiti gli avvocati degli Stati e dei territori degli Stati Uniti. La difesa di Google invece dovrebbe essere sentita a ottobre. E per la sentenza potrebbe essere necessario aspettare diversi mesi del prossimo anno.