Più lago per tuttiDestinazione Casa Leali, una sosta gourmet sul Lago di Garda

Una casa di famiglia rimessa a nuovo, un progetto cresciuto e cambiato nel tempo di pari passo con idee e ambizioni, vi raccontiamo la storia di Andrea e Marco Leali

In modi diversi quest’anno abbiamo provato a raccontare i nostri laghi, principalmente quelli di Piemonte e Lombardia, in quanto grande risorsa di indotto per il settore turistico ed enogastronomico europeo. Sono ancora pochi gli italiani che optano per queste destinazioni come mete di vacanze di medio e lungo periodo, ma sono molti invece quelli che vanno al lago per una gita di pochi giorni, un weekend o per un pranzo domenicale. Quando l’idea della villeggiatura aveva più presa nell’Italia del boom economico tantissime ville lungolago e proprietà con vista hanno trovato famiglie benestanti che le hanno acquistate, ristrutturate e adibite a luoghi di immenso relax e natura.

A raggiungere Puegnago sul Garda ci si impiega circa novanta minuti dal centro di Milano. Si esce dall’autostrada quasi subito, per immergersi ben presto nelle dolci colline vitate, attraversando paesi, borghi, aziende agricole. In questa piccola cittadina, quella che prima era appunto la casa di famiglia dei Leali oggi è stata trasformata in una casa del gusto, aperta al pubblico e dedicata all’ospitalità.

Casa Leali è il fiore all’occhiello di Andrea (1993) e Marco (1989), fratelli di sangue e soci imprenditori impegnati in due diverse attività. Il bistrot Pijei, aperto originariamente dai genitori a Salò, è un luogo particolarmente vivace, giorno e sera e con una proposta decisamente più casual, informale e conviviale. La materia prima del bistrot e quindi anche determinate preparazioni e lavorazioni arrivano però da una stessa cucina-laboratorio, che è quella del ristorante gourmet Casa Leali. Menzionato dalla Guida Michelin per l’atmosfera accogliente, l’importante carta dei vini e il valore della proposta gastronomica, questo indirizzo è una piccola bomboniera.

Bisogna riconoscere che il legame fraterno tra i due giovani alla guida di questo progetto emerge in una coerenza costante di contenuti, racconto, professionalità, compostezza. Ogni portata è densa perché completa, tecnicamente elaborata, ricca di territorio, stagione e scelte, tentativi andati a buon fine e non, abbinamenti nascosti, profumi, sapori. La cucina di Andrea non grida attenzione ma si presenta con grande serietà, analitica sul proprio percorso e sulla propria aria geografica.

C’è un senso della misura – che si riflette molto nella cura di ogni oggetto in tavola e ogni piatto – che la dice lunga sulle persone che animano questa Casa e ne suggerisce un secondo livello di lettura. In un momento di transizione stagionale e di staff in rodaggio – Andrea ha da poco ricostruito la sua brigata con nuove leve, giovani talentuosi in avvicinamento al mondo della cucina – abbiamo provato a fare un excursus il più rappresentativo della cucina dello chef senza tralasciare l’estensiva ricerca sul vegetale.

Negli ultimi anni, tutto il panorama di tuberi, vegetali, legumi, radici ha suscitato grande interesse per via delle incredibili proprietà che questi ingredienti sono capaci di offrire. Tecnicamente, è un modo per mettersi alla prova così come con il cliente, è un percorso di avvicinamento e conoscenza 2.0 di quella materia prima stessa. Mai come in questo momento il vegetale è stato al centro di riflessioni e studi culinari, scientifici, laboratoriali e chimici – anche e soprattutto applicati alla cucina.

Nel momento in cui si riesce quindi a uscire dalla banalità per andare alla ricerca di quella nota che fa riflettere e soffermare su un boccone e quindi sul piatto, allora si è oltrepassato un ostacolo. Nel momento in cui si riesce a tenere salde alcune posizioni più estreme, ma particolarmente ben ponderate, doppia vittoria.

Ne è un esempio il RisoLimone, uno dei piatti forse da più tempo presenti in carta da Andrea e non a caso il più diviso. Il riso risottato con un brodo di verdure bianche, polpa di limoni e albedo. In mantecatura vengono aggiunti beurre blanc e capperi canditi salati. La canditura quindi non è zuccherina ma sapida, i solfiti del beurre blanc accentuano notevolmente l’acidità complessiva del piatto che si scontra con il sale di quello che invece dovrebbe essere un elemento che infonde morbidezza. Un piatto forte, volutamente oltre, apparentemente sbilanciato, dove occorre trovare il giusto equilibrio di sapori ogni volta, ma quantomeno con una personalità netta e memorabile all’assaggio. Sul peperone si è scelto di lavorare diversamente ponendo l’attenzione su consistenze, cotture, stratificazioni di masticazione. E il risultato – oltre ad una estrema digeribilità – è scenografico nel servizio e buono da gustare.

Il bello del nostro Paese sono proprio queste realtà cesellate in ogni idea, dettaglio, obiettivo. I due fratelli lavorano in maniera certosina, accogliendo gli ospiti con professionalità e tanta voglia di raccontarsi, di farti entrare nella loro visione e dimensione. Senza essere prepotenti. Forse è questo uno dei più grandi segreti dell’accoglienza, «basso profilo e altissime prestazioni».

Tutte le immagini sono di Gaia Menchicchi

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter