Api e pannelli fotovoltaici per una versione insolita del crescente interesse verso l’agrivoltaico, il tentativo di tenere insieme le ragioni delle energie alternative e quelle delle coltivazioni, che spesso appaiono in contrasto, anche con forti polemiche. L’impianto sta nascendo a Terzo d’Aquileia (Udine), grazie anche a un crowfunding lanciato dal gruppo Renantis, che sviluppa, progetta, costruisce e gestisce parchi eolici onshore, impianti solari, sistemi di accumulo energetico e progetti eolici marini galleggianti.
Si estenderà su un terreno di cinquantadue ettari, di cui circa quarantacinque saranno dedicati alla produzione di energia rinnovabile abbinata all’attività agricola. Una volta a regime, produrrà circa cinquanta gigawattora di energia, pari al fabbisogno annuo di circa sedicimila cinquecento famiglie. I beneficiari possono anche investire nell’iniziativa, diventano cofinanziatori con una somma tra i duecento e i diecimila euro e un tasso di interesse annuo del 6,5 per cento per un periodo di trentasei mesi per chi vive nel territorio interessato e del 5,5 per i residenti in regione.
Alla produzione di energia pulita l’impianto affiancherà l’apicoltura, grazie alla messa a dimora di coltivazioni autoctone nelle siepi mitigative e nel prato sotto i pannelli. L’area ospiterà un centinaio di arnie, un prato probiota, duecentotto olivi e tremila piante autoctone e il terreno sarà coltivato per più dell’ottantacinque per cento. Gli obiettivi son sostenere il ruolo chiave delle api nel mantenimento dell’ecosistema naturale, contribuire al contrasto dei cambiamenti climatici, alla tutela della biodiversità, alla protezione del suolo dagli effetti dell’erosione e alla creazione di habitat per la fauna selvatica e le api.
Sugli insetti impollinatori e sulla loro tutela si sta concentrando anche l’Agrivoltaico Open Labs di Bastardo (Perugia) con un focus su colture come zafferano, foraggio, piante aromatiche e medicinali che contribuiscono a creare habitat favorevoli a loro favoreli, con vantaggi per tutto l’ecosistema agricolo. «Si tratta di un’opportunità per tutto il territorio – spiega Marco Felettig, apicoltore locale che si occuperà della gestione della parte agricola.
Grazie al corretto svolgimento dell’allevamento apistico, con alveari seguiti da personale qualificato, questi terreni diventeranno delle oasi ecologiche inserite in un territorio antropizzato e coltivato. Le specie arboree ed erbacee contrasteranno il calo di biodiversità registrata negli ultimi anni nelle zone agricole, fungeranno da riparo e forniranno alimentazione agli insetti impollinatori, che troveranno aree protette fondamentali per la loro sopravvivenza e influenzeranno positivamente anche i terreni circostanti».
Non è l’unico caso. A Maniago (Pordenone) si lavora a un impianto agrivoltaico di centoventi ettari con potenza complessiva di 96,09 megawatt della Ellomay Solar Italy di Bolzano, un progetto che fornirebbe energia elettrica utile a quarantanovemila famiglie ma molto avversato dalla Coldiretti che denuncia la trasformazione di terreni agricoli irrigui in impianti di produzione di energia elettrica, la mancanza del coinvolgimento del settore e di un serio piano per la conservazione e la coltivazione del fondo e anche di una legge regionale che definisca le caratteristiche delle aree dove è possibile costruire questo tipo di impianti.
La stessa società ha in progetto altri cento ettari di impianti fotovoltaici su terreno agricolo tra i comuni di Trivignano Udinese, Pradamano e Palmanova. In tutto sono al vaglio del Mite, il ministero della transizione ecologica, tredici progetti per nuovi impianti di energie rinnovabili nel Nordest (sono cinquecentotto in tutta Italia). Ma la distinzione tra fotovoltaico e agrovoltaico, cioè l’uso di pannelli sopraelevati ad almeno due metri dal suolo per consentire la coltivazione, non è sempre chiarissima e non è sempre molto argomentata in termini di fattibilità. In effetti il settore in Italia è ancora in una fase sperimentale e solo all’inizio di luglio il Gse, il Gestore dei servizi energetici, ha pubblicato un documento di consultazione sulle regole operative dei sistemi agrivoltaici che servirà per acquisire elementi utili alla definizione dei parametri.
Sulla carta è un’evoluzione molto promettente. L’agrivoltaico diventerà un mercato da 9,3 miliardi di dollari entro il 2031, crescendo a un tasso annuale del 10,1 per cento. Tra il 2012 e il 2020 è passato da cinque megawatt a 2,9 gigawatt. Secondo un report della società di ricerche di mercato Allied Analytics questo sviluppo potrà ridurre al minimo gli ostacoli alla sicurezza alimentare e alla transizione verso l’energia pulita. L’implementazione richiederà joint venture, contratti di locazione, tassi di prestito ridotti. Inoltre, servono, per l’appunto, normative relative agli impianti solari per ottimizzare lo sfruttamento del suolo. Ma i benefici sono consistenti: energia solare a emissioni zero, protezione delle colture dalla siccità e dai danni causati da grandine o forti piogge, riduzione del consumo di suolo.
