Ci sarebbe tanto da direL’ipocrisia di chi giustifica l’odio per gli ebrei e l’occasione persa per criticare gli errori di Israele

È vero che il governo di Netanyahu ha le sue colpe, ma quella verità è coperta dalle menzogne di chi vede dei paragoni improbabili con il Terzo Reich e arriva a legittimare il pogrom del 7 ottobre

AP/Lapresse

C’erano tante cose vere da dire sul conto delle scelte israeliane prima e dopo il pogrom del 7 ottobre: ora quelle cose vere sono tutte coperte dalle cose false dette su quel conto, la somma di errori anche gravissimi commessi da una democrazia trasfigurata e rubricata in un puro elenco di nefandezze criminali.

C’era molta verità da dire sulle iniziative di governo che hanno affaticato la democrazia israeliana, producendo in quel Paese una grave, per quanto vigilata, situazione di disorientamento civile e slabbramento sociale: ora quella verità è completamente coperta dalla coltre di menzogne sulla genuinità nazista di Israele e sulla indiscutibile portata usurpatrice dell’impronta ebraica su quelle terre.

C’era molta materia di indagine e critica sulle corresponsabilità israeliane, anche per calcolo di potere di alcuni, nel lasciare in ebollizione incontrollata, giusto a un passo dai propri confini e anche dentro, una situazione di pericolo evidente a molti: ora tutta quella materia di possibile e anzi dovuto scrutinio è rimossa dalle oscenità che non tra le povere macerie di un campo profughi, ma dalle redazioni democratiche e dalle manifestazioni imbandierate di pace sono propalate a spiegare che lo sgozzamento dei bambini è la risposta eccezionale a una situazione eccezionale.

E ora ci sarebbe tanto, tantissimo da dire sui bombardamenti a Gaza, tanto da dire sulla tragedia immane e certamente ingiusta dei tanti che ne subiscono le orribili conseguenze: ma tutto quel che è doveroso e giusto dirne, a cominciare dalla scelta sbagliata, e contestata innanzitutto in Israele, di reagire proprio così al pogrom del 7 ottobre, è drammaticamente cacciato nella divagazione, nel fuorviante, nella blasfemia della presunta completezza di quadro se l’informazione è confezionata in omaggio al “pluralismo” che mette in prima pagina le verità dell’Ordine dei giornalisti di Settembre nero.

Ci si pensi bene. Con ben altre implicazioni – perché qui assistiamo a uno scempio significativamente diverso – è lo stesso procedimento per il quale la strage di Bucha era doverosamente commentata con il rinvio alle inadeguatezze democratiche del governo ucraino che chiudeva i giornali o scioglieva i partiti politici. Ed erano gli stessi, a fare questo bel lavoro comparativo, gli stessi che oggi allargano le braccia se la resistenza del popolo oppresso è “costretta” a cacare nella bocca del cadavere ebreo massacrato davanti alla sua famiglia “inevitabilmente” bruciata viva. Gli stessi che ancora allargano le braccia se per la notizia delle pietre d’inciampo bruciate e per le sinagoghe assaltate e per i bambini con la kippah bastonati proprio non c’è spazio, proprio no, perché bisogna intervistare l’ebreo («Vedi? Lo dicono anche gli ebrei!») che dice che Israele non è uguale al Terzo Reich ma un po’ peggio.

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