Tour de forceIl piano di von der Leyen per accelerare l’adesione dei Balcani all’Ue

La presidente della Commissione europea ha annunciato che Bruxelles investirà sei miliardi di euro nei settori dell'energia, delle infrastrutture e dei trasporti nei cinque Paesi candidati a entrare nella Unione europea: Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro, Serbia e Bosnia-Erzegovina

LaPresse

Ursula von der Leyen nel corso del suo tour di quattro giorni nei Balcani che ha toccato la Macedonia del nord, il Kosovo, il Montenegro, la Serbia e la Bosnia Erzegovina, ha annunciato che l’Unione europea sosterrà lo sviluppo della regione attraverso un programma di investimenti da sei miliardi di euro con lo scopo di far crescere le economie dei cinque Paesi candidati a entrare nell’Ue. Il piano riguarderà principalmente i settori dell’energia, delle infrastrutture e dei trasporti. La visita di von der Leyen arriva a circa una settimana dalla pubblicazione del dossier europeo sull’allargamento prevista per l’8 novembre. L’obiettivo di Bruxelles è chiaro: avvicinare le economie della regione a quelle europee e spingere i Paesi dei Balcani a fare le riforme necessarie per accelerare il percorso di adesione all’UE. 

Il programma della Commissione non si limita a un’iniezione di liquidità ma mira ad aprire il ricco mercato comunitario in settori chiave come beni, servizi, trasporti ed energia. In particolare, Bruxelles ha individuato quattro pilastri che porterebbero a una crescita stimata del prodotto interno lordo dei cinque Paesi di oltre dieci punti percentuali: l’integrazione nel mercato unico, il completamento del mercato unico regionale, le riforme strutturali e il pacchetto di aiuti europei di sei miliardi. Per far sì che questo piano funzioni l’Ue pretende che dall’altro lato si attuino delle riforme per modernizzare le amministrazioni e il sistema giudiziario, contrastare la corruzione e superare i conflitti interni.

Nel percorso di adesione all’UE non tutti i Paesi sono allo stesso punto. A Skopje von der Leyen ha chiesto di riconoscere formalmente la minoranza bulgara del Paese, superando così le resistenze di Sofia rispetto all’adesione della Macedonia del nord. Il Montenegro è il Paese che probabilmente si trova più avanti anche se mancano ancora alcune riforme, mentre esiste qualche ostacolo in più con la Bosnia-Herzegovina costretta a fare i conti con varie divisioni interne (tra le quali quelle sullo status della Republika Sprska che ha posizioni secessioniste, filoserbe e filorusse). Al nuovo Governo di Sarajevo è stato chiesto di dare sostanza alle quattordici priorità chiave individuate dalla Commissione che comprendono, tra le altre cose, interventi in tema di giustizia, conflitto di interessi e riciclaggio di denaro.

La situazione più delicata riguarda ovviamente il rapporto tra Serbia e Kosovo sul quale von der Leyen ha voluto essere ancora una volta estremamente chiara: il percorso di normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi è la condicio sine qua non perché si acceleri il processo di adesione e anche per accedere al piano di investimenti europeo da sei miliardi di euro. La Presidente della Commissione infatti è ripartita dalla posizione concordata con i leader di Francia, Germania e Italia a margine del Consiglio Europeo del 26 ottobre ribadendo le condizioni sulle quali Bruxelles non intende fare passi indietro. A Pristina viene chiesto di istituire l’Associazione delle municipalità a maggioranza serba nel proprio territorio, mentre da Belgrado ci si aspetta il riconoscimento de facto della sovranità del Kosovo all’interno delle organizzazioni internazionali, così come stabilito negli accordi di Ohrid

<<È importante che Pristina adotti lo statuto dell’Associazione dei comuni a maggioranza serba in Kosovo (…) -ha sottolineato la Presidente della Commissione europea- Inoltre, è essenziale che la Serbia inizi l’attuazione degli accordi esistenti e non perda tempo su questo. L’accordo di Ohrid prevede vari passi che includono, ad esempio, il riconoscimento di documenti e istituzioni da parte della Serbia. E questo, d’altra parte, va di pari passo con l’istituzione dell’Associazione dei comuni a maggioranza serba. È una precondizione necessaria per la rispettiva strada europea>>. 

In questo momento la priorità di Bruxelles è evitare che le forti tensioni degli ultimi mesi sfocino in un conflitto, soprattutto ora che gli equilibri geopolitici mondiali sono estremamente delicati. Dal Kosovo sono arrivate aperture, lo stesso non si può dire per la Serbia. Il Presidente Aleksandar Vučić in questi giorni ha sciolto l’Assemblea nazionale annunciando che il 17 dicembre si terranno le elezioni per il nuovo Parlamento (e per oltre sessanta communi tra cui quello di Belgrado), dopo le forti pressioni a seguito degli attacchi terroristici di maggio. Vučić ha ribadito a von der Leyen che il riconoscimento dell’indipendenza di Pristina non è un’opzione e che non accetterà alcuna formulazione che si riferisca all’integrità territoriale del Kosovo, a maggior ragione ora che all’orizzonte c’è un appuntamento elettorale così ravvicinato. La mossa del Presidente serbo potrebbe anche essere un modo per prendere tempo. Poi c’è la questione russa: la mancata applicazione delle sanzioni nei confronti di Mosca e la stretta amicizia con Vladimir Putin restano l’altro grosso ostacolo al percorso di adesione della Serbia.

Molto dipenderà dalle elezioni di dicembre. Come riporta Balkan Insight Vučić si troverà ad affrontare un’opposizione unita, dalla lista verde ecologista al Partito Libertà e Giustizia dell’ex sindaco di Belgrado Dragan Djilas, fino ai partiti di centro filoeuropei. Il loro accordo arriva a seguito di mesi di proteste iniziate dopo le due sparatorie di maggio. Una vittoria dell’opposizione (che però secondo i sondaggi parte attualmente in svantaggio) potrebbe favorire il percorso di integrazione ma servirà un’inversione di rotta sia sul Kosovo che sulla Russia. Un’ipotesi che al contrario, secondo quanto annunciato da Vučić, non verrà presa in considerazione da questo Governo.

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