La chiave è l’attenzione Strategie ed evoluzione del branded entertainment

Il futuro delle possibilità comunicative del Food & Beverage in nove punti. Per scoprire quando il racconto di marchio smette di essere sterile pubblicità e agisce anche nel sociale

Da circa sessant’anni i brand del Food & Beverage hanno conquistato un posto di diritto nell’immaginario collettivo mondiale, legando in maniera inequivocabile cibo e cultura di un popolo. A che punto è la narrazione di marca? Quali sono le strategie più efficaci e innovative? L’abbiamo scoperto durante “The Evolution of Taste”, organizzato da La Centrale di Nuvola Lavazza in partnership con OBE (Osservatorio Branded Entertainment) e brandstories: il primo evento sul territorio piemontese che esplora e dimostra l’efficacia delle strategie più innovative di branded entertainment, quel settore della comunicazione che non è semplice narrazione, ma funziona in primis grazie all’abilità di chi racconta e permette al consumatore di immedesimarsi nel cambiamento.

In rapporto alle altre, le aziende del settore F&B sono quelle che spendono di più in contenuti di branded entertainment

Del totale, circa il trentasei per cento degli Adv sono comunicati attraverso il mezzo televisivo, e il motivo è facilmente intuibile: serialità, immediatezza e un livello di attenzione del consumatore mediamente più alto rispetto a quello ottenibile sui social media. È il supporto più regolamentato ma anche quello in cui si ha una maggiore possibilità espressiva, può essere teatro di corti animati o cinematografici in cui lo spettatore è agevolato nel processo di immedesimazione. I parametri che OBE utilizza per rilevare il successo di un’azienda nella sua strategia di branded entertainment sono numerosi, includono dati incrociati come il Ricordo della Pubblicità e il Ricordo del Content (il consumatore non solo afferma di aver visto la pubblicità del brand ma ricorda di aver visto il prodotto in altri contesti), informazioni che attestano la popolarità dell’azienda come Awareness e Familiarity, o il grado di empatia che essa è in grado di stimolare nell’utente, la Mimesis.

I social funzionano altrettanto bene nella comunicazione del F&B, soprattutto grazie a ricette, sfide ed esperimenti sociali che aprono i brand al dialogo con “la voce della strada”, avvicinandoli al consumatore. Questo processo è facilitato dalla figura trasversale del content creator, un amatore che è in grado di creare contenuti in linea con lo stile della piattaforma e di cui si premia la partecipazione in prima persona.

Il branded entertainment può raccontare alternativamente sia le radici sia le prospettive d’innovazione del marchio

La narrazione è tanto più affascinante quanto più ci permette di scavare nella storia e nell’identità di un’azienda, che adesso afferma con orgoglio le proprie radici, ricerca il legame con la sua terra d’origine in un processo di personificazione. Lo vediamo nello spot ultra-provocatorio di Corona “Unfiltered Mexico”, un corto di critica alla stereotipizzazione della cultura messicana operata dall’industria cinematografica, e rilasciato proprio durante la notte degli Oscar di quest’anno. Ugualmente si racconta l’innovazione, non solo del prodotto in sé ma anche dei possibili utilizzi dello stesso.

Si rende virtuale un rapporto strettamente materiale, quello con il prodotto

Dal virtuale c’è sempre un elemento che riporta l’utente alla realtà, e cioè lo stimolo, la necessità di comprare il prodotto con cui altrimenti non avrebbe modo di interagire. Magnum è stata la prima società a giocare ad alti livelli con il Metaverso creando “Pleasureland”, un mondo utopico dove scorrono cascate di caramello e le montagne sono fatte di cioccolato; ma c’è un ma, finché si rimane nel virtuale, il sapore dei loro gelati lo si può solo immaginare.

Per supportare i contenuti di intrattenimento, i brand creano delle piattaforme originali

Si parla di magazine e siti web dedicati dove vengono raccolti i branded content del marchio. Un esempio calzante è San Pellegrino, che dal 2011 diventa sponsor delle più rilevanti iniziative legate al mondo del F&B con “Fine Dining Lovers”, una piattaforma digitale internazionale dove affluiscono video, articoli e ricette che testimoniano il protagonismo di Acqua San Pellegrino e Acqua Panna nelle migliori esperienze passate a tavola. Lo stesso vale per i due progetti laterali di Lavazza e Levissima, rispettivamente “Blender Magazine” e “Regeneration Stories”.

Gastronazionalismo: quando la tradizione diventa una zavorra

Il concetto di gastronazionalismo nasce in ambito sociologico e identifica il fenomeno per cui una comunità crea una serie di assiomi, riguardanti le abitudini alimentari, che vengono strumentalizzati per distinguersi dagli altri gruppi. Si capisce bene come la dimostrazione della loro veridicità agli occhi dei membri, che passa dal “si è sempre fatto così”, costituisca un ostacolo non indifferente all’evoluzione dei brand. Ciò che succede è che le radici della cultura, culinaria o altra che sia, offuscano la visione generale della stessa rubando spazio all’innovazione. È una narrazione che nel nostro paese inizia negli anni ’60 e ’70, quando la crisi economica e la recessione causano che si guardi al passato associandolo a una condizione di benessere per cui si prova nostalgia.

