Con la Nota di aggiornamento al Def, Nadef, attesa in consiglio dei ministri entro il 27 settembre, il governo sarà costretto a rivedere al rialzo il target del 2023 che era stato previsto al 4,5 per cento. La colpa, spiegano i tecnici, è del Superbonus.
La misura bandiera del Movimento 5 stelle è considerata una zavorra sui conti pubblici, un peso che rischia di ridurre gli spazi già limitati della finanziaria. Ecco perché il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sta intanto lavorando a un’ulteriore stretta sul Superbonus da varare in manovra per mantenere almeno l’obiettivo di indebitamento del 2024 al 3,7 per cento.
La maxi agevolazione, che è stata ridotta al 90%, viene fissata al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025. E ora sul tavolo c’è sia la possibilità di tagliare ancora l’aliquota, sia l’ipotesi di garantire il Superbonus solo ai redditi bassi.
È propria questa seconda tesi a prendere piede nella discussione tra il Mef e Palazzo Chigi in vista del cantiere della legge di bilancio. Al Meeting il ministro aveva parlato di «politiche scellerate» riferendosi agli incentivi edilizi. La premier, al primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, aveva rincarato la dose definendo il Superbonus «una truffa allo Stato». Domenica a Cernobbio, Giorgetti ha parlato ancora del «mal di pancia» per gli 80 miliardi di euro da pagare da qui al 2026 come effetto della norma voluta dall’esecutivo giallorosso del Conte II. «Hanno mangiato tutti e poi si sono alzati dal tavolo», è la metafora usata dal ministro leghista per descrivere la situazione che grava sul quadro macroeconomico.
«La cassa si è aggravata moltissimo e anche il deficit. Nei cassetti dell’Agenzia delle Entrate ci sono 142 miliardi di crediti ceduti, non tutti utilizzati. Di questi, 12 sono frodi. Di 130 miliardi ne sono stati portati in compensazione 21. Ne rimangono 109 che aumentano di 3,5 miliardi al mese», sottolinea il sottosegretario all’Economia ed esponente leghista Federico Freni, intervistato da SkyTg24.
Dall’altra parte, Giuseppe Conte e i suoi parlamentari sono in prima linea per difendere gli aiuti all’edilizia. «Il mal di pancia viene a noi», dice l’ex premier. «Gettano fango sul Superbonus così magari qualche cittadino in buona fede ci casca, è una tattica da vecchia politica». Conte ricorda che «oggi lo chiamano buco, ma la Lega nel 2022 sottolineava che il Superbonus “ha creato lavoro per imprese, artigiani e operai e valore per le famiglie”. Ora scopriamo che gli stessi ministri e le stesse forze politiche che lo difendevano a gran voce hanno il mal di pancia».
Ma dentro la maggioranza c’è chi spinge, come Forza Italia, per bilanciare l’operazione. Con una norma “salva-condomini”, per garantire a chi non completerà i lavori entro quest’anno di continuare a beneficiare del 110 per cento. Si pensa a un allungamento di tre mesi, solo però per chi sarà in grado di certificare un avanzamento significativo dei lavori, intorno al 60% (con la Cilas presentata a fine 2022). Non ci saranno proroghe per le villette: chi al 30 settembre 2022 aveva raggiunto il 30% delle ristrutturazioni ha tempo fino al 31 dicembre di quest’anno per concludere e beneficiare del 110%. In caso contrario dovrà pagare di tasca sua la differenza.