L’Europa batte un colpo. Non c’è ancora un vero superamento del regolamento di Dublino, che fa pesare sull’Italia il grosso degli arrivi dei migranti, ma il patto politico raggiunto tra Parlamento e Consiglio e Commissione Ue è una grossa novità. Intanto ci sono voluti dieci anni per trovare il compromesso politico, anche se appare un’esagerazione definirlo un passaggio che rimarrà scolpito nella storia, come ha fatto la presidente del Parlamento Roberta Metsola, per il semplice fatto che ancora ci sono tanti aspetti tecnici da definire, per dare sostanza giuridica alla «solidarietà obbligatoria».
Meno enfatica ma altrettanto soddisfatta la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, per la quale saranno gli europei a decidere chi arriva e chi può restare nell’Unione, non i trafficanti di uomini.
Sulla carta, quindi, sembrerebbe una vittoria del governo italiano, eppure si nota una certa diffidenza da parte del gruppo dei Conservatori. Il co-presidente del gruppo a Strasburgo, Nicola Procaccini, ha definito l’accordo solo un passo in avanti. Per l’esponente di Fratelli d’Italia è presto per festeggiare il superamento del regolamento di Dublino. Appunto. Il timore dalle parti di Palazzo Chigi è che non si passi dalle parole ai fatti e che la palla al piede rimanga a noi: i nuovi regolamenti su asilo e migrazione vanno applicati e resi efficaci con attività sul campo. Insomma, in altre parole, mancano le risorse sufficienti per l’Italia, che rischia di rimanere l’hotspot del continente.
Allora la destra fa propaganda, getta la croce addosso ai Socialisti europei che saboterebbero qualunque piano capace di affrontare in maniera seria il controllo dell’immigrazione. È la campagna elettorale permanente su un tema che sarà al centro di tutte le competizioni nazionali per le europee e utile per soffiare nelle vele dei nazionalisti. Ecco perché dalle cancellerie a guida socialista si plaude all’intesa di cui stiamo parlando. La singolarità in questo caso è che ad alzare il sopracciglio sia la leader del Partito democratico.
Elly Schlein ci vede più ombre che luci. E paradossalmente anche lei afferma che non c’è il superamento dei regolamenti di Dublino. Per cui si mantiene il criterio del primo Paese d’accesso. In questo, la segretaria la pensa come le ong che hanno scritto un comunicato congiunto per definire l’accordo europeo «un colpo devastante al diritto d’asilo, che causerà più morti in mare, legittima lo status quo alle frontiere esterne in cui violenza e respingimenti sono pratiche quotidiane».
Schlein non si allinea ai compagni spagnoli e tedeschi. Non la pensa come Olaf Scholz. Per il Cancelliere tedesco si tratta di una decisione molto importante che limiterà l’immigrazione irregolare e alleggerirà il peso sui Paesi particolarmente colpiti. L’Italia? No, la Germania. È chiaramente un modo per mandare un messaggio all’opinione pubblica tedesca molto sensibile al tema. Talmente sensibile che i sondaggi danno l’estrema destra di Alternativa per la Germania come secondo partito e l’Spd di Scholz al terzo posto. Allora è chiaro che si sventoli un accordo sulla carta nel campo elettorale e a Berlino si esulti per «un accordo della massima importanza: in futuro tutti i migranti dovranno essere controllati e registrati alle frontiere dell’Ue».
Quella frontiera in Italia accusata, oggi come in passato, di essere porosa, attraversabile con facilità. Da qui tutta la querelle sui movimenti secondari e la “restituzione” dei clandestini che sono passati dall’Italia e finiti in giro per le città europee.
Anche il socialista Pedro Sánchez esulta, ma un motivo in più perché può dire di avere chiuso un vecchio dossier al termine del semestre di presidenza spagnola dell’Unione.
Ognuno tira verso la sua convenienza nazionale i cinque regolamenti che stabiliscono come condividere la gestione dei flussi di asilo e migrazione tra gli Stati membri e cosa fare nelle situazioni di crisi. L’accordo, che è provvisorio e dovrà essere formalmente adottato dalla plenaria del Parlamento e dal Consiglio Ue prima di poter diventare legge, trova ovviamente contraria l’Ungheria. «Non faranno entrare nessuno contro la nostra volontà – ha detto il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto – e rifiutiamo con la massima fermezza di essere puniti per questo».
Rimane il fatto che l’Europa si muove. Soprattutto i Socialisti, i Popolari e Renew di Emmanuel Macron. Defilati i Conservatori, insoddisfatti gli amici di Matteo Salvini, quelli di Identità e Democrazia. Non è un caso la grande soddisfazione di Metsola, che parla di «enorme successo per il centro costruttivo pro-europeo in vista dell’inizio di un anno elettorale in Europa». Abbiamo i nostri dubbi che basterà un accordo in extremis per fermare l’estrema destra.