Secondo i dati di Enel Green Power, uno degli operatori energetici che di più sta investendo nel settore, sarebbe sufficiente utilizzare appena lo 0,1 per cento del territorio italiano per raggiungere gli obiettivi di produzione di energia solare posti per il 2030. Studi di associazioni ambientaliste come Legambiente, Greenpeace, Italia solare e Wwf, stimano che per raggiungere gli obiettivi del fotovoltaico di qui a sette anni serviranno ottanta gigawatt di installazioni di cui almeno il trenta per cento circa sarà da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati, la parte restante su 50-70 mila ettari di terreni agricoli, pari allo 0,4-0,6 per cento della superficie agricola utile.
Uno studio condotto da due ricercatori danesi valuta che l’agrivoltaico in Europa abbia complessivamente una capacità potenziale di cinquantuno Terawatt (Tw), con un rendimento elettrico di 71.500 TWh l’anno. Questi dati si basano su una densità di capacità di circa 30 W/m2 e su precisi vincoli che garantiscono l’utilizzo di terreni già destinati all’agricoltura, mantenendo almeno l’80% delle terre coltivate coperte da colture.
Nel mondo il maggior impianto agrivoltaico è stato costruito dal gruppo Baofeng ai margini del deserto del Gobi in Cina, dove si coltivano frutti di bosco sotto i moduli solari, con una potenza totale di settecento megawatt, destinata ad aumentare fino a un gigawatt. Finora sono stati collegati alla rete circa 640 megawatt. Il gruppo Baofeng ha iniziato a gestire centosette chilometri quadrati di terra desertificata in quell’area nel 2014 e inizialmente ha piantato erba medica per migliorare il suolo.
In Europa è stato avviato il progetto Symbiosyst, finanziato dal programma europeo Horizon e condotto da diciotto partner, della durata di quattro anni. A partire da gennaio 2023 mira a sviluppare strategie e soluzioni tecnologiche, standardizzate ed economicamente vantaggiose, per aumentare la competitività dell’agrivoltaico in Europa, in sinergia con ambiente e paesaggio, proponendosi, inoltre, di divulgare la cultura dell’agrivoltaico così da portare il tema al centro del dibattito e delle politiche pubbliche.
Nei fatti, la valutazione del possibile impatto dell’agrivoltaico è legata alle grandi differenze geografiche. Il potenziale, infatti, non è distribuito in modo uniforme. Alcuni paesi, come la Norvegia, hanno solo l’uno per cento della loro area adatta per questo tipo di impiantii, mentre altri paesi, come la Spagna, superano il cinquanta per cento.
Tuttavia, uno dei maggiori e più antichi parchi agrivoltaici si trova al Nord, nei Paesi Bassi, nel Brabante settentrionale. Si tratta di Fruitvoltaics ed è dedicato alla produzione di lamponi. Nato nel 2020 in via sperimentale, è in corso di ampliamento con un progetto da 8,7 megawatt di picco (MWp) che prevede l’installazione nella fattoria di Maarten van Hoof di 24.206 pannelli fotovoltaici in grado di generare l’energia necessaria a soddisfare le esigenze di 2.810 case. Ordinato da un privato, ma con sussidi governativi, è realizzato da Baywa-re e ha caratteristiche particolari e innovative perché è stato necessario fornire ai moduli il livello di trasparenza necessario a far maturare i lamponi.
Quanto all’Italia, è stato da poco varato il decreto attuativo che sblocca 1,1 miliardi di euro di fondi Pnrr destinati allo “Sviluppo agrivoltaico”. Viene liberalizzata l’installazione di impianti fotovoltaici in zone agricole, a condizione che si trovino al di fuori di aree protette o appartenenti alla Rete Natura 2000 e che rispettino le eventuali prescrizioni applicabili in aree soggette a vincoli paesaggistici. Il decreto attuativo prevede l’installazione di impianti per 1,04 gigawatt entro il 2026. L’obiettivo è ridurre i costi energetici del settore agricolo, che rappresentano oltre il venti per cento dei costi aziendali, e migliorare le prestazioni ambientali e climatiche, con una potenziale riduzione di 0,8 milioni di tonnellate di CO2. Strettamente collegato a questo è il bonus agrivoltaico, che fissa le condizioni per presentare la domanda per concorrere alla costruzione di impianti sperimentali.
Enel Green Power da un lato sta implementando oltre settanta progetti di impianti agrivoltaici su larga scala su tutto il territorio italiano, ognuno dei quali ha fasi di avanzamento diverse, dall’altro proseguirà in Italia la sperimentazione avviata con il progetto Sustainable Solar Park, attivo dal 2019 e svoltosi in Spagna negli impianti fotovoltaici di Totana, Valdecaballeros e Las Corchas, e in Grecia nei siti di Pezouliotika e Kourtes). Una sorta di test di fattibilità su scala europea, che ha coinvolto partner provenienti dal mondo della ricerca, dell’innovazione, dell’agricoltura e dell’industria.
I campi così allestiti creano inoltre particolari condizioni microclimatiche che tendono a migliorare la resa di alcune colture selezionate, a fornire zone ombreggiate al bestiame durante i mesi più caldi, a ridurre le necessità di irrigazione e a favorire una maggiore sostenibilità dell’attività agricola. Il rendimento può aumentare tra il venti per cento e il sessanta per cento a seconda delle produzioni: coltivazioni come i peperoni, per esempio, possono registrare un incremento del sessanta per cento mentre la coltura del foraggio può raggiungere un’efficienza superiore al quaranta per cento.