L’altro fronteDiversi civili sono stati feriti negli attacchi di Hezbollah lanciati nel nord di Israele

Il gruppo militante libanese ha rivendicato la responsabilità di lanci di missili anticarro dal confine. L’Idf sta colpendo l’area in cui risiede «una cellula terroristica incorporata in un’area civile in Libano»

AP/Lapresse

Nella notte le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno colpito, con un raid di droni, «una cellula terroristica che tentava di lanciare missili anticarro verso il nord di Israele, vicino all’area di Metula». È la risposta a un attacco di Hezbollah, che poco prima aveva lanciato missili anticarro verso l’area di Dovev, nel nord di Israele, ferendo «numerosi civili», come riportano quasi tutte le fonti israeliane. L’organizzazione paramilitare con sede in Libano ha rivendicato l’aggressione, ha confermato che aveva ucciso e ferito un numero imprecisato di persone e ha provato a spiegare dicendo che aveva preso di mira una squadra logistica militare che stava per iniziare a installare torri di comunicazione e attrezzature di sorveglianza.

Non è il primo attacco di questo tipo da parte di Hezbollah nell’ultimo mese. D’altronde, lo stesso Hassan Nasrallah, segretario generale del gruppo, ha dichiarato sabato scorso che Hezbollah manterrà alta la pressione su Israele, che secondo lui «cerca di sottomettere la regione».

Intanto gli stessi israeliani percepiscono che lo Stato ebraico non è più tanto al sicuro. Sono sempre di più quelli che stanno lasciando le loro case, cercando riparo all’estero. Un articolo del Guardian, firmato da Helena Smith, racconta come per molti israeliani l’isola di Cipro, nel Mediterraneo, sia diventata una rifugio dopo l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre. «Nei momenti più tranquilli, l’edificio di quattro piani che ospita il centro della comunità ebraica nel cuore di Larnaca è un’oasi di pace. Ma in questi giorni, in quanto punto di riferimento per migliaia di persone in fuga dal paese in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre, il centro è entrato in crisi, i suoi corridoi e spazi ricreativi pullulano di sfollati, alcuni giovani, altri anziani, ma tutti legati da un desiderio comune di cercare conforto su un’isola a soli 40 minuti di volo».

Nel mese trascorso dallo scoppio del conflitto, sempre più famiglie hanno raggiunto Cipro, molte spinte dal timore di ritorsioni in seguito al feroce contrattacco dell’esercito israeliano contro Hamas a Gaza.

«Ogni giorno arrivano circa mille persone», ha detto Arie Zeev Raskin, il rabbino capo dell’isola, nel suo ufficio pieno di libri al centro. “Più di sedicimila persone sono arrivate a Cipro in cerca di pace da quel terribile giorno», ha detto riferendosi all’incursione senza precedenti dei militanti islamici con sede a Gaza che vedrebbe la morte di milleduecento persone, oltre duecentoquaranta prese in ostaggio e spingerebbe la regione in rinnovato spargimento di sangue. «Ci sono madri single, bambini traumatizzati, persone che non riescono a sopportare il rumore dei razzi che esplodono ogni giorno. Offriamo loro tutto ciò che possiamo, che sia un letto, cibo, alloggio temporaneo», aggiunge Arie Zeev Raskin.

Sentirsi al sicuro, per il popolo ebraico, non è più così scontato, anche se lontano dagli attacchi di Hamas o Hezbollah. In tutta Europa ci sono state dimostrazioni di antisemitismo e di odio, per le strade, nelle piazze, con manifestazioni e altre dimostrazioni.

È per questo che in Francia è stata organizzata ieri una marcia contro l’antisemitismo a cui hanno partecipato circa centomila persone. La manifestazione è arrivata dopo l’appello dei presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato, in risposta proprio al moltiplicarsi degli episodi antisemiti in tutto il Paese. Per la Prefettura di Parigi, sono state circa centocinquemila le persone che sono scese in piazza nella capitale, e in totale poco meno di duecentomila in tutta la Francia.

«Una Francia in cui i nostri concittadini ebrei hanno paura non è la Francia», ha detto Emmanuel Macron alla marcia civica, dove invece la leader del Rassemblement National Marine Le Pen è stata fortemente criticata.

Provando a chiudere con il suo passato e con l’eredità delle ripetute condanne per antisemitismo del Front National fondato da suo padre, Le Pen sta provando a piazzarsi più al centro dello scacchiere politico, sperando in una normalizzazione che però forse non avverrà mai del tutto.

Dal 7 ottobre è schierata in modo netto con il diritto di Israele a difendersi e contro la barbarie islamista di Hamas. E per questo è arrivata alla marcia, tenendosi un po’ in disparte rispetto alla premier Elisabeth Borne, alcuni ministri del governo, gli ex presidenti Nicolas Sarkozy e François Hollande e ai rappresentanti dei vari partiti – non c’era la sinistra di Jean-Luc Mélenchon. «Siamo esattamente dove dobbiamo essere», ha detto Le Pen, arrivata all’appuntamento con una quarantina di deputati, sfilando non lontano da sua nipote Marion Marechal, ormai affiliata al partito rivale Renconquête. Ma l’arrivo dei lepenisti è stato accolto con una contestazione organizzata da militanti di Golem, collettivo ebraico di sinistra che ha voluto ricordare la matrice antisemita del Rassemblement National.

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