La France Insoumise (Lfi) e Jean-Luc Mélenchon sono (di nuovo) protagoniste in negativo, a causa delle controverse dichiarazioni rilasciate dopo l’attacco terroristico di Hamas in Israele. Il partito ha assunto una posizione ambigua e, in un comunicato, non ha menzionato esplicitamente la responsabilità del gruppo islamista palestinese.
La mancata condanna ha aperto una profonda spaccatura nella Nuova unione popolare ecologica e sociale (Nupes), l’alleanza progressista guidata da Mélenchon e di cui fanno parte anche il Partito comunista francese, i Verdi e il Partito Socialista. I comunisti hanno chiesto, nel corso dell’ultimo convegno nazionale, «una nuova forma di unione» tra i partiti di sinistra ricordando che «Nupes è nata dalla volontà egemonica di Lfi e si è trasformata in una strada senza uscita».
I dubbi su Mélenchon e sul futuro dell’alleanza sono condivisi anche dai Socialisti e dai Verdi. I primi hanno annunciato di volersi prendere una pausa dalla Nupes dopo la sortita di Mélenchon su Hamas. Il segretario Olivier Faure dovrà rispondere alla crescente pressione dei membri del partito, per rendere questa pausa permanente. Marine Tondelier, leader dei Verdi, ha invece dichiarato «di non sapere più cosa dire su Mélenchon e sul suo partito» e «di avere l’impressione che siano impegnato in una strategia che mira al conflitto costante».
Il sospetto, come traspare dalle parole della Tondelier, è che il problema non sia “solo” il caso Hamas – rilanciato anche dalla mancata condanna, ai limiti dell’apologia, della deputata Danièle Obono – ma anche l’ingombrante personalità del capo, trasformatosi in padre padrone da che era leader insostituibile dell’ultrasinistra francese.
Ha sfiorato la seconda posizione (e quindi il ballottaggio) alle elezioni presidenziali del 2022, piazzandosi al terzo posto con il 21,95 per cento dei voti, a poco meno di un punto e mezzo da Marine Le Pen. La Nupes ha poi ottenuto centotrentuno seggi alle elezioni parlamentari dello stesso anno, in seconda posizione dietro la formazione presidenziale Ensemble!.
Il programma comune, incentrato sul salario minimo di millecinquecento euro al mese e sulla pensione a sessanta anni, ha trovato una sintesi in campo economico, ma le divergenze tra i partiti in altri ambiti, come i rapporti con l’Unione europea e con la Russia, sono marcate.
Mélenchon, durante una lezione tenuta agli studenti dell’Institut Libre des Relations Internationales alla fine del 2022, aveva criticato le sanzioni alla Russia definendole responsabili, della «crisi politica» delle «nazioni europee prese per la gola dagli Stati Uniti». Il leader de La France Insoumise aveva sostenuto che la Francia dovesse «assumere una posizione di non allineamento» in quanto «in grado di difendersi da sola senza chiedere nulla a nessuno».
Il partito di Mélenchon si era già astenuto due volte, al Parlamento europeo, su provvedimenti a favore dell’Ucraina. Il primo di questi definiva la Russia come «uno Stato terrorista» e Lfi aveva bollato la terminologia come «controproducente, se si vuole giungere aduna soluzione diplomatica del conflitto». L’eurodeputata di Lfi Manon Aubry aveva difeso la posizione del partito ricordando che aveva sostenuto «ventiquattro disegni di legge» che vertevano anche sulle sanzioni e sull’aiuto logistico all’Ucraina.
In quelle due occasioni, invece, Verdi e Socialisti avevano votato a favore e, più in generale, hanno posizioni più europeiste e atlantiste rispetto alla controparte. Il sindaco di Nantes Nicolas Mayer-Rossignol, figura di spicco del Partito socialista, ha chiesto retoricamente al movimento di Mélenchon se vuole «rafforzare la difesa europea restando nell’ambito multilaterale della Nato oppure no? Perché per noi uscirne è una follia».
I contrasti con Mélenchon non riguardano solo la componente moderata di Nupes ma anche quella radicale. Il leader del Partito Comunista Fabien Roussel ha difeso la necessità di una maggiore libertà di azione per il suo partito, ha sottolineato le differenze ideologiche con La France Insoumise e ha criticato il concetto di «decrescita». Mélenchon e Manuel Bompard, co-leader di Lfi, hanno invece parlato di «un forte disagio nella sinistra» a causa di «alcune dichiarazioni» del leader comunista.
I rapporti complessi tra i membri di Nupes e le particolarità del sistema elettorale proporzionale in vigore alle elezioni europee hanno prodotto un risultato concreto: i Verdi, i Comunisti e i Socialisti si presenteranno da soli nel 2024. In molti, all’interno dell’alleanza, ritengono che le differenze tra i partiti siano ancora troppo marcate per pensare a una lista unica e alcuni sondaggi, citati da Euractiv, indicano che potrebbe essere più conveniente presentarsi separati.
In sede comunitaria le anime di Nupes aderiscono, peraltro, a gruppi parlamentari diversi: l’ala marxista e Lfi fanno parte della Sinistra europea (Gue/Ngl), i socialisti stanno con l’Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici (S&D) che sostiene Ursula von der Leyen, mentre i Verdi con l’omonima famiglia ecologista. La designazione di un gruppo e di una linea politica unici per tutti i partiti avrebbe comportato profonde (e forse inconciliabili) fratture tra i membri di Nupes e si è preferito prendere strade separate.
Il punto è che la difficile convivenza tra i partiti della sinistra francese, rivelatasi una scelta obbligata per risultare ancora competitivi dopo un periodo di crisi, appare funzionale alle particolarità del sistema presidenziale francese. La designazione di un candidato unico come Mélenchon è stata necessaria per provare ad accedere al ballottaggio convogliando su di sé i voti anti-Macron.
Le elezioni presidenziali sono incentrate sulla personalità dei candidati, ma quando il discorso si allarga ai partiti, diventa molto complesso fare una sintesi efficace di tutte le posizioni in campo ed emergono incomprensioni e sensibilità diverse. Il flirt tra la sinistra massimalista e populista con quella moderata, qui come altrove, rischia di trasformarsi in un nulla di fatto.