La montagna come impresa, come lezione, ma anche come metafora delle proprie origini. È questa l’accezione con cui si traccia il proprio sentiero tra le vette del mondo. Ed è questa la natura intima con cui due realtà sono entrate in contatto in maniera del tutto naturale e simbiotica. Da un lato del cammino c’è il parco artistico della Valsugana Arte Sella nella sua espressione più sincera e rispettosa, dove da più di trent’anni arte, musica, danza si fondono, dando vita ad un dialogo sussurrato tra l’ingegno dell’uomo e il mondo naturale, portando alla luce un luogo che è “casa” tra gli alberi e le nuvole. Dall’altra parte un marchio che dalla montagna nasce e trae ispirazione: Montura. Per chi la montagna la vive quotidianamente c’è poco da aggiungere, è semplicemente il brand che ti fa sentire sicuro e protetto, nel rispetto del corpo e dell’ambiente che lo circonda, che sia una vetta, una parete di roccia o anche un sentiero tratteggiato dai colori caldi dell’autunno. Un sentiero che porta proprio il suo nome: Sentiero Montura, 4 km di passeggiata che unisce il giardino di Villa Strobele a Malga Costa proprio all’interno del parco artistico della Valsugana. Qui, opere realizzate nella natura e che nel tempo rientrano a far parte della stessa matrice, si susseguono con meraviglia e operoso ingegno. Come per la Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri. A lungo simbolo di Arte Sella, questa imponente architettura naturale è un’opera in perenne divenire, le arcate e le colonne della cattedrale non sono altro che alberi che nel loro crescere, mutare di colore, stagione dopo stagione, si innalzano verso il cielo. Ma sono tante le collaborazioni con i maestri dell’Art in nature. Per citarne alcuni: Arcangelo Sassolino, Nils-Udo, Arne Quinze, John Grade e Michelangelo Pistoletto. Dal 2016, è visitabile anche il giardino di Villa Strobele con un progetto legato all’architettura: il parco ospita infatti installazioni realizzate da architetti di fama internazionale, quali Atsushi Kitagawara, Kengo Kuma, Stefano Boeri e Michele De Lucchi.
«L’artista non è protagonista assoluto dell’opera d’arte ma accetta che sia la natura a completare il proprio lavoro. Le opere, infatti, sono collocate in un hic et nunc e sono costruite privilegiando materiali naturali, ma non solo. Esse escono dal paesaggio, per poi far ritorno alla natura. Quello che vogliamo difendere è il valore relazionale tra uomo e ambiente. Un esempio su tutti è forse l’opera di Sassolino e la sua macchina poetica. Si tratta di un unico masso tagliato a metà, scavato e messo su carrelli. La mattina con la luce del sole, e con l’energia di un piccolo pannello solare, il masso si apre e schiude come un fiore. Ogni 3 minuti fa mezzo centimetro. E la sera si richiude. Ogni giorno. Come natura vuole», spiega Giacomo Bianchi – Presidente di Arte Sella dal 2012.
«Aver dedicato a Montura un sentiero del parco è stato il nostro modo speciale per restituire con riconoscenza il sostegno che l’azienda ha offerto per molti anni», conclude Bianchi. Camminando tra natura e cultura, si vivono in presa diretta quelli che sono i pilastri che guidano, ieri come oggi, il brand made in Rovereto: esplorazione, avventura, viaggio, intesi come valori inestricabili che portano l’uomo ad una costante ricerca, dentro e fuori di sé, di nuovi spazi, nuovi linguaggi, nuovi modi di vivere e di vedere il mondo. “È la dimensione dell’essere Montura, una nuova via da liberare, una traccia da solcare, un cammino da seguire, una visione da realizzare”, si legge tra le righe, o meglio, fibre dei capi di abbigliamento tecnico per l’alpinismo e l’outdoor che quest’azienda manifatturiera italiana crea nelle Dolomiti da due decenni. Perché ciascun capo Montura nasce sul campo, in montagna e in parete, è tessuto con l’azione e l’esperienza di alpinisti, atleti e addetti alla sicurezza. Una cucitura, una tasca, la ricerca dei materiali, ogni dettaglio è parte organica e armoniosa di un insieme funzionale, pratico ed ergonomico.
Oggi alla guida della nuova società è arrivato il presidente Claudio Marenzi, attuale Ceo nonché proprietario di Herno S.p.A. (Herno è infatti azionista di maggioranza con il 55%, a cui si aggiunge la Holding di investimento Nuo S.p.A, che detiene il 45%), appassionato di sci alpinismo e affezionato cliente Montura sin dalla sua fondazione: «Il potenziale di Montura è enorme» – commenta il presidente e Ceo di Herno, Claudio Marenzi – «ammetto che alla base di questa operazione c’è prima di tutto la passione! Faccio alpinismo da fine anni Settanta, ho comprato il primo Vertigo di Montura nel 2001, ho conosciuto Roberto (Giordani, che ha dato vita al brand nel 2000 e in 20 anni lo ha portato ad essere un riferimento per il prodotto tecnico da montagna, ndr) nel 2016 e, pur venendo da esperienze diverse, abbiamo condiviso gli stessi valori imprenditoriali, concordi che la funzione di creare e ridistribuire ricchezza è imprescindibile».
«Per questo Montura partecipa direttamente a molti progetti di atleti impegnati in differenti discipline, dallo sci alpinismo all’arrampicata, runner o alpinisti d’alta quota: compagni d’avventura, alleati d’imprese (non ultimo, l’annuncio di Hervé Barmasse come ambassador del brand, ndr). In questo modo riconosce le esigenze e interpreta i sogni degli uomini che vivono la montagna. Grazie ai loro sguardi esplora territori vergini e focalizza idee. Quelle che trovano spazio anche in Montura Editing: laboratorio d’incontro e d’espressione, per sperimentare e raccontare in modo diverso emozioni e visioni della realtà. Alla ricerca di nuove strade, naturalmente», prosegue Marenzi. Montura Editing è infatti la cassa di risonanza dei valori del marchio e della responsabilità sociale dell’azienda. Ogni anno vengono stanziate risorse ed energie per rendere la cultura della montagna accessibile a un pubblico più vasto. Perché la responsabilità climatica non può prescindere dalla responsabilità sociale. Solo così si possono tracciare orme gentili lungo il sentiero tra uomo e natura. Come ricorda Primo Levi tra le pagine di Ferro, la montagna è la vera espressione di un altrove felice. Perché, in natura come in letteratura, siamo sempre nani sulle spalle di giganti: “Vedere Sandro in montagna riconciliava col mondo, e faceva dimenticare l’incubo che gravava sull’Europa. Era il suo luogo, quello per cui era fatto, come le marmotte di cui imitava il fischio e il grifo: in montagna diventava felice, di una felicità silenziosa e contagiosa, come una luce che si accenda. Suscitava in me una comunione nuova con la terra e il cielo, in cui confluivano il mio bisogno di libertà, la pienezza delle forze, e la fame di capire le cose che mi avevano spinto alla chimica. Uscivamo all’aurora, strofinandoci gli occhi, dalla portina del bivacco Martinotti, ed ecco tutto intorno, appena toccate dal sole, le montagne candide e brune, nuove come create nella notte appena svanita, e insieme innumerabilmente antiche. Erano un’isola, un altrove”.