Veti e voti La Romania chiede i danni per l’esclusione da Schengen

La necessità di valutare un risarcimento nei confronti di Sofia e Bucarest, in lista d’attesa dal 2011 ma bloccate dall’ostruzione austriaca, è stata accolta anche dal Parlamento europeo. L’unico gruppo a opporsi è Identità e Democrazia

Ingresso area schengen
Foto AP

L’Area Schengen è uno dei risultati più tangibili del lungo (e talvolta accidentato) processo di integrazione europea. L’area di libera circolazione garantisce a quattrocentoventi milioni di cittadini la possibilità di spostarsi liberamente tra i territori delle ventisei nazioni che vi hanno aderito ed è diventata nel tempo uno dei pilastri dell’Unione europea. La partecipazione all’area non coinvolge, però, tutti gli Stati membri dell’Ue.

Cipro ne è rimasto fuori a causa del contenzioso in atto con la Repubblica di Cipro Nord, l’Irlanda ha preferito mantenere in vita l’accordo di libera circolazione con il Regno Unito, mentre Bulgaria e Romania continuano a esserne escluse a causa dei veti espressi da alcuni Stati membri dell’Unione nei loro confronti.

L’adesione a Schengen richiede l’applicazione di regole comuni, un’adeguata gestione delle frontiere esterne, la condivisione delle informazioni sulla sicurezza e un’efficiente cooperazione di polizia. Bucarest e Sofia ritengono di aver soddisfatto da anni tutti i criteri sin dal 2011 e tanto la Commissione quanto il Parlamento europeo si sono schierati in loro favore.

La questione, che si trascina da più da un decennio, è diventata frustrante perché l’ingresso di un nuovo membro in Schengen deve ricevere l’unanime approvazione del Consiglio dell’Unione europea, un organo politico che riunisce i ministri dei ventisette Stati membri e questa unanimità sembra molto difficile da raggiungere.

Nel dicembre 2022, come ricordato da Eu Observer, il Consiglio ha votato in favore dell’ammissione di Bucarest e Sofia, ma sono poi sopraggiunti i veti espressi dall’Austria e dai Paesi Bassi (la Romania ha ricevuto il no solamente dall’Austria, mentre la Bulgaria da entrambe le nazioni). L’Aia e Vienna hanno motivato la loro scelta citando la mancata piena applicazione degli standard comunitari nell’ambito dello stato di diritto e i presunti legami tra le gang criminali e le élite politiche bulgare e romene.

I veti sono stati accolti con rabbia a Bucarest e Sofia perché, tanto secondo la popolazione quanto secondo i politici, sono stati usati dal governo austriaco e da quello olandese come strumenti per guadagnare consensi e strapparli ai partiti anti-immigrazione in crescita. I dinieghi sarebbero dunque motivati da ragioni di politica interna e avrebbero scarsi legami con la realtà dei fatti. Su alcuni social media si è arrivati a proporre il boicottaggio dei prodotti austriaci e olandesi: un chiaro segno degli umori di una parte della popolazione.

Il ministro dei Trasporti romeno Sorin Grindeanu ha reso noto che Bucarest sta valutando la richiesta di un risarcimento a Bruxelles per le perdite economiche subite a causa del mancato ingresso nell’Area Schengen. Grindeanu ha dichiarato che le perdite ammontano «al due per cento del Prodotto interno lordo» e ha ricordato come Bucarest abbia investito sulle infrastrutture delle regioni orientali.

L’eurodeputato Vlad Gheorghe, esponente del partito liberale Unione Salvate la Romania, vorrebbe invece presentare un conto da undici miliardi di euro all’Austria. La necessità di valutare un risarcimento nei confronti di Bulgaria e Romania è stata accolta anche dal Parlamento europeo che, come riportato da Euractiv, ha varato una risoluzione che chiede alla Commissione di «stimare le perdite finanziarie, i mancati benefici e i danni ambientali subiti dalla Romania e dalla Bulgaria, nonché dall’Unione nel suo complesso, dal 2011 a causa del fatto che Romania e Bulgaria non sono membri di Schengen».

La presidente della Commissione, Ursula von del Leyen, ha recentemente dichiarato che Bulgaria e Romania dovrebbe essere ammesse nell’area di libera circolazione «senza alcun ritardo aggiuntivo» e che «Bulgaria e Romania hanno provato di essere parte di Schengen». Von der Leyen ha inoltre ricordato che Bucarest e Sofia hanno «mostrato quale strada percorrere agli altri Stati membri» in materia di concessione del diritto di asilo e rimpatri.

Renew Europe, il gruppo che riunisce le formazioni liberali a Bruxelles, ha pubblicato una dichiarazione in cui esprime il massimo supporto per l’ingresso immediato di Bulgaria e Romania nell’Area e chiede al Consiglio europeo di porre fine ai veti ingiustificati espressi nei confronti dei due Paesi. Il presidente di Renew Europe Stéphane Séjourné ha ricordato come «Bulgaria e Romania abbiano completato da tempo e in maniera soddisfacente il processo di valutazione per aderire a Schengen» e che «non ci sono ragioni credibili per perpetuare questa esclusione».

Il Partito Socialista Europeo (Pse) aveva reso noto, nel dicembre 2022, che la mancata ammissione di Bucarest e Sofia aveva inferto un duro colpo all’unità europea proprio quando questa era necessaria. Il Presidente del Pes, Stefan Löfven aveva dichiarato che «Romania e Bulgaria si sono meritate l’ingresso nell’Area Schengen».

Il pieno supporto a Bucarest e Sofia era stato promesso anche da Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo («Con l’ingresso di Bulgaria e Romania potremo proteggere al meglio i nostri confini e rafforzare l’intera Area Schengen»), e dai co-leader dei Verdi Thomas Waitz e Melanie Vogel secondo cui «estendere l’Accordo di Schengen a Romania e Bulgaria è essenziale per l’integrazione europea».

L’unico euro-gruppo ad aver espresso la propria contrarietà all’ingresso delle due nazioni dell’Europa orientale è quello di Identità e Democrazia, che riunisce diverse formazioni di destra radicale e di cui è membro anche la Lega. Guido Reil, esponente di Alternative fur Deutschland, aveva infatti definito la Romania «il selvaggio West nel cuore dell’Europa» e «problematici» i livelli di corruzione e la presenza del crimine organizzato nei due Paesi.

Il grande supporto dimostrato dalle famiglie politiche europee, con poche eccezioni, all’ingresso di Bulgaria e Romania nell’Area Schengen non sembra aver scalfito, almeno per il momento, la determinazione dell’Austria. Il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg ha dichiarato che il suo Paese continua a essere contrario all’allargamento dell’area di libera circolazione per timori legati alle migrazioni.

Schallenberg ha dichiarato che «l’Austria non ha una posizione preconcetta contro Bulgaria e Romania, ma deve tenere conto che il venti per cento dei migranti che hanno raggiunto il suo territorio nel 2022 erano passati in precedenza dai confini romeni».

La posizione espressa da Vienna dimostra quanto un veto minoritario possa incidere sulla prospettiva di due nazioni, nello specifico Bulgaria e Romania, che si sono dimostrate filo-europee.

Il rischio è che il proseguire di questa situazione possa far aumentare la delusione e lo scetticismo nei confronti di Bruxelles sia a Bucarest che a Sofia con conseguente crescita di partiti anti-europeisti ed euroscettici. La complessità di alcuni meccanismi di integrazione e la loro suscettibilità a veti individuali può rivelarsi un pericoloso boomerang per Bruxelles che ha invece bisogno di soluzioni chiare e dirette.

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