Fase costituenteBasta beghe politiche, le prossime elezioni serviranno a rifare l’Europa

Nel 2024 si deciderà se costruire una grande Unione o mantenere il club delle piccole nazioni. Alcuni europarlamentari liberali, socialisti, popolari, verdi e di sinistra hanno presentato una proposta per creare un’Ue più democratica e forte

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La partita è iniziata. Il voto europeo del giugno 2024 è ormai evocato in ogni talk-show, nei pastoni dei tiggì, nei reel, nelle chat, in pizzeria dopo il cinema. E, in parallelo, è ignorato dalla marea crescente degli iscritti al partito dell’astensione, che più passa il tempo più fa proseliti. Ma peggio ancora è che, anche per quelli che ne parlano, c’è grande confusione su cosa debbano decidere queste elezioni. Perché le questioni politiche nazionali, e i volti che le agitano, invadono ogni spazio di attenzione e comprensione dei cittadini. I quali alla fine si chiedono: alle europee chi voto, Giorgia Meloni, Elly Schlein?

Le elezioni europee non riguardano il giudizio su Meloni, su Schlein, sulle azioni del governo o delle opposizioni. Le elezioni europee decideranno tra due destini dell’Europa dei prossimi decenni, che toccheranno direttamente quelli di noi cittadini e cittadine, e dei nostri figli e nipoti.

I due destini possibili sono molto chiari: uno è l’Europa che cambia e riforma i trattati in senso federale. L’altro è l’Europa che rimane sostanzialmente così, club di nazioni che decidono all’unanimità, e quindi decidono poco o pochissimo e ancor meno governano le sfide (vedi come esempio l’inconsistenza della risposta europea alla recente onda di sbarchi). Se si impongono, col voto del 2024, i gruppi dell’europarlamento storicamente antieuropeisti o euroscettici, come Ecr (Conservatori e riformisti, rappresentati in Italia da Fratelli d’Italia di Meloni), Id (Identità e democrazia, sostenuti dal ticket Salvini-Le Pen) o la parte più sovranista del Ppe (Popolari europei, rappresentati in Italia da Forza Italia) allora avremo un’Europa che non cambia, o peggio che si divide ancor di più.

Se prevalgono invece le forze che nel Parlamento europeo sono favorevoli ad avviare una riforma dei trattati in senso federalista, e cioè Renew Europe (famiglia riformista liberale rappresentata in Italia dalle formazioni terzopoliste Centro-Italia Viva, Azione, Più Europa, Liberaldemocratici), l’ala europeista del Ppe, e S&D (Socialisti e Democratici, rappresentati in Italia del Partito democratico) allora si aprirà la strada per riformare i trattati, per costruire una casa Europa più unita, più democratica e più forte. Con enormi benefici per i cittadini.

Del fatto che gli elettori saranno chiamati a scegliere su questa biforcazione, tra una grande Europa da un lato o tante piccole nazioni dall’altro, vi sono in queste settimane segnali eloquenti, i quali, tanto per cambiare, sono quasi del tutto ignorati dal dibattito pubblico italiano. Un segnale è il ritorno sulla scena di Mario Draghi, che prima scrive sull’Economist un intervento da statista europeo sulla improcrastinabile necessità di un meccanismo di bilancio dell’Unione, per gli investimenti sulle grandi sfide future, su tutte difesa, green economy e competitività industriale. E poi, solo qualche giorno dopo, riceve dalla presidente della Commissione l’incarico di preparare un rapporto sul futuro della competitività nell’Ue. E dove c’è Draghi c’è grande Europa, non piccole nazioni.

L’altro segnale, non pervenuto sui media nostrani, è la presentazione di una proposta per la modifica dei trattati dell’Unione, redatta da un gruppo di membri dell’europarlamento appartenenti a Renew Europe, Socialisti e Democratici, Popolari, Verdi e Sinistra. Proprio il fronte favorevole alla prosecuzione del cammino di integrazione, quello che capisce, citando ancora Draghi, che se la bicicletta non si muove in avanti, cade. E infatti non è certo un caso che a non firmare questa proposta sono le forze europee che la bicicletta Europa la vogliono fermare e far cadere: Ecr di Meloni da un lato e Id di Salvini, Le Pen e Alternative für Deutschland dall’altro.

La proposta, che ha come primo firmatario Guy Verhofstadt di Renew Europe, presenta un piano di revisione di oltre cento articoli dei trattati dell’Unione, per una nuova architettura della casa Europa: processo decisionale più veloce, superamento dell’obbligo di unanimità che concede il diritto di veto e ricatto a ognuno dei ventisette Stati, istituzione di nuove competenze gestite a livello europeo nell’ambito di ambiente e clima, salute, protezione civile, industria, istruzione. Rafforzamento delle competenze esistenti su energia, affari esteri, difesa, migrazioni, e vari altri cambiamenti.

I tempi, quindi, sono maturi per una nuova fase costituente. E lo sono perché se è vero che la costruzione europea avanza anche sulla spinta delle emergenze, di queste, davanti a noi, vi è una possibile (e non augurabile) abbondanza. Qualche esempio? In ordine sparso: allargamento dell’Unione da 27 a oltre 30 Stati (ci sono otto Paesi ufficialmente candidati); possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca con le conseguenze geopolitiche del caso; acutizzarsi delle manifestazioni estreme della crisi climatica; crisi energetica e scelte da fare; bomba migratoria dall’Africa e crisi demografica a casa nostra; capitale umano e istruzione per non essere travolti dagli agguerriti indiani e cinesi. Eccetera.

Chiunque capisce che queste emergenze non si possono gestire come singole nazioni. E non è allarmismo, è richiamo alla responsabilità. Da qui a giugno 2024 le forze sovraniste si fisseranno sul mantra dell’Europa delle nazioni e degli interessi nazionali, nascondendo alle elettrici e agli elettori quelli che sono i loro veri interessi. Il compito sfidante e difficile delle forze europeiste è raccontare una storia diversa, forse mai raccontata davvero, quella sulla verità che senza un’Europa forte, vivremo in un’Italia debole e povera.

*Marco Ghetti è presidente di Per l’Italia con l’Europa, associazione tre le promotrici del ciclo di conferenze “Una grande Europa o tante piccole nazioni?” in programma al Teatro Parenti di Milano dal mese di ottobre 2023 al maggio 2024. Per saperne di più vedi al link https://www.miperrenew.eu

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