A un anno dalle elezioni presidenziali del 5 novembre 2024, il candidato favorito secondo i sondaggi è quello che ha istigato un assalto armato al parlamento americano, durante il quale sono morti cinque poliziotti, ne sono stati feriti oltre cento, cinque dei quali poi si sono suicidati nelle settimane successive.
Donald Trump, inoltre, è sotto processo su qualsiasi aspetto della sua vita pubblica e privata degli ultimi anni, a cominciare dal tentativo di sovvertire il risultato elettorale che nel novembre 2020, grazie a sette milioni di voti di scarto rispetto a quelli conquistati dal suo avversario Joe Biden, lo ha spodestato dalla Casa Bianca salvando temporaneamente l’America, il mondo e tutti noi.
Un tribunale di Denver, in Colorado, sabato ha provato senza ombra di dubbio il coinvolgimento di Trump nell’insurrezione armata del 6 gennaio 2021, non esattamente un verdetto sorprendente per quei miliardi di persone della Terra che negli ultimi tre anni hanno acceso anche una sola volta un televisore.
Il giudice, però, ha ritenuto che nel caso di Trump non si può applicare il quattordicesimo emendamento della Costituzione americana che impedisce ai pubblici ufficiali macchiatisi del reato di insurrezione di poter assumere altri incarichi federali. La ragione tecnica della decisione secondo cui Trump è-colpevole-di-tentato-colpo-di-Stato-ma-può-riprovarci, decisione che sarà appellata e certamente finirà alla Corte Suprema, è che nell’emendamento della Costituzione si parla genericamente di «pubblico ufficiale» e non esplicitamente di «presidente degli Stati Uniti», come se il presidente fosse un cittadino privato estraneo al più importante degli uffici pubblici del paese di cui è comandante in capo.
Tecnicalità surreali a parte, resta il fatto che Trump è stato ritenuto colpevole di aver partecipato all’insurrezione, che non è un’opinione digitata su Twitter ma un tentativo organizzato di prendere il controllo del governo e del paese con la violenza.
Il nuovo speaker della Camera Mike Johnson, la terza carica dello Stato federale americano, ha ricevuto soldi da tre oligarchi russi durante la campagna elettorale del 2018, un ottimo investimento per Putin visto che, una volta eletto Speaker della Camera, la prima cosa che Johnson ha fatto è stata quella di bloccare gli aiuti militari di Washington all’Ucraina, senza i quali difficilmente in futuro ci sarà l’Ucraina (per fortuna c’è Joe Biden, il quale sabato ha scritto sul Washington Post che non arretrerà di un millimetro contro Putin, né contro Hamas).
Se solo dieci o quindici anni fa qualcuno avesse immaginato un presidente repubblicano eletto con l’aiutino del Cremlino, impegnato a sovvertire l’ordine costituzionale del paese e ad assaltare il Congresso, e nonostante ciò in prima fila per tornare alla Casa Bianca, mentre un suo sgherro finanziato dai russi presiede la Camera, sarebbe stato guardato con gli occhi sbarrati dall’incredulità anche solo per aver pensato un simile e improbabile scenario.
E invece siamo qui ad assistere a questo errore nel programma della democrazia, a questa chiusura della mente americana, a questo sogno realizzato di ogni antiamericano del pianeta, condito da una recente rilettura riformista di Osama Bin Laden su TikTok, il guerrasantiero che, secondo la generazione più confusa della storia, non aveva tutti i torti a prendersela con l’America e con gli ebrei.
Il responsabile di un tentato colpo di stato potrebbe tornare alla Casa Bianca, un mentecatto foraggiato dai russi guida la Camera dei rappresentanti e una generazione attenta all’uso dei pronomi e distratta su tutto il resto abbraccia Hamas, giustifica la caccia all’ebreo e scopre il pensiero critico di Osama Bin Laden.
A parte questo, va tutto bene.