Labour WeeklyDeliveroo e Uber Eats dovranno versare parecchi soldi all’Inps

Il Tribunale di Milano ha condannato i due colossi delle consegne a domicilio al pagamento dei contributi previdenziali omessi durante i rapporti di lavoro instaurati con migliaia di rider. Le due aziende avrebbero sbagliato nel ritenere autonomo il rapporto di lavoro instaurato con i fattorini e questo potrebbe comportare oneri economici per qualche decina di milioni di euro

(Afp)

Con due recenti sentenze, la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha condannato Deliveroo e Uber Eats, due colossi delle consegne a domicilio, al pagamento dei contributi previdenziali omessi durante i rapporti di lavoro instaurati con migliaia di lavoratori che una volta chiamavamo fattorini. Le due aziende avrebbero sbagliato nel ritenere autonomo il rapporto di lavoro instaurato con i rider e questo potrebbe comportare oneri economici per qualche decina di milioni di euro.

Nello specifico, il Tribunale ha ritenuto applicabile l’articolo 2 del  Decreto Legislativo 81 del 2015, parte del tanto vituperato Jobs Act, ai sensi del quale si applica la disciplina del lavoro subordinato anche alle collaborazioni eseguite attraverso «prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente».  Le decisioni della corte meneghina hanno ritenuto pienamente compatibili le attività svolte dai rider con la definizione di «collaborazioni etero-organizzate» prevista dal Jobs Act. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che i rider hanno diritto a ricevere il trattamento previdenziale previsto per i dipendenti inquadrati al quinto livello del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per  i dipendenti del settore della logistica, come precedentemente accertato anche dagli Ispettori del lavoro.

Insomma si tratta dell’ennesimo duro colpo subito dalle aziende della gig economy che operano nel settore delle consegne a domicilio. Oppure, se vogliamo vederla da un altro punto di vista, le recenti sentenze del Tribunale di Milano sono un’ulteriore conferma che l’economia digitale non si può nascondere dietro un algoritmo per negare diritti a chi lavora. Considerazioni vere e condivisibili almeno fino all’eventuale sentenza della Corte d’Appello.

*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi

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