Infuriata, ancora una volta. Infuriata come ormai le capita tutti i giorni, dal caso Giambruno ormai è una goccia che scava la pietra, altroché.
Stavolta sarebbe colpa del servizio diplomatico e del suo capo Francesco Talò che potrebbe avere ha le ore contate. Un capro espiatorio lo si trova sempre, Mediaset, un giornalista, un ambasciatore. Lei, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni detta l’Infuriata, si è cacciata in un guaio dai contorni tra il ridicolo e il penoso, e come al solito fa la vittima, ormai sta diventando una reazione prevedibile e stucchevole come le scuse di John Belushi.
Invece il problema è lei che stavolta si è un po’ allargata, come si dice a Roma. Ingannata da due comici russi (si chiamano Vovan e Lexus, pseudonimi di Vladimir Krasnov e Alexei Stolyarov), chissà in quali rapporti con il regime di Mosca – già autori di “scherzi” con politici importanti come Angela Merkel, Boris Johnson o Recep Tayyip Erdoğan ma anche star come Elton John – il 18 settembre, credendo di parlare con un importate politico dell’Unione Africana, la presidente del Consiglio italiana ne ha dette tante. Troppe. Perché di tutta questa storia da “Scherzi a parte” non va sottovalutato l’aspetto politico, cioè il contenuto delle parole pronunciate da lei in un inglese fluent soprattutto sull’Ucraina quando parla di una «stanchezza» e dice di avere la «sensazione di essere vicini al momento in cui tutti capiscono che c’è bisogno di una via d’uscita».
In che senso, stanchezza? Di chi? Di Volodymyr Zelensky? Della Nato? O dell’Italia? Non sembra la posizione né degli americani né tantomeno di Kyjiv. E il Parlamento italiano non si è mai riferito a una «via d’uscita».
Lecita è dunque la domanda che circola nell’opposizione: sta cambiando qualcosa nella linea italiana che pure Meloni ha confermato a proposito del sostegno all’Ucraina? Ecco un quesito che forse il Parlamento dovrebbe porre alla presidente del Consiglio. La quale, sempre parlando con i comici – alias politico dell’Unione africana – ha proseguito dandosi anche delle arie: «Il problema è trovare una soluzione che sia accettabile per entrambe le parti, senza violare il diritto internazionale. Ho alcune idee su come gestire questa situazione, ma sto aspettando il momento giusto per provare a presentare i miei pensieri. La controffensiva dell’Ucraina potrebbe non andare come previsto. Tutti capiscono che il conflitto potrebbe durare molti anni se non troviamo una soluzione. Il problema è trovare una soluzione accettabile per tutti senza aprire altri conflitti. Tu sai cosa penso della Libia? Potremmo parlarne per ore…».
Meloni dunque aspetta «il momento giusto» per indicare al mondo la famosa «via d’uscita». Questa “rivelazione” viene fatta a un interlocutore che non è esattamente un alleato strategico, non è Joe Biden né Olaf Scholz: sono cose da dirsi così, a un “esterno” alla Nato?
C’è da chiedersi se un altro presidente del Consiglio avrebbe avuto la stessa leggerezza, un Giulio Andreotti, un Bettino Craxi, un Romano Prodi, un Mario Draghi. E poi ovviamente c’è l’altro corno del problema, la figuraccia mondiale della quale non si sa nemmeno bene cosa dire tanto è enorme.
Si resta senza parole dinanzi al dilettantismo di chi dovrebbe “proteggere” il capo del governo, chiunque esso sia, da simili buffonesche incursioni che però costituiscono un problema serissimo addirittura per la sicurezza nazionale: e se avesse chiamato un terrorista? Le opposizioni chiedono conto di quanto è successo, con durezza Giuseppe Conte ma anche il Partito democratico, mentre Carlo Calenda accusa il servizio diplomatico osservando che «l’errore non si può addebitare a Giorgia Meloni». Mentre molto più severo è Matteo Renzi: «Giorgia Meloni dice che nessuno ascolta le sue proposte e che altri leader neanche le rispondono. Se è vero, è segno di debolezza. Se non è vero, peggio mi sento».
Intanto, tutti furibondi a Palazzo Chigi, l’Infuriata, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari che ha impapocchiato una confusa difesa. Saltano gli ingranaggi nervosi a tutta la macchina di governo di questo Paese travestito per un giorno da Repubblica delle banane. E speriamo solo per un giorno, con dilettanti così.