Cosa accadde, a Fiumicino, in quella mattina umida e ventosa del 17 dicembre 1973? Tanti risponderebbero: «un attentato dinamitardo»; altri ancora: «un attacco terroristico». Alcuni, un po’ più precisi, si avventurerebbero in dettagli come: «Una bomba a un aereo e il sequestro di alcuni poliziotti da parte di un gruppo di fedayyn». Frammenti! Ricordi sbiaditi di una vicenda che, al contrario, tenne con il fiato sospeso per oltre 40 ore un paese colpito dal primo vero attentato terroristico in un aeroporto italiano della storia della Repubblica. Cosa accadde, dunque, alle 12.50 del 17 dicembre 1973 allo scalo intercontinentale del Leonardo Da Vinci. Ufficialmente:
un commando di terroristi arabi seminava la morte su un aereo della compagnia Pan American, fermo sulla piazzola di manovra. I terroristi, bombardato con ordigni al fosforo l’aereo della compagnia americana, si impadronivano di un aereo della Lufthansa su cui facevano salire alcuni ostaggi, tra cui sei guardie di pubblica sicurezza. Costringevano quindi l’equipaggio che già era a bordo a far decollare il velivolo che iniziava così un forsennato peregrinare per i cieli d’Europa e del Medio Oriente. L’incubo terminava nella tarda serata del giorno 18 all’aeroporto del Kuwait dove venivano liberati gli ostaggi e arrestati i terroristi. Il bilancio delle vittime era pesante: 28 morti sull’aereo della Pan American, la guardia di finanza Antonio Zara, ucciso a Fiumicino mentre cercava di opporre resistenza ai terroristi, un tecnico della società Asa, Domenico Ippoliti, barbaramente trucidato a sangue freddo sull’aereo della Lufthansa.
Questo accade per il senatore Paolo Emilio Taviani, ministro dell’Interno del IV Governo Rumor in carica dal 7 luglio 1973 al 14 marzo 1974. Questo accadde perché questo riferì alla «Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi» la mattina del primo luglio del 1997 davanti al presidente della commissione Giovanni Pellegrino.
Ma le domande su una sciagura preannunciata sono tante. Una vicenda che, ancora oggi, non ha dato risposte esaurienti. Molte le ombre, pochi coloro che si sono avventurati a raccontare o formulare ipotesi sull’attentato. Anche la «rete», fatta eccezione di alcuni blogger che hanno ricostruito fatti e situazioni precedenti o successivi al 17 dicembre, è stata assente sull’argomento. Perché questo silenzio su una delle pagine più controverse e poco analizzate della storia recente?
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Tutto ruota intorno a una data e ad un appuntamento: «Il 19 ottobre 1973, nel corso della guerra del Kippur, presso l’Ambasciata italiana al Cairo, c’era stato un incontro fra il rappresentante dell’OLP, Said Wasû Kamal, e diplomatici italiani, il primo consigliere Ranieri Tallarigo e il segretario Concetta Di Stefano in Grignano. Il rappresentante dell’OLP aveva chiesto la liberazione dei palestinesi arrestati per l’attentato all’aereo della El Al, o÷rendo “l’impegno formale dell’OLP che nessuna azione dei fedayyn” si sarebbe ripetuta in Italia qualora venisse “concessa la liberazione degli attuali detenuti”». Questo scrive Sergio Flamigni nel suo libro «La Tela del Ragno. Il delitto Moro», in merito alla sentenza del giudice istruttore Carlo Mastelloni, che faceva riferimento a un appunto «Riservatissimo» al SID proveniente dal Cairo (cit. [Tribunale di Venezia, procedimento penale n. 204 del 1983], pp. 1.161-63.). Un incontro che da allora sarà identificato come «Lodo Moro», ossia la stipula di un fantomatico «patto» segreto fra Italia e Palestinesi presumibilmente sottoscritto da Aldo Moro, all’epoca dei fatti ministro degli Esteri del Governo Rumor. Una intesa che assicurava libertà di movimento e impunità alle organizzazioni terroristiche di matrice filo palestinese sul suolo italiano a patto che il nostro Paese fosse preservato dai loro attentati. Dopo le rivelazioni di Sergio Flamigni, è la politica ad ammettere il probabile accordo. Il tema torna di attualità nell’estate del 2006 quando Francesco Cossiga, dalle colonne di «Libero», parla di un accordo che chiama «patto Giovannone», dal nome del residente del SISMI a Beirut. Nell’articolo del 15 luglio l’ex presidente svela alcuni retroscena:
Quando terroristi palestinesi tentarono – con missili terra-aria piazzati nei dintorni all’Aeroporto di Fiumicino – di abbattere un aeromobile civile israeliano dell’El Al e furono arrestati, Moro intervenne personalmente sul presidente del tribunale, con la cortesia e la fermezza che gli erano proprie, e fece concedere ai terroristi la libertà provvisoria. All’uscita dal carcere vi erano agenti dell’allora SID che prelevarono i terroristi appena scarcerati, li portarono in un aeroporto militare, li imbarcarono su un aeromobile DC 3 dello stormo dello Stato Maggiore, sigla «Argo», quello di cui normalmente si serve la V Divisione e cioè «Gladio» (mamma mia, «Gladio!») e li spedì a Malta, da dove raggiunsero la Palestina. Arafat ringraziò. Gli israeliani anni dopo ci risposero e fecero saltare in aria l’Argo: pari e patta.
Trascorrono due anni prima che questo articolo, che squarcia un velo di mistero sui fatti di Fiumicino, possa trovare visibilità nel dibattito politico del Paese. È ancora l’ex picconatore a provocare l’opinione pubblica nell’estate del 2008 quando dalle colonne del «Corriere della Sera» si confessa ad Aldo Cazzullo. Nell’intervista dell’8 Luglio, parlando della Strage di Bologna del 1980, asserisce che fu «un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “Lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo». Dichiarazioni, queste, che trovano una sponda in un autorevole esponente dell’establishment palestinese. È un agosto rovente, come viene definito da alcuni, e che si inaugura con rivelazioni importanti.
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In un intricato caso di spie, di servizi segreti deviati, di probabili «patti» con il mondo arabo, la domanda delle domande resta sempre la stessa: si poteva o meno evitare il massacro? Forse! Ma lasciamo ad altri gli spunti per giungere a una verità.
Tratto da “Fiumicino 17 dicembre 1973. La strage di Settembre Nero” (Rubbettino), di Annalisa Giuseppetti e Salvatore Lordi, 12,35€, pp. 181