Può capitare che uno strumento ideato per soddisfare dei bisogni finisca per essere utilizzato per scopi diversi a causa degli eventi. Il lavoro agile, che il grande pubblico conosce come smart working, è stato introdotto in Italia attraverso la legge n. 81/2017. A dire il vero lo smart working aveva iniziato a trovare spazio già da qualche anno attraverso alcuni accordi collettivi innovativi sottoscritti principalmente tra grandi aziende multinazionali e sindacati. L’obiettivo – molto ambizioso – era quello stravolgere il paradigma della prestazione lavorativa. Il lavoro agile permette infatti di organizzare il lavoro per obiettivi mentre tradizionalmente i dipendenti sono chiamati a eseguire le attività richieste dall’azienda con diligenza, senza doversi preoccupare troppo di raggiungere un determinato risultato. Poi è arrivato il Covid e ha fermato tutto.
Nei periodi più difficili della pandemia, milioni di persone si sono trovate costrette a dover svolgere le loro mansioni dalla propria abitazione. Il legislatore, per esigenze di celerità e semplificazione, ha utilizzato impropriamente il lavoro agile per governare questo fenomeno peccando di eccessiva approssimazione. Infatti, lo svolgimento della prestazione lavorativa da una postazione fissa è maggiormente compatibile con lo schema del telelavoro, mentre il lavoro agile prevede la possibilità di eseguire le mansioni a cui si è adibiti in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali. Inoltre, durante la pandemia, pochissime aziende hanno organizzato la prestazione lavorativa dei dipendenti per «fasi, cicli e obiettivi» come previsto dallo smart working e hanno continuato a esercitare sui dipendenti un controllo legato alle singole mansioni svolte.
Nel corso degli ultimi anni, è aumentato in maniera esponenziale l’utilizzo di strumenti digitali da parte delle aziende. Basta confrontare il numero di videocall che avete fatto nel 2023 con quelle del 2019. Questo cambiamento però non è stato accompagnato dall’approccio innovativo che caratterizza le prestazioni di lavoro agile secondo la legge. Molti dipendenti continuano a fare telelavoro convinti di «essere in smart working». Per cominciare a lavorare agilmente bisognerebbe smettere di controllare compulsivamente le attività dei dipendenti e avere il coraggio di tracciare una strada nuova, valutando i risultati e gli obiettivi raggiunti. Facile, no?
*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi