È il trentesimo giorno di guerra tra Israele e Hamas. L’esercito israeliano ha annunciato che Gaza City è completamente circondata e che, una volta che le truppe entreranno in città, ci potrebbe essere un blitz all’ospedale di Shifa, il principale della Striscia, dove secondo l’intelligence dello Stato ebraico si nasconderebbero alti dirigenti di Hamas.
«La Striscia è ora divisa in due settori: Nord e Sud’», ha detto il portavoce militare israeliano Daniel Hagari. Le unità israeliane avrebbero intanto raggiunto la costa di Gaza, mentre nella notte sono proseguiti i bombardamenti israeliani sulla Striscia. Le 18 principali agenzie delle Nazioni Unite e diverse organizzazioni internazionali, tra le quali Save the Children e Care International, hanno fatto un appello congiunto per un «immediato cessate il fuoco umanitario» a Gaza.
Al momento, però, si sa poco di quello che sta succedendo sul campo, anche perché la Striscia di Gaza è rimasta di nuovo senza comunicazioni internet e telefoniche. Per la terza volta negli ultimi dieci giorni.
Mentre ieri è stata anche una giornata dei colloqui. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato a Ramallah il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, che si sarebbe detto disponibile ad amministrare la Striscia nel caso in cui Hamas fosse deposta. Subito dopo essere stato a Ramallah, Blinken si è spostato in Iraq dove ha incontrato, in una visita a sorpresa, il primo ministro Mohammed Shia Al Sudani.
Nella stessa giornata la guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha incontrato il leader di Hamas Ismail Haniyeh, complimentandosi per «la resilienza del popolo di Gaza» e criticando «il regime sionista, supportato direttamente da Washington e alcuni Paesi occidentali».
Oggi Blinken farà tappa in Turchia, Paese cruciale per le trattative per gli ostaggi e il sostegno umanitario alla popolazione palestinese, ma anche per il ruolo nella Nato. Il direttore della Cia William J. Burns, invece, è oggi in Israele con l’obiettivo di convincere il governo a concedere pause umanitarie e a impegnarsi maggiormente per evitare vittime civili.
Intanto, anche un sottomarino nucleare ha preso posizione nello schieramento statunitense nel Mediterraneo orientale. Si tratterebbe dell’Uss Florida, un sottomarino trasformato in base lanciamissili navigante: a bordo ha oltre 150 cruise con testata convenzionale. Una potenza di fuoco impressionante – spiega Repubblica – che in passato gli ha permesso di condurre da solo un intero conflitto: durante la campagna libica contro Gheddafi, l’Uss Florida scagliò 90 ordigni contro le strutture del regime. Con il suo arrivo, la flotta Usa nel Mediterraneo e nel Mar Rosso ora dispone di circa trecento missili cruise: un deterrente per convincere l’Iran e gli Hezbollah libanesi a rimanere fuori dalla guerra di Gaza.