Per non fossilizzarsi, i brand devono parlare anche a un target giovane

Una delle prerogative della comunicazione di prodotto è che può essere plasmata sulle caratteristiche demografiche e culturali di un paese, con l’obiettivo di coinvolgere il maggior numero di persone possibile. Una buona strategia per richiamare l’attenzione dei giovani passa necessariamente dalla capacità del brand di intercettare le tendenze, che spesso e volentieri si traducono, se non in una rottura integrale, in un discostamento dalla tradizione. Ecco che l’americano smette di essere un espresso annacquato e ci si ricorda che il ketchup è fatto con i pomodori; è anche lo stesso motivo per cui la mixology, a differenza dell’enologia che ha un percepito più “altolocato”, è così apprezzata dai giovani, perché la possono rimaneggiare a loro piacimento senza paura di incappare in qualche taboo gastronazionalista. Targhettizzare una fascia d’età però non è sufficiente, bisogna anche essere consistenti con le sue tipicità e i suoi linguaggi perché la comunicazione dei contenuti sia lineare.

È giusto che le aziende prendano posizione rispetto ai temi sociali

Un discorso che vale indipendentemente dalla dimensione del brand e dal peso sociale del tema. Abbiamo definito il branded entertainment come qualcosa che va al di là della pubblicità tradizionale perché mette in scena una narrazione coinvolgente, che per essere tale deve solleticare dei nervi scoperti, delle realtà con cui il consumatore viene in contatto quotidianamente. Dall’inquinamento oceanico alla sensibilizzazione sui diritti del movimento LGBTQ+, in quanto agenti sociali (e non solo commerciali) è corretto che le aziende collaborino con le istituzioni per contrastare crisi e situazioni di difficoltà. “Adamo 2050”, un corto documentario rilasciato da Plasmon a inizio anno, è la rappresentazione ideale di come un brand storico, attivo da più di cent’anni, si impegni a richiamare l’attenzione sul trend della natalità in calo. In un futuro distopico e non poi così lontano, l’Italia assiste alla nascita dell’ultimo bambino, portavoce di una generazione sola, senza fratelli o sorelle né amici con cui giocare. Anche Danette si è mossa in questa direzione, permettendo all’imprenditore Nico Acampora di adottare il celebre slogan del brand per supportare il progetto PizzaAut, la prima pizzeria gestita interamente da ragazzi autistici.

The flavour of euphoria: il ruolo del benessere nella comunicazione del F&B

Dagli anni ’90 si assiste a una progressiva perdita di potere del racconto familiare in favore di un approccio al gusto più avventuroso, c’è interesse per i sapori esplosivi e per il coinvolgimento sensoriale totalizzante. Questo si lega alla coesistenza storica, in ambito comunicativo, di due entità che sono facce di una stessa medaglia: cibo e benessere. Agli occhi delle nuove generazioni, la moralizzazione dei consumi alimentari caratteristica del mindset Millenial, sfuma in favore di un’indulgenza e di una consapevolezza nuova rispetto alle esigenze del proprio corpo. Si riscoprono l’alimentazione intuitiva e il ruolo cardine della sfera emotiva nelle scelte alimentari, una trasformazione immediatamente intercettata da molti brand che si sono specializzati in una comunicazione irriverente, che non si nasconde dietro al falso mito dell’automiglioramento frutto di scelte alimentari privative.

Abbiamo imparato a custodire la salute attraverso ciò che mangiamo, oggi sappiamo che vivere a dieta (dove per dieta si intende un regime ipocalorico) non è sostenibile. La coccola che concediamo a noi stessi può prendere la forma di un gelato che nessun artigiano confezionerebbe mai, di una pizza con l’ananas o di un bicchiere d’acqua fresca in piena estate, l’importante è che ci faccia stare bene con noi stessi.

Alpro, brand leader nel settore delle bevande vegetali, ha dimostrato come una comunicazione incentrata sul gusto più che sul benessere in sé si sia dimostrata un’efficace strategia di marketing. Un prodotto che in passato apparteneva a una categoria privativa (era “senza qualcosa”, pensato ad esempio per gli intolleranti) oggi è percepito in relazione a una serie di vantaggi come la leggerezza e il minor impatto ambientale, oltre ovviamente a un sapore piacevole.

Il futuro del branded entertainment per chi sta “nel mezzo”, difficoltà e possibili strategie comunicative delle aziende di medie dimensioni

La comunicazione non è esente da ostacoli, soprattutto quando si tratta di cambiarla per svecchiare l’immagine del brand o per rivolgersi a nuovi target. Lo sanno bene le società che non dispongono dei budget per rivoluzionare completamente la produzione e negli ultimi tempi si stanno scontrando con la necessità di rinnovare le proprie strategie di brand communication. In questo caso, spostare l’attenzione del consumatore dal prodotto al processo di produzione può essere utile, così come essere in grado di intercettare i trend e aderire a una politica di trasparenza comunicativa. Aumenta il grado di affinità che l’utente sente nei confronti del marchio, facilitandone l’evoluzione e incrementandone le vendite.

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