Solare in sharingPer ammortizzare il caro bollette dovremo condividere l’energia pulita

Le comunità energetiche rinnovabili rappresentano delle soluzioni relativamente nuove che, a causa delle conseguenze della guerra, stanno pian piano uscendo dalla loro nicchia. Le Regioni se ne sono accorte e sono pronte a stanziare fondi che vanno oltre il Pnrr, sperando di innescare benefici sociali, economici e ambientali

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Con la crisi energetica esacerbata dalla guerra in Ucraina e i rincari delle bollette, sta diventando più urgente che mai il passaggio a soluzioni in grado di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Una di queste riguarda le comunità energetiche rinnovabili – Renewable energy communities (Rec) -, introdotte in Italia dal decreto milleproroghe 162/2019 e in costante crescita nonostante i rallentamenti del nostro Paese in termini di contributo fornito dalle fonti pulite al sistema elettrico nazionale. 

Nell’epoca dell’economia collaborativa, si condividono anche le energie green e non impattanti sull’ambiente: da opzioni marginali e poco pubblicizzate, le comunità energetiche rinnovabili stanno cominciando ad acquisire un appeal non indifferente. Le Regioni, infatti, iniziano a percepire la necessità di stanziare fondi aggiuntivi per creare una cultura, sostenerle e renderle accessibili anche alle famiglie meno abbienti. Nella speranza di creare una sorta di modello conveniente sotto tre aspetti: economico, sociale e ambientale. 

«Economico perché si risparmia sulla bolletta tramite la condivisione dell’energia pulita autoprodotta. Sociale perché le comunità rinnovabili sostengono le fasce più fragili e più colpite dal caro energia e dalla povertà energetica, promuovendo una dimensione di comunità. Ambientale perché si riducono le emissioni climalteranti», ci spiega Elly Schlein, ex eurodeputata e vicepresidente dell’Emilia-Romagna, dove di recente è stata approvata la legge regionale sulle comunità energetiche rinnovabili più all’avanguardia a livello nazionale (e su cui ci soffermeremo successivamente). 

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha stanziato fondi per le comunità energetiche all’interno dei Comuni con meno di 5mila abitanti, ma negli ultimi mesi le esigenze sono cambiate e sempre più cittadini – anche chi vive nelle città – sono interessati a questa sorta di sharing economy in campo energetico. 

Impianti condivisi tra i cittadini 
Le comunità energetiche rinnovabili non sono altro che delle associazioni – senza scopo di lucro – di cittadini, attività commerciali, piccole o medie imprese locali e amministrazioni che scelgono di dotarsi di impianti condivisi finalizzati all’autoconsumo, alla produzione e allo scambio di energie pulite (solare, eolico). Si tratta di soggetti giuridici composti da persone e aziende che uniscono le forze per produrre rinnovabili, massimizzando i benefici e riducendo i costi che affronterebbero individualmente. 

Una comunità energetica rinnovabile si può formare all’interno di un condominio. Gli inquilini di un certo numero di appartamenti finanziano l’installazione di pannelli solari sul tetto dell’edificio e comunicano l’operazione al Gse (Gestore servizi energetici), beneficiando collettivamente dell’energia prodotta. L’istanza al Gse è fondamentale per ricevere gli incentivi previsti dalla legge per l’energia condivisa. Al momento, chi appartiene a una comunità energetica può ottenere un beneficio di circa 179 euro a megawattora. 

Una comunità energetica rinnovabile può anche configurarsi in un quartiere o in un intero comune, come ad esempio Basiglio, la prima comunità energetica dell’area metropolitana di Milano. Un altro esempio virtuoso è Turano Lodigiano (Lodi), dove Sorgenia ha finanziato la realizzazione di una comunità energetica rinnovabile che – come riporta Pianeta20 del Corriere della Sera – produrrà 50mila kilowattora annui di energia rinnovabile grazie a due impianti fotovoltaici, installati nei pressi del campo sportivo e della palestra di paese. 

Secondo l’ultimo Electricity market report dell’Energy & strategy group del Politecnico di Milano, in Italia sono operative 21 comunità energetiche rinnovabili e 12 gruppi di autoconsumo collettivo (composti da almeno due soggetti privati). Numeri contenuti che testimoniano quanto questo fenomeno si trovi ancora in una fase embrionale. Non sorprende il fatto che nel 96% dei casi l’impianto condiviso sia fotovoltaico, in grado di convertire la luce solare in energia elettrica da usare quotidianamente e da accumulare per usi secondari. La stima del report parla di 50mila “energy communities” italiane entro il 2025: ne beneficeranno 1,2 milioni di famiglie, 10mila piccole e medie imprese, 200mila uffici. 

I numeri forniti da Legambiente nel maggio 2022 sono leggermente più alti: l’associazione ambientalista segnala che nel 2021, in Italia, sono nate 39 comunità energetiche rinnovabili e 20 configurazioni di autoconsumo collettivo. Considerando quelle già esistenti, il totale supera quota 100. 

Cultura e accessibilità: l’esempio virtuoso dell’Emilia-Romagna
Come anticipato in apertura, la Regione italiana più avanzata sul tema è probabilmente l’Emilia-Romagna, che a fine maggio ha approvato all’unanimità la “legge sulle Comunità energetiche e l’autoconsumo collettivo di energia rinnovabile”. Tramite 12 milioni di fondi europei, la norma fornirà un sostegno a 360° lungo tutta la “filiera” delle comunità energetiche rinnovabili. 

«Dai percorsi di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza fino ai percorsi di partecipazione, che sono basilari per poter costituire una comunità», dice la vicepresidente regionale Schlein, che non dimentica di sottolineare le novità più tangibili: «La legge fornirà aiuti anche nella formazione delle competenze necessarie, senza dimenticare il sostegno a livello di predisposizione dei progetti e di acquisto-installazione degli impianti. Perché spesso le cittadine e i cittadini non hanno le risorse per affidarsi a un progettista». 

Ma l’aspetto più significativo della legge dell’Emilia-Romagna è un altro, ed è finalizzato a rendere le comunità energetiche rinnovabili per tutti. E non per pochi. La norma, infatti, fornirà aiuti maggiori alle comunità «che coinvolgono soggetti fragili economicamente, gestori di case popolari, enti del terzo settore e progetti con un particolare ruolo sociale», spiega Elly Schlein. Inoltre, la legge chiede ai Comuni di effettuare una mappatura delle aree pubbliche potenzialmente disponibili per la creazione di comunità energetiche. 

Nello stesso periodo dell’Emilia-Romagna, il Lazio ha annunciato un progetto finalizzato alla realizzazione di 100 nuove comunità rinnovabili entro la fine del 2022, sfruttando risorse provenienti dal Pnrr e da fondi regionali: «In pochi mesi sono sorte 36 assemblee di comunità energetiche rinnovabili attive nelle cinque province, avviando attività in 12 Comuni. Si è mossa una filiera di 149 reti di cittadini», ha dichiarato Nicola Zingaretti, presidente della Regione. Nuove leggi sulle comunità energetiche rinnovabili sono nate di recente anche in Calabria, in Abruzzo e in Lombardia, mentre le sperimentazioni si stanno espandendo a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